“Il sogno, per noi appassionati del legno, è che questo materiale entri nella cultura tecnico-professionale e scientifica di tutti i progettisti italiani, così come lo è in altri paesi del mondo”: così il prof. Ario Ceccotti, direttore dell’Istituto per la Valorizzazione del Legno e delle Specie Arboree del Cnr, rende subito chiaro a tutti l’intento dell’attività che quotidianamente lo impegna.
In questi giorni di grande apprensione, sull’onda emotiva di quanto accaduto nelle ultime settimane, noi ci sentiamo di aggiungere che quello dell’utilizzo del legno per le abitazioni è anche il sogno di tutti coloro che hanno paura dei terremoti e vorrebbero avere la certezza di vivere in una casa sicura.
Proprio l’Ivalsa del Cnr, infatti, ha realizzato dei progetti di case antisismiche in legno assolutamente solide e robuste che potrebbero risolvere il problema di moltissimi italiani: per questo motivo abbiamo contattato il prof. Ceccotti, che ci ha spiegato – come di recente ha scritto in un suo editoriale – che “la consapevolezza che i terremoti non sono prevedibili – né il giorno né l’ora – non ci getterebbe nell’angoscia se avessimo la consapevolezza che la casa in cui viviamo, qualunque sia il peggior terremoto che possa capitare, resisterebbe bene e addirittura resterebbe agibile anche per tutte le scosse di assestamento successive. In altre parole, se sapessimo che la miglior cosa da fare in caso di una scossa fosse quella di restare in casa (dando per scontato che tutti i mobili sia stati ben fissati ai muri)!“. Su MeteoWeb ne abbiamo già parlato moltissimo nelle ultime settimane, esaltando le tecnologie antisismiche e le abitazioni costruite rispettando queste moderne tecniche costruttive. Ma Ceccotti ci spiega che “per tutti i materiali da costruzione, l’aggravio dei costi per ottenere una prestazione antisismica non è indifferente. È necessario infatti aumentare le dimensioni delle sezioni di pilastri e travi, l’armatura in acciaio, oppure ricorrere a sistemi di isolamento alla base“. Ed è probabilmente per questo che, spesso e volentieri, i lavori non vengono fatti a norma: in nome del risparmio. Comunque deprecabile, visto e considerato che c’è in gioco la nostra vita, ma se c’è una soluzione sicura e anche economica perchè non portarla avanti?
Questa soluzione è quella delle case in legno. Come spiega il prof. Ceccotti, infatti, “c’è una tecnologia costruttiva che fa eccezione: quella degli edifici realizzati in legno X-lam. Grazie ad essa, infatti, le dimensioni delle sezioni e il numero degli elementi meccanici di aggancio restano invariati rispetto al caso dell’edificio non strategico, mentre viene aumentato solo il numero di chiodi o di viti. Con un aggravio di spesa molto modesto. La certezza di questa affermazione ha alla sua base il lavoro di ricerca – e la conseguente scoperta , perché si tratta proprio di scoperta, visto che prima non era neanche possibile immaginare un simile risultato –, portato avanti dal Cnr-Ivalsa negli anni scorsi. E in particolare gli studi che hanno condotto al test in scala reale sulla tavola vibrante più grande al mondo, in Giappone, nel 2007, di un edificio di 7 piani che ha resistito intatto a tutta una serie di terremoti applicati in due giorni di prove consecutive con intensità crescente fino agli 0,82g di accelerazione alla base del terremoto di Kobe del 1995 (7.3 gradi della scala Richter). La ragione di tutto ciò sta nel fatto che il prodotto X-lam è un prodotto innovativo, recente, che non ha più i difetti del legno massiccio – pur mantenendone la leggerezza – e fornisce pannelli per solai e pareti resistenti e pressoché indeformabili allo stesso tempo. Inoltre, l’azione di cucitura diffusa lungo tutti i bordi dei pannelli sia verticali sia orizzontali, permette all’edificio in X-lam di mantenere la propria forma anche sotto la scossa più violenta. I pannelli oscillano, si spostano ma tornano sempre alla posizione iniziale. Tale tecnologia è oggi disponibile anche in Italia e molti edifici sono già stati costruiti o sono in costruzione. Il costo di tali edifici sia per il residenziale sia per l’edilizia pubblica non è superiore a quello degli edifici tradizionali, anzi, a parità di prestazioni meccaniche e termo-fisiche, risulta decisamente competitivo. In aggiunta non si dimentichi che, dallo spiccato delle fondazioni – che devono essere sempre in cemento armato -, i tempi di esecuzione dell’opera sono drasticamente ridotti rispetto a quelli necessari per una costruzione tradizionale: i pannelli arrivano in cantiere pretagliati a misura con le aperture delle porte e delle finestre già pronte, per cui in pochissimi mesi l’edificio è terminato“.
Il Cnr Invalsa ha realizzato il progetto Sofie proprio sulla nuova architettura del legno: è un progetto di ricerca sull’edilizia sostenibile condotto proprio dall’Istituto IVALSA del Consiglio Nazionale delle Ricerche con il sostegno della Provincia Autonoma di Trento. SOFIE ha lo scopo di definire le prestazioni e le potenzialità di un sistema per la costruzione di edifici a più piani, realizzato con struttura portante di legno trentino di qualità certificata e caratterizzato da elevate prestazioni meccaniche e basso consumo energetico, ottimi livelli di sicurezza al fuoco e al sisma, comfort acustico e durabilità nel tempo: il sistema X-LAM (pannelli lamellari di legno massiccio a strati incrociati). Nata in Germania meno di dieci anni fa, questa tecnica costruttiva si basa sull’utilizzo di pannelli lamellari di legno massiccio di spessore variabile dai 5 ai 30 cm realizzati incollando strati incrociati di tavole di spessore medio di 2 cm. I pannelli vengono tagliati a seconda delle esigenze architettoniche completi di aperture per porte, finestre e vani scala e in seguito issati e collegati tra loro in opera con angolari metallici, chiodi a rilievi tronco-conici e viti autoforanti. I pannelli sono realizzati interamente con legno proveniente dalle foreste della Valle di Fiemme e delle altre valli del Trentino.
Il prof. Ceccotti, poi, ci ha spiegato che – purtroppo – proprio in Italia, dove quest’idea è nata grazie allo studio e alla dedizione degli esperti, il progetto viaggia in modo molto più lento rispetto ad altri Paesi, probabilmente a causa della mentalità degli italiani che non sono pronti a vivere in case costruite con il legno. Il legno, invece, è molto più accettato all’estero: “pensate che in Canada e negli Stati Uniti d’America il 90% delle abitazioni è di legno, e se qualcuno costruisce in muratura, tutti si sorprendono. In Giappone il 50% delle costruzioni è di legno, e anche nell’Europa centro/settentrionale, dall’Austria alla Germania fino alla Scandinavia, l’uso del legno per gli edifici è molto diffuso. In Italia invece no, bisogna vincere lo scetticismo della gente ma non solo, ad esempio nelle università non ci sono – all’interno delle facoltà di ingegneria – corsi specifici sugli edifici in legno, eccezion fatta per due corsi di Trento e Firenze. Per il nostro progetto c’è grande entusiasmo nel mondo con molti consensi dal Giappone al nord America. Negli Stati Uniti la nostra costruzione ha un mercato di 5 milioni di metri cubi l’anno, invece in Europa soltanto di un milione di metri cubi. Tuttavia, seppur in modo più lento, le cose stanno migliorando anche in Italia e soprattutto in Trentino dove, in modo particolare nell’Alto Adige, questa tecnologia inizia ad essere usata, anche perchè è robusta, solida, di costruisce rapidamente e ha tutte le caratteristiche positive al punto di colpire la fantasia degli italiani, soprattutto quelli che hanno un’anima più ecologista in quanto una casa così non danneggia la natura. In Italia siamo più lenti per le innovazioni rispetto agli altri Paesi, ma a Trento stiamo costruendo la casa dello studente con questa tecnologia, ed è alta 5 piani, addirittura a Milano stiamo facendo una serie di edifici importanti di cui alcuni alti fino a 8 piani“.
Insomma, sono le case del futuro: tutti dovremmo costruire così, e a quel punto i terremoti non ci farebbero più paura.
Casa di legno di sette piani, realizzata nei laboratori Ivalsa Cnr di San Michele all’Adige (Trento) grazie ad un progetto di ricerca finanziato dalla Provincia autonoma di Trento, ha resistito con successo al test antisismico considerato dai giapponesi il più distruttivo per le opere civili: la simulazione del terremoto di Kobe.