Immaginate una trottola che gira veloce intorno a se stessa forte, molto forte, sempre più forte. A un tratto però trova un ostacolo, o più semplicemente per la fine della sua “carica”, è costretta a rallentare fino a fermarsi improvvisamente, adagiarsi su un lato e aspettare nuove condizioni favorevoli per ricominciare a “trottolare”. Adesso prendete un mappamondo, portate l’indice pressoché sulla linea del circolo polare artico e iniziate a ruotare il vostro mappamondo da ovest verso est: è così che “trottola” veloce intorno al polo la corrente a getto che alimenta la poderosa forza del vortice polare. Da lì una classica situazione che da sempre, seppur a cicli alterni, alimenta il clima dell’Europa: il flusso zonale Atlantico, con treni depressionari che dall’Oceano si muovono verso i settori centro/settentrionali del continente mentre più a sud c’è l’anticiclone che dallo stesso oceano si muove sul Mediterraneo. Non a caso conosciamo le nostre figure bariche con precisi riferimenti geografici: la depressione “d’Islanda“ non è un nome a caso, così come l’anticiclone “delle Azzorre“. Quando la corrente a getto “trottola” forte, molto forte, sempre più forte allora sull’Europa il clima è dominato dall’umido regime oceanico, che però sul Mediterraneo garantisce una stabile presenza anticiclonica. Più veloce spingerete il vostro mappamondo da ovest verso est, più state addossando tempeste di vento, mare agitato e piogge torrenziali sulle isole Britanniche, sulla penisola Scandinava e sull’Europa centrale, mentre l’Italia rimarrà sotto il mite dominio anticiclonico. Se volete, invece, capovolgere questa situazione dovete improvvisamente bloccare il moto rotante del mappamondo, o più semplicemente aspettare che si fermi da solo, per veder morire l’azione della corrente a getto sul vortice polare, che in quel caso sarebbe pronto a crollare verso il Mediterraneo.
In natura, però, cosa serve affinchè ciò si verifichi? Le modalità sono numerosissime, ma una di questa è senza ombra di dubbio un rapido riscaldamento dell’aria alle alte quote, nella stratosfera, con la formazione di vaste aree anticicloniche che stopperebbero l’azione del venti occidentali intorno al polo. E per questo motivo i meteo/appassionati di tutt’Europa ogni inverno sono molto attenti a ciò che accade alla stratosfera e parlano sempre di “stratwarming“, cioè del riscaldamento delle alte quote che può consentire un crollo del vortice polare a più basse latitudini.
E adesso anche quest’anno è arrivato il momento di parlare di “stratwarming“. Perchè a prescindere dalle condizioni tipicamente invernali che abbiamo avuto nei giorni scorsi e che, tutto sommato, abbiamo ancora adesso e avremo anche da qui alla fine dell’anno, con freddo secco al centro/nord e, invece, maltempo al sud con abbondanti nevicate sui rilievi Appenninici, a tratti fino a basse quote, la vera e propria svolta stagionale deve ancora arrivare.
Sul ‘Climate Monitor‘, blog climatico gestito da Guido Guidi, tenente colonnello dell’Aeronautica Militare, è possibile consultare l’ultimo “Outlook”, uno “sguardo sul midrange tropo e stratosferico” che è in realtà una “analisi stratosferica e degli indici teleconnettivi” per capire l’evoluzione a lungo termine della situazione meteorologica. (Click qui per leggerlo integralmente). L’ultimo aggiornamento è di pochissimi giorni fa e risale a martedì 20 dicembre; spiega, in modo chiaro, come sia “in fase di costituzione e rafforzamento l’HP stratosferico delle Aleutine che verrà ben alimentato da un Minor Warming che si svilupperà nei prossimi giorni a ridosso delle coste Russe del Pacifico. […] Tale situazione favorirà una sostanziale persistenza di elevata zonalità in troposfera, con conseguente persistenza della fase AO positiva. Tuttavia per gli ultimi giorni dell’anno è possibile una nuova parziale spinta meridiana dell’anticiclone delle Azzorre, il cui tilting verso est forzato dal vivace flusso zonale, potrà favorire impulsi di aria fredda con interessamento delle regioni adriatiche ed il sud della Penisola. […] Attorno alla metà della seconda decade di gennaio è attesa una disposizione dell’alta pressione atlantica con asse sudovest-nordest verso l’Europa nord orientale. Ciò favorirà la discesa di impulsi freddi orientali associati a possibile ciclogenesi sull’Italia meridionale ove si instaurerebbe una fase fredda ed instabile. In questi casi il nord Italia rimarrebbe con tempo freddo ma secco“.
Nelle conclusioni, poi, si accenna a un possibile “stratwarming di tipo major” nella seconda metà di gennaio.
Per capirne di più abbiamo intervistato proprio Guido Guidi, che intanto ieri ha pubblicato un interessantissimo approfondimento climatico incentrato proprio sull’analisi del vortice polare, del flusso zonale e degli scambi meridiani.
Innanzitutto abbiamo chiesto a Guidi qual’è il tipo di approccio che deve essere riconosciuto a previsioni per un così lungo termine.
“Ormai – spiega il tenente colonnello dell’aeronautica militare – più di due anni fa, per l’esattezza questa è la terza stagione invernale consecutiva, sulle pagine di Climate Monitor abbiamo deciso di provare un approccio alla previsione di medio periodo differente dalla norma. In teoria, dal momento che sebbene si tenti di proiettarsi parecchio in avanti nel tempo si parla comunque di tempo atmosferico e non di clima, norma vorrebbe che non si facesse proprio alcun tentativo. Il supporto che si può ottenere dai modelli meteorologici è decisamente scarso, nonostante a volte capiti di vedere delle performance accettabili del modello di previsione mensile del Centro Europeo per le Previsioni a Medio Termine. La sfida è comunque di quelle emozionanti, per cui, nonostante le incertezze, si è deciso di tentare. Con alcuni paletti, però. In primis, il discorso è limitato alla stagione fredda, quella cioè in cui lo scenario è dominato dal Vortice Polare Stratosferico e dagli indici teleconnettivi oceanici, primi tra tutti quelli atlantici. Secondariamente, nessuno ha l’ardire di dire che tempo farà in quale giorno a 3/4 settimane di distanza, quanto piuttosto di cercare di capire se l’atmosfera, tutta l’atmosfera, manda dei segnali comprensibili quando analizzata nella sua interezza. Con queste premesse, quando nella prima fase dell’autunno appena terminato, il VPS è giunto a ‘maturazione’, siamo partiti con i nostri outlook“.
E in base a queste analisi, cosa avete capito?
“L’impressione iniziale, confermata poi con il trascorrere della stagione, è stata quella di un anno per molti aspetti particolare. Il VPS ha preso da subito una forma molto compatta e profonda, guadagnando via via momento zonale ed espandendosi dalle alte latitudini verso meridione, fino a inibire, con il getto polare molto intenso che ne è derivato, qualsiasi tentativo di sviluppo di flussi meridiani, capaci cioè di trasportare aria molto fredda verso il mediterraneo e/o, viceversa, aria molto più calda verso settentrione. In questo ha giocato un ruolo decisivo anche la forza dell’anomalia barica in Atlantico centrale: un anticiclone delle Azzorre molto forte e disposto lungo i paralleli e una Bassa d’Islanda altrettanto forte, hanno innescato un lungo periodo di indice NAO fortemente positivo, aprendo un canale di scorrimento delle perturbazioni verso l’Europa settentrionale“.
Infatti abbiamo avuto sia in Italia che su gran parte d’Europa un novembre decisamente caldo e secco, eccezion fatta per alcune aree Mediterranee come la Sicilia. Ma adesso la situazione è cambiata, a dicembre ci sono state eccezionali nevicate sulle Alpi e nelle ultime settimane il freddo s’è spinto anche più a sud, Italia compresa …
“Già; quella situazione si è mantenuta finché l’espansione del VPS non ha come abbassato il getto, mantenendo alta la zonalità ma pilotando i sistemi perturbati anche verso il Mediterraneo. Da qualche settimana, infatti, il discorso è cambiato. L’anticlone stratosferico delle Aleutine, un area di alta pressione anch’essa stagionale che aveva ritardato la sua formazione, ha iniziato a crescere operando una prima azione di disturbo alla veloce e compatta rotazione del VPS. Gli effetti in Troposfera sono stati immediati, e li leggiamo nella direttrice meridiana assunta dal flusso nella settimana scorsa“.
E per i prossimi giorni cosa dobbiamo attenderci?
“Per i prossimi giorni, l’Anticiclone delle Aleutine continuerà a prendere forza, spostandosi verso l’America settentrionale ed il Canada, costringendo il VPS ad allungarsi ed a disporre un asse verso il comparto europeo. Al contempo, una parte consistente dell’area normalmente occupata dal VPS sarà occupata dall’aria più calda aleutinica ed innescherà, partendo dai piani più alti dello strato – 1, 5, 10hPa – un riscaldamento repentino. Questo rallenterà fortemente – e il processo è già in atto – il flusso zonale dell’alta stratosfera polare, torcendo di fatto la colonna del vortice e imprimendo via via il rallentamento ai piani inferiori. La caduta della zonalità a quote più basse e il posizionamento dell’asse del Vortice sul comparto europeo, saranno il forcing ideale per l’anticlone delle Azzorre per tentare uno sviluppo meridiano, aprendo così un canale di scorrimento per l’aria artica verso il comparto dell’Europa centrale e del Mediterraneo. Tutto questo, naturalmente con i dovuti margini di incertezza che si stanno tuttavia assottigliando con il passaggio dei giorni, ha comunque i suoi tempi. Dall’inizio del processo ai piani stratosferici più alti, al traferimento verso il basso, agli effetti veri e propri in troposfera, può passare qualche settimana. Per cui, la caduta termica di cui abbiamo detto appena poche righe fa, potrebbe arrivare dalla seconda metà del mese di gennaio in poi, coinvolgendo – se andrà effettivamente così – anche l’inizio del mese di febbraio. Con l’aria artica che viene giù sull’Europa o addirittura sul Mediterraneo, forse non possiamo dire se farà bello oppure no, ma di sicuro non saranno tempi di scampagnate. Tutto qui. Ora, come direbbero quelli bravi, more news when I have it“.
Tutto qui? Non è certo poco.
Consentiteci una riflessione a margine: lo studio, con questi outlook, di quello che accade nell’atmosfera per capire l’evoluzione meteorologica a lungo termine è azzeccatissimo proprio per i paletti che il Climate Monitor si è imposto, e per questo motivo possiamo parlare di questa realtà come un vero e proprio laboratorio scientifico di qualità.
Sullo stratwarming continueremo ad aggiornarvi nei prossimi giorni, con una finestra sempre aperta su http://www.climatemonitor.it/ per seguirne l’andazzo. Che, a quanto pare, non può che entusiasmare ogni appassionato di freddo e neve.