Lo scandalo dei radar meteo oscurati dalla protezione civile: così vogliono evitare catastrofi e alluvioni…

MeteoWeb
Un'immagine del radar della protezione civile con le piogge del violento peggioramento che ha colpito il sud Italia tra 21 e 23 settembre

Come contrastare le catastrofi naturali? Come prevenire le alluvioni? Come salvaguardare la vita della popolazione e tutelarne l’incolumità?
La protezione civile italiana ha trovato la soluzione e dopo i tantissimi eventi alluvionali di quest’autunno, dal nubifragio di Roma al disastro delle Cinque Terre, dall’alluvione di Genova a quella dell’isola d’Elba, dalla tragedia di Pozzuoli a quella di Matera, dal nubifragio di Bari al forte maltempo in Calabria, dall’alluvione di Guspini, in Sardegna, fino al dramma del Messinese, ha deciso di oscurare dei radar meteo che, comunque, non aveva mai diffuso pubblicamente.

LA VERA STORIA DEI RADAR METEO: UNA VERGOGNA TUTTA ITALIANA – I radar meteorologici sono i più importanti strumenti per l’osservazione in diretta della situazione meteo, perchè riescono a fornire in tempo reale la localizzazione e l’intensità delle precipitazioni. E’ un pò come avere una stazione meteorologica ogni metro quadrato che fornisce dati in diretta. In tutti gli altri Paesi del mondo sviluppato (praticamente ovunque in Europa e nel nord America ma anche in molte zone dell’Asia, dell’Africa e del sud America!) ogni Paese è dotato di un servizio pubblico di radar meteo liberamente fruibili sul web da chiunque voglia osservarli. Sono strumenti importantissimi che in tempo reale possono individuare in quale zona sta piovendo a regime alluvionale e quindi far scattare l’allarme in tempo utile per evitare il peggio e salvaguardare quantomeno la vita dei cittadini. In Italia nel 2001 ha preso il via un progetto di realizzazione di una rete di monitoraggio radar nazionale, voluta dal decreto legge n. 180 del 1998, che prevedeva la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico e il potenziamento del monitoraggio e della sorveglianza sull’onda emotiva del disastro di Sarno, dove il 5 maggio 1998 decine di eventi franosi sul fianco del monte Pizzo d’Alvano, nel Salernitano, provocano enormi colate di fango che si riversano sulle abitazioni uccidendo 159 persone. Ma le cose fatte sull’onda emotiva di un evento sono caratterizzate da grandi annunci iniziali e poi un lunghissimo iter burocratico che ne compromette la realizzazione. Infatti devono passare anni affinchè il progetto parta, prima nel 2000 con la legge n.365, e in seguito con l’ordinanza ministeriale del 10 maggio 2001 che di fatto avvia il progetto e lo sviluppo della rete nazionale dei radar meteo tre anni dopo il decreto-legge.
Il progetto della rete radar su scala nazionale – come spiega la stessa Protezione Civile – “ha l’obiettivo di migliorare il monitoraggio dei fenomeni atmosferici, e in particolare delle precipitazioni. Infatti integra le informazioni che provengono dai satelliti, basate sull’osservazione dei corpi nuvolosi, e dai sensori pluviometrici, che registrano dati di carattere puntuale, poco rappresentativi di un intero bacino idrografico“.
Alla protezione civile sanno bene quanto può essere utile un radar meteo. Sempre sul loro sito scrivono che un radar serve per:

  • monitorare in tempo reale dei fenomeni di precipitazione, individuandone l’intensità e lo stato fisico (pioggia, neve, grandine), attraverso lo studio delle caratteristiche di polarizzazione;
  • determinare in tempo reale il campo di vento;
  • fare previsioni a brevissimo termine, definite nowcasting (fino a 3 ore);
  • rendere più accurate le stime sulle precipitazioni, integrando i dati della rete radar con quelli del monitoraggio al suolo“.
Un'altra immagine nazionale del radar

In realtà però il progetto dei radar meteo si è arenato. Avviato 10 anni fa su un decreto legge di 13 anni fa, siamo ancora qui a lamentare la totale assenza di queste immagini radar utilissime per le previsioni del tempo e il monitoraggio meteorologico in tempo reale. Sul sito della protezione civile possiamo leggere che “oggi sono otto i radar del Dipartimento della protezione civile, più cinque che a breve saranno in funzione; sono invece dieci i radar delle Regioni, più uno di prossima installazione, quattro dell’Aeronautica militare e due dell’Enav, Ente nazionale di assistenza di volo. Quando la rete sarà completata sarà composta da 30 radar, 26 fissi e 4 mobili“.
Ma le cose non stanno proprio così. Alcuni tra i radar che la protezione civile considera ancora “in via di attivazione” sono già funzionanti, come quello di Monte Lauro, nella Sicilia sud/orientale. Lo abbiamo scoperto quasi per caso qualche giorno fa. Ricordate questo nostro articolo? Sull’Italia meridionale si stava verificando un violento peggioramento meteo, infatti dopo poche ore ci sarebbe stata la tragica alluvione del Messinese Tirrenico e anche la Calabria sarebbe stata devastata da violenti nubifragi. Quasi per caso, scrivendo su google le parole “radar meteo” avevamo trovato una pagina della protezione civile con tutte le immagini dei radar Italiani in tempo reale: con grande gioia e giubilo, ingenuamente, abbiamo pensato che finalmente dopo tanti anni il progetto dei radar meteo della protezione civile era stato portato a termine e che da quel giorno in poi avremmo sempre potuto usufruire, come tutti i cittadini di tutti i Paesi normali, di un radar meteorologico pubblico ed efficiente sul web. Come noi, lo avrebbero potuto fare tutti i singoli cittadini Italiani, per rendersi conto in diretta della situazione meteorologica nella loro località. In tanti, infatti, in quel terribile martedì 2 novembre monitorarono la situazione dalla nostra pagina dei radar, dove però oggi quelle mappe non ci sono più. Non ci sono più perchè la protezione civile le ha oscurate, bloccate con password.

Una mappa del radar sullo Stretto di Messina di martedì 22 novembre, durante l'alluvione del Messinese Tirrenico

In questi giorni abbiamo scoperto la verità sulla vicenda legata ai radar meteo: in realtà non erano mai stati bloccati, ma gli addetti ai lavori li hanno sempre utilizzati (per testarli, affinarli e tararli al meglio) mentre le immagini erano già online; ma lo sapevano solo pochi eletti, che le consultavano minuto per minuto e ogni tanto ne pubblicavano alcuni frame sui vari forum di meteorologia per fare i gradassi con gli altri appassionati normali, considerati di serie B. Le pagine erano pubbliche, ma non era facile trovarle finchè non ci siamo riusciti, nei giorni scorsi, noi di MeteoWeb così come altri colleghi di moltri altri siti meteo (la notizia si è diffusa rapidamente e un pò tutti abbiamo visto le immagini dei radar e le abbiamo pubblicate sui nostri siti).
Addirittura qualcuno è venuto a dirci che non avremmo dovuo pubblicare le immagini e che saremmo stati denunciati (!!!), quando in realtà si trattava di immagini radar trovate pubblicamente sul web, marchiate con la loro fonte originaria (avevano il logo della protezione civile su ogni immagine, come se fossero già destinati alla divulgazione) e chiunque è libero di poterle pubblicare sui propri siti, come accade con le mappe dei satelliti, delle fulminazioni ecc. ecc. ecc.
La protezione civile, accortasi che le immagini erano ormai state divulgate da molti siti web (tra cui il nostro), ha ben pensato di oscurare tutte le mappe proteggendole con una password, uccidendo il sogno di tutti gli appassionati di meteorologia (ma anche di tutti i cittadini Italiani che mese dopo mese pagano le tasse) di poter osservare la situazione meteo in tempo reale. Un sogno che in tutti gli altri Paesi del mondo civile e sviluppato è una normalità assolutamente banale.
Questo vergognoso scandalo è aggravato dall’atteggiamento che alcuni “privilegiati” hanno tenuto nei confronti di chi ha “divulgato” le mappe, come se qualcuno potesse farne del male. Come se si trattasse di una bomba atomica o un supervirus letale (tanto per restare su temi d’attualità) che, qualora capitasse nelle mani sbagliate, comprometterebbe la vita dell’uomo sulla Terra.

L'ultima mappa del radar di Monte Lauro: mercoledì 23 novembre forti temporali colpiscono il Catanese. Da quel momento in poi nessuno ha più potuto osservare i radar meteo della protezione civile. Addetti ai lavori e "privilegiati" esclusi

PERCHE’ LA PROTEZIONE CIVILE HA OSCURATO LE MAPPE? – L’unico motivo per cui la protezione civile non si decide ancora a portare a termine il progetto dei radar meteo nazionali e a divulgarne le immagini è semplice e, se vogliamo, anche valido. Alcuni radar non funzionano bene. Quello del Lazio, installato sul Monte Serano, non è affidabile così come non sono attendibili le stime delle precipitazioni sulla Regione Calabria, che ancora non si è dotata dei suoi radar meteo. Ce ne siamo accorti anche nei due giorni in cui abbiamo potuto osservare le immagini dei radar: in Calabria ha piovuto tantissimo in Aspromonte, sulle Serre e nel Catanzarese, mentre il radar individuava l’area maggiormente interessata dalle precipitazioni ben più a nord, nell’alto Cosentino, tra la Sila settentrionale, la piana di Sibari e il Pollino meridionale. Anche la Puglia è scoperta dai radar attualmente esistenti, che non riescono a individuare bene le precipitazioni almeno nei settori centro/meridionali della Regione.
E’ chiaro che se alcuni radar ancora non funzionano bene perchè vanno settati meglio o integrati da nuove strutture che gli enti locali (come, in Calabria, la Regione!) non hanno ancora provveduto a installare (in forte ritardo!), non è bene diffondere immagini che potrebbero risultare fuorvianti nella localizzazione e nella stima delle precipitazioni. Ma è altrettanto vero che moltissimi altri radar funzionano benissimo, e tra questi ci sono quello della Liguria e quelli della Sicilia, dove in quest’autunno si sono verificati i più tragici eventi alluvionali su Cinque Terre, Genova e Messinese Tirrenico.
E allora perchè non iniziare a divulgare le immagini affidabili, continuando a lavorare per migliorare le altre e portare al termine il progetto al più presto?
E’ possibile che dopo più di dieci anni si lavori ancora per “metterli presto in funzione“?
Quanto durerà ancora questa fase di sperimentazione?
Quanti altri morti dovremo piangere, vittime non solo del fango e della pioggia ma anche dell’assoluta mancanza di un sistema di monitoraggio meteo che ci consenta di poter notare in tempo reale le più pericolose precipitazioni alluvionali?

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