Dai Colli Albani al Vesuvio, dal Marsili alle Alpi passando per le faglie sismiche calabresi e per le miniere abbandonate in Sardegna e in Toscana: la relazione di apertura dell’Adunanza Generale Solenne dell’Accademia dei Lincei ha avuto al centro la tormentata realta’ geologica italiana e le sue conseguenze sociali e sanitarie. L’intervento e’ stato tenuto dall’accademico Annibale Mottana alla presenza, tra gli altri, del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano e di numerosi ministri. “Dalla ricca Geodiversita’ del nostro paese – dice Montana – discende anche quel mosaico di scenari insediamenti e usanze, che fanno dell’Italia uno dei piu’ affascinanti poli d’attrattiva del mondo. Come tutti i mosaici anche il nostro, di tanto in tanto, ha un frammento mal messo che si connette male con gli altri, crea difetti e si traduce in difficolta’ e disagi per i suoi abitanti“. Le tessere del mosaico geologico italiano che sarebbero, nella metafora di Mottana, scomposta sono molteplici. Nel suo intervento l’accademico ha prima affrontato il rischio vulcanico. “Lo Stromboli e l’Etna sono vulcani attivi e, a parte qualche sporadico fenomeno parossistico, non costituiscono un reale problema. Il Vesuvio e Vulcano, invece, sono quiescenti e costituiscono due problemi effettivi. Di Vulcano si sa abbastanza perche’ il cratere della Fossa e’ sotto monitoraggio costante, ma cio’ non ne riduce la pericolosita’: nel caso di un suo risveglio – in una data per ora imprevedibile – non ci sono vie di fuga nell’isola e l’evacuazione sara’ la sola soluzione possibile“.
I tormenti peggiori della condizione geologica del nostro paese riguardano però i terremoti. Soprattutto tra Calabria e Sicilia. “I tempi di ricorrenza dei terremoti nell’arco calabropeloritano – spiega Mottana – sembrano indicare che siamo ormai vicini a un prossimo evento devastante“. Se questo, si chiede Mottana, “dovesse sviluppare tutta la sua violenza al largo di Catania, che cosa restera’ della citta’ e dei suoi abitanti?“.
La prevenzione contro i terremoti e’ “per ora impossibile e l’abbiamo constatato recentemente in Emilia, ma va insistentemente perseguita, a differenza di quella vulcanica, gia’ nota” ha aggiunto Mottana nella sua relazione oggi all’Accademia dei Lincei. “Nel Novecento – ha detto – i morti per eruzioni sono stati poco piu’ di un centinaio, mentre quelli per cause sismiche circa 120.000. C’e’ una grande disparita’ di effetti tra i due disastri, ma il nocciolo del problema non e’ qui”. Il problema, secondo Mottana “e‘ piuttosto il nostro paese che non ha fin qui dimostrato di saper coniugare la prevenzione dai rischi naturali con il suo sviluppo, soprattutto urbanistico. Ce lo insegnano le recenti esperienze de L’Aquila e dell’Emilia – continua – ma cio’ che piu’ preoccupa e’ l’atteggiamento degli amministratori. Non c’e’ nessuna giustificazione possibile per le deroghe che essi concedono alla corretta edificazione, peggio se nei luoghi dove il rischio sismico e’ particolarmente frequente e, spesso, devastante“. E per l’esperto “la giurisprudenza non aiuta: che senso ha applicare il principio del ‘diritto acquisito’ per evitare la messa a norma, quando sono le costruzioni antiche e anche quelle appena recenti, ma costruite prima dell’estensione a una certa zona delle norme sul rischio sismico, le prime a crollare uccidendo abitanti e lavoratori?“.