Terremoto Emilia: l’area epicentrale si sposta verso ovest, possibile il coinvolgimento di nuove faglie?

MeteoWeb

La nostra Italia sta vivendo una delle sue peggiori giornate della sua storia recente. Il forte terremoto, da 5.8 Richter, che nella prima mattinata di oggi, un minuto prima delle 09:00 AM, che ha scosso la pianura emiliana, con ampi risentimenti in tutto il nord Italia, dalla Valle d’Aosta alla Venezia Giulia, è stato il definitivo colpo di grazia per tutti quei territori e le popolazioni duramente colpite dal sisma del 20 Maggio scorso. Ma fa ancora più rabbia sapere che gran parte delle vittime siano morte nel posto di lavoro per l’ennesima volta, sotto il crollo di grandi capannoni industriali. Eppure in Giappone, a Taiwan o in California, una scossa del genere, intensa, ma non di certo catastrofica, non avrebbe provocato alcun crollo e nessuna vittima. Difatti un sisma di magnitudo 5.8 Richter è di sicuro un evento tellurico molto forte, che provoca un grande scuotimento del suolo, soprattutto in quelle località che poggiano su terreni di tipo alluvionale, limi, ghiaie, sabbia, che accentuano ulteriormente gli effetti della scossa determinando danni maggiori rispetto alle aree circostanti. Ma in Italia, soprattutto lungo l’Appennino Abruzzese, in Calabria e nella Sicilia orientale, sono presenti delle faglie tuttora attive che possono produrre terremoti di gran lunga superiori al sisma emiliano, con una magnitudo che può anche superare la soglia dei 6.5 – 7.0 Richter.
I sismologi dell’INGV, all’indomani della forte scossa di domenica 20 Maggio, ci avevamo già messi in guardia sulla particolare sismicità della pianura emiliana non escludendo la possibilità di nuove forti scosse che sono puntualmente arrivate nella giornata odierna, cagionando nuovi crolli e purtroppo nuove vittime.
Difatti la struttura sismogenetica ferrarese, sepolta a chilometri di profondità sotto la pianura Padana meridionale, responsabile dell’intensa sequenza sismica che sta investendo il comprensorio emiliano, fra il ferrarese e il modenese, nel corso degli ultimi secoli, durante le fasi di riattivazione delle sue faglie dormienti, ha dato luogo a grandi e complesse sequenze sismiche, con scosse anche ad alto rilascio energetico, che si sono prolungate per svariati mesi e anni. L’ultima grande sequenza sismica che ha colpito l’area nei secoli scorsi risale addirittura al Novembre del 1570, quando la città di Ferrara e tutti i territori limitrofi, fino alla confinante provincia di Modena, si trovarono in mezzo all’area epicentrale di una lunga scia di eventi tellurici, se ne contarono oltre 2000, che causarono crolli e molti danni. Molte chiese rimasero seriamente danneggiate. La stessa città di Ferrara rimase danneggiata dalle intense scosse del Novembre 1570 e del Febbraio 1571 che con molta probabilità ebbero una magnitudo uguale o di poco inferiore agli eventi registrati in questi giorni. Tale sciame sismico, secondo le dettagliate cronache del tempo (sul terremoto ferrarese furono scritti almeno sei trattati, ma solo quattro vennero pubblicati) durò ben 4 anni, interrompendosi solo attorno all’anno 1574, quando segui un più lungo periodo di quiete sismica che è durato fino ai nostri giorni. Un lungo periodo in cui le faglie hanno avuto tutto il tempo per tornare ad accumulare l’energia sprigionata dai movimenti della micro placca adriatica, favorendo l’accumulo delle deformazioni in seno alla crosta terrestre che originano le recrudescenza dell’attività sismica.
Intanto il posizionamento dell‘epicentro del forte sisma di oggi, ad una decina di chilometri più ad ovest-nord/ovest rispetto ai precedenti, potrebbe fare pensare alla rottura del settore più occidentale della stessa struttura sismogenetica che non è riuscito a rompersi precedentemente, durante la forte scossa del 20 Maggio scorso. In sostanza rappresenterebbe una continuazione della lunga sequenza sismica che sta investendo l’intera area sismogenetica che dal ferrarese si estende verso la provincia di Modena. Ma non si può neppure escludere che il forte terremoto di 5.8 Richter sia invece riconducibile alla rottura di una nuova faglia, o più faglie, che dopo le forti scosse dei giorni scorsi, localizzate fra il ferrarese e il modenese, hanno ricevuto per trasferimento tensionale la spinta decisa che gli mancava per poter cedere e rompersi definitivamente, originando la forte scossa tellurica di oggi. Ancora è troppo presto per poter dirlo con certezza se si è attivata una nuova faglia, o più faglie limitrofe al bordo più occidentale della sorgente sismogenetica ferrarese. Per stabilirlo con maggiore certezza occorrerà  attendere l’elaborazione esatta delle coordinate ipocentrali e del relativo meccanismo focale da parte dei vari gruppi di sismologi al lavoro sul campo. Una volta effettuati questi importanti rilievi i sismologi saranno in grado di poter stabilire se la sequenza sismica, spostandosi più verso occidentale, nel modenese, abbia coinvolto un nuovo sistema di faglie già notevolmente sovraccaricato dai terremoti di questi ultimi giorni.

Condividi