Dal 2006 al 2010 nella regione dell’Everest si sono registrati oltre 150 giorni caratterizzati da picchi di inquinamento. Sono i dati preoccupanti emersi dai cinque anni di ricerche del progetto Share – Stations at High Altitude for Research on the Environment – promosso da Comitato Ev-K2-Cnr che verranno presentati domani, 4 dicembre, a Durban nell’ambito del Cop 17, la Conferenza delle Parti sui Cambiamenti Climatici delle Nazioni Unite. I cambiamenti climatici incidono sulla salute delle montagne, vulnerabili all’inquinamento persino a 5.050 metri di altitudine.
E’ quanto sta osservando da più di cinque anni il Progetto Share, coordinato da Paolo Bonasoni dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche (ISAC-CNR), grazie al costante monitoraggio di composti inquinanti e clima-alteranti presso la stazione globale GAW-WMO “Nepal Climate Observatory – Pyramid” (NCO-P), posta a 5.079 m di quota in Nepal, alle pendici del Monte Everest. Tra marzo 2006 e dicembre 2010 si sono registrati oltre 164 giorni di inquinamento acuto, pari al 9% del totale del periodo analizzato, per lo più localizzati durante la stagione pre-monsonica (primaverile) quando si verifica il 56% dei giorni caratterizzati da picchi di inquinamento. Rispetto alla normalità, in questi giorni le concentrazioni dell’ozono aumentano del 29%, quelle del black carbon del 352%. Entrambi i composti rivestono ruoli importanti sia come inquinanti sia come forzanti climatiche.
A Durban verrà anche proiettata la clip di un documentario, prodotto da Ev-K2-Cnr e realizzato dal giornalista Stefano Ardito sulla regione delle Mustang (Nepal), dal titolo, Mustang: il cambiamento climatico su tetto del mondo. Gli abitanti di Dhe, di Sam Dzong e di altri villaggi d’alta quota nel Mustang hanno visto le sorgenti inaridirsi e hanno dovuto abbandonare una parte dei loro campi. I pascoli sono diventati rapidamente più aridi. In alcune zone le fonti di acqua per irrigare e dissetarsi si sono ridotte del 70-80%.