Alluvione nel messinese tirrenico: analisi di un fenomeno eccezionale provocato dall’effetto “Alcantara-Agrò”

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Ecco come si presentavano le strade di Barcellona Pozzo di Gotto dopo l'esondazione del Longano

Ancora una volta è toccato al messinese e ancora una volta ci troviamo qui a raccontare le cronache di un nuovo disastro che ha messo in ginocchio un intero territorio, cagionando una enorme quantità di danni e purtroppo anche tre vittime ormai accertate nella frazione di Scarcelli, nel comune di Saponara, a seguito di un grosso smottamento caduto sul centro abitato. L’evento, anche stavolta come nel 1 Ottobre 2009 (Scaletta-Giampilieri), è stato davvero eccezionale. I dati delle varie stazioni di rilevamento sparse sul territorio parlano da soli, non bisogna essere degli esperti in materia per capire che quando cadono la bellezza di circa 300-400 mm d’acqua in meno di 12 ore il disastro, purtroppo, è assicurato. Solo nella serata di ieri, quasi a fine evento, nel paese di Castroreale, poco sopra Barcellona Pozzo di Gotto, il pluviometro della locale stazione segnava un quantitativo record di 381 mm di pioggia, davvero impressionante. Notevolissimi anche i 308 mm archiviati a Spadafora, i 218 mm di Torregrotta o i 208 mm caduti a Barcellona Pozzo di Gotto, nella parte più settentrionale della città del Longano. Si tratta di una autentica valanga d’acqua che si è riversata tutto di un colpo sopra i rilievi e le vallate che bordano i Peloritani meridionali. Stando a questi dati, lungo la fascia pedemontana dei Peloritani occidentali, stimiamo che siano caduti oltre 400 mm d’acqua, con picchi prossimi o di poco superiori ai 450 mm (quantitativi quasi simili a quelli registrati a Genova durante l’alluvione delle scorse settimane) lungo la cintura montuosa che circonda l’abitato di Castroreale, li dove si trovano i principali crinali dei monti Peloritani. Tutta quest’acqua si è poi riversata a valle tramite le ondate di piena dei principali torrenti, in particolare il Longano, il Mela e il Patrì, che non sono stati in grado di reggere all’enorme quantità d’acqua caduta in cosi poco tempo, esondando in più punti. Per iniziare a capire le dinamiche di un tale fenomeno bisogna inquadrare attentamente la conformazione morfologica di un territorio, come quello messinese, cosi complesso e articolato dal punto di vista orografico. Proprio il fattore orografico alle volte, in particolari situazioni meteorologiche, può dare luogo a dei fenomeni dinamici di grande interesse scientifico, nel campo della fisica atmosferica (proprio per questo è un compito arduo azzeccare una previsione meteo per le singole località).

Questo è il momento in cui sul versante sottovento, tra Etna e Peloritani, si forma il famigerato Cumulonembo che si è reso responsabile del fenomeno alluvionale

L’effetto “Alcantara-Agrò”; uno dei fattore determinante dell’evento alluvionale che ha sconvolto il messine tirrenico

Sembrerebbe un paradosso, eppure in determinate circostanze, quando la dorsale peloritana viene sferzata da possenti flussi sciroccali (con raffiche fino a 120-130 km/h sui crinali), derivati da grandi differenze di pressione fra il basso Tirreno e lo Ionio, sono proprio le zone del messinese tirrenico ad essere flagellate da precipitazioni persistenti che possono divenire persino torrenziali, mentre il versante ionico della provincia, che in teoria dovrebbe essere quello maggiormente esposto all’aria caldo e umida convogliate dallo Scirocco, rimane quasi a secco, con qualche fulmineo rovescio di pioggia misto a sabbia desertica (lo Scirocco ne trasporta sempre un bel quantitativo dal Sahara algerino o libico). Proprio in questa zona si accende una dinamica di correnti molto particolare che favorisce l’afflusso di enormi quantità di umidità e vapore acqueo, pronto alla condensazione e allo sviluppo di compatti addensamenti nuvolosi pronti a dare la stura a precipitazioni alle volte abbondanti. Su tutto un ruolo determinante lo gioca la componente delle correnti, sia in quota (quindi sopra i crinali montuosi) che nei bassi strati (lungo le strette vallate). Quando la componente assume una direzione da S-SE o SE, sia in quota che al suolo, allora il gioco è fatto. Qui poi entra in scena la vallata dell’Alcantara, e in misura minore pure la val d’Agrò, dove scorrono gli omonimi corsi d‘acqua. Molto spesso, quando le correnti si orientano da SE a tutte le quote (nella medio-alta troposfera), l’aria molto umida e pesante che sale dallo Ionio verso il versante orientale di Etna e i Peloritani, in parte, si incanala all’interno dell’Alcantara e della valle d’Agrò, penetrando per chilometri fino all’entroterra. L’aria molto umida, di provenienza ionica, incanalandosi dentro le strette vallate ioniche, fra Etna e Peloritani, è costretta a valicare i primi comprensori montuosi, che rappresentano il versante meridionale della dorsale nebroidea. Per una forzatura orografica la massa d’aria molto tiepida e carica di umidità viene costretta a sollevarsi verso l’alto lungo la parte più alta del bacino dell’Alcantara. Salendo di quota tenderà a raffreddarsi favorendo la condensazione del vapore acqueo e il successivo sviluppo di imponenti annuvolamenti cumuliformi (Cumuli, Congesti, Cumulonembi) lungo il crinale esposto a sud. La presenza in quota di una forte getto meridionale, in genere o da Sud o Sud-ovest, che scorre a gran velocità sopra la catena montuosa, va ad esaltare le cumulogenesi orografiche che si vengono a formare in loco (tra il versante nord dell’Etna, il sud dei Peloritani e il sud dei Nebrodi) fino al punto da farle tracimare sull’altro versante, ossia quello che si affaccia al Tirreno. Se l’umido flusso sciroccale che si incanala sull’Alcantara persiste per ore il continuo afflusso di aria umida marittima che viene sbattuta sul versante meridionale dei Nebrodi contribuirà ad alimentare la crescita degli addensamenti nuvolosi che diverranno sempre più compatti e sviluppati, al punto da dare la stura a piogge di moderata o forte intensità che rimarranno persistenti fino a quando non si rompe questo delicato equilibrio che si instaura fra i due versanti nebroidei (basta un calo della ventilazione per annullare gli effetti o far concentrare le precipitazioni solo sui versanti meridionali dei Nebrodi e monti Peloritani). Alle volte sono proprio i rilievi, al confine tra Peloritani e Nebrodi, che superano anche i 1000-1200 metri, ad agevolare la costruzione di grandi annuvolamenti cumuliformi che si espandono sino al longano e alla pianure del milazzese portando piogge e rovesci, sotto le sferzanti raffiche di Scirocco e Ostro che scendono dai rilievi circostanti.

L'immagine satellitare del sistema temporalesco autorigenerante che ha colpito il messinese.Si nota il vertice posizionato proprio sui Peloritani

Tale dinamica, meglio nota come “effetto Alcantara-Agrò” (dal nome delle omonime vallate che lo producono), già responsabile dell’alluvione dell’11 Dicembre 2008 (Falcone, Barcellona..), si è riproposta nei minimi dettagli anche nella giornata di ieri, pur con delle differenze in merito all’estensione dell’area vulnerata dai fenomeni estremi e alle zone interessate da essi. L’evento alluvione del Dicembre 2008 interessò, allora, un’area molto più vasta che andava dai comuni della valle del Mela, a Barcellona e alla cittadina di Patti, con epicentro delle devastazioni proprio nel comune di Falcone che rimase seriamente danneggiato dalle esondazioni dei torrenti. Stavolta il discorso è un po’ diverso. La fascia colpita riguarda tutto il comprensorio tirrenico orientale che va da Barcellona Pozzo di Gotto (non per caso la città del Longano rimane sempre colpita da questi eventi estremi visto che si trova sulla “scia” dei flussi sciroccali in uscita dalle valli d’Agrò e l’Alcantara) ai comuni di Saponara, Monforte, Venetico, Villafranca tirrena, fino al confine con le frazioni più settentrionali del comune di Messina, da Ortoliuzzo a Rodia e S.Saba, investite dalla serata successiva dalla coda del pericoloso temporale autorigenerante a V, in allontanamento verso il basso Tirreno e la Calabria centro-meridionale. Infatti sono state queste le aree duramente sferzate dalla violenza del sistema temporalesco a mesoscala che ha indugiato per quasi 10 ore di fila, mantenendo il proprio vertice (la zona dove si concentrano i fenomeni più estremi e persistenti) tra i monti Peloritani centro-meridionali e le vallate del Longano e del Mela. Questo graduale spostamento dei fenomeni temporaleschi più estremi verso nord-est (da Castroreale, Barcellona, Milazzo verso Rometta, Saponara, Monforte e Villafranca) è stato causato dalla risalita del ramo secondario della corrente a getto, che scorreva in alta quota (tra i 500 e i 300 hpa) sopra il comprensorio etneo-peloritano.

L'immagine radar mostra gli intensi nuclei precipitativi che dai Peloritani meridionali muovono verso le coste del messinese tirrenico e la Calabria

La fortissima corrente a getto, disposta da sud-ovest/nord-est, ha toccato la struttura temporalesca che nel frattempo, fra la tarda mattinata e il primo pomeriggio prendeva sempre più vigore nel versante sottovento al crinale dell’Etna e dei Peloritani meridionali, favorendo una sua decisa inclinazione verso il milazzese e l’area tirrenica, fino alle frazioni più settentrionali del comune di Messina. In questa situazione l’ammasso temporalesco ha assunto piene caratteristiche autorigeneranti (stazionario), essendo rifornito di continuo da masse d’aria tiepide, molto umide e instabili, provenienti dal mar Ionio, e sospinte a gran velocità dall’impetuoso Scirocco che ha battuto i crinali dei Peloritani, con raffiche prossime ai 90-100 km/h. Non per caso il vertice del sistema temporalesca a mesoscala, li dove si concentrano i fenomeni temporaleschi estremi, è rimasto per varie ore pressochè stazionario sopra la dorsale peloritana e l’area del longano, dove si sono scatenati gli eccezionali diluvi monsonici che hanno poi inondato la valle del Mela e le zone limitrofe, con un successivo interessamento dei comuni di Saponara, Monforte, Venetico e Villafranca tirrena, dove il temporale ha sfogato tutta la sua energia, a suon di piogge molto fitte accompagnate da fulminazioni a fondo-scala (una fulminazione al secondo), prima di spostarsi tra il basso Tirreno e le coste calabresi del reggino, vibonese e catanzarese, risalendo verso nord-est sotto la spinta del forte getto da sud-ovest. Il forte “Jet Stream” in quota ha determinato pure un notevole “Wind-Shear” lungo le coste tirreniche della Sicilia nord-orientale, ulteriormente esaltato anche dalla presenza nei bassi strati di un impetuoso flusso sciroccale, da S-SE o E-SE lungo il Tirreno, in uscita dallo stretto di Messina, dalle vallate dei Peloritani settentrionali e dai rilievi calabresi. Questo particolare assetto dei venti al suolo (spesso dovuto a forzature orografiche locali) ha acceso i contrasti, agevolando la formazione di locali linee di convergenza venti (in mare) alle varie quote che hanno continuato a fornire un ottimo carburante alla convenzione in tutta l’area. Ciò può spiegare anche l’incredibile tempesta elettrica, con circa 1-2 fulmini al secondo, che ha accompagnato il devastante fenomeno temporalesco.

Il sistema temporalesco a mesoscala mentre si allontana verso le coste calabresi centro-meridionali

Intanto, a seguito dell’ennessimo grave disastro che ha colpito il messinese, non possiamo non citare le giuste e intelligenti osservazioni del neo ministro all’ambiente,  Corrado Clini, (grande esperto in tema ambientale) che ha affermato che per la difesa dei territori a rischio idrogeologico servono ”soluzioni permanenti” e risorse integrative rispetto alle poche disponibili ”sulla base di progetti e non su dichiarazioni sommarie”. E’ un tema che Clini intende ”riprendere in mano”. ”Non credo che avro’ un futuro come ministro. Non ho problemi di consenso” e quindi – dice Clini con una battuta – ”non ho problemi ad affrontare la questione rifiuti”. Per la protezione delle coste parla di ”severita”’ nel far rispettare le norme sulle perforazioni petrolifere mentre sulle rinnovabili rileva la necessita’ di completare la revisione degli incentivi entro la fine dell’anno. Sul fronte alluvioni, in Italia, dopo ”tanti anni di improvvisazioni” sui fiumi, ”servono soluzioni permanenti”, dice il neoministro che parla di coordinare le risorse disponibili (”poche”) e chiede al Governo ”di reintegrare le risorse disponibili sulla base di progetti e non su dichiarazioni sommarie” basate sui fabbisogni sapendo che per la difesa del territorio occorre ”qualche mese e qualche anno”. Bisogna pure ricordare che l’Italia è uno dei pochi paesi d’Europa a non essere dotato di assicurazioni obbligatorie per simili eventi calamitosi, a differenza di quanto avviene in Spagna, Francia e Germania. Forse ora bisogna iniziare a pensarci seriamente visto che in tempi di crisi sarà sempre più difficile reperire i fondi necessari per riparare i danni ingentissimi cagionati alle singole comunità colpite dagli eventi alluvionali di questa portata.

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