Greenpeace contesta fortemente l’ipotesi di inserire nel cosiddetto decreto ‘incentivi e rilancio infrastrutture’ una modifica al limite spaziale per le perforazioni off shore, che porterebbe la distanza dalle coste da dodici a cinque miglia marine.
“Il ministro Passera sembra voler imboccare una strada disastrosa – afferma Alessandro Giannì, direttore delle Campagne di Greenpeace – Concedere alle multinazionali del petrolio lo sfruttamento delle esigue riserve di idrocarburi presenti nei nostri fondali è pura follia. Le cinque miglia marine ipotizzate come limite porterebbero le trivelle sotto costa. Per quale profitto? Sull’altro piatto della bilancia ci sono il turismo, la pesca, la biodiversità di aree marine di inestimabile valore”.
Secondo Greenpeace “il gioco non vale la candela”: le riserve petrolifere stimate nei giacimenti italiani, pari a 11 milioni di tonnellate, sono una quantità esigua anche rispetto ai soli fabbisogni del nostro Paese, non arrivando neppure a coprire i consumi di due mesi. Non solo, le attività di perforazione ed estrazione riguarderebbero alcune delle aree marine di maggior pregio in Italia e impatterebbero su economie locali che vivono in gran parte di turismo e pesca. E per le quali un disastro petrolifero si rivelerebbe una sciagura assoluta.
Il limite delle dodici miglia, adottato dopo il disastro petrolifero del Golfo del Messico, è una misura precauzionale nata per difendere le coste e i mari italiani da disastri come quello avvenuto in America nel 2010.
“L’Italia continua a fare marcia indietro. Dopo aver tagliato gli incentivi alle energie pulite, Passera vuol puntare su quelle sporche, ignorando i veri interessi del Paese. Il provvedimento in discussione sbloccherebbe 4,5 miliardi di euro. Con quella cifra, invece di perpetuare la nostra dipendenza dal petrolio, potremmo fare molto per avviare una vera rivoluzione energetica, per raggiungere un primato sulle fonti del presente e del futuro – le rinnovabili – generando molta occupazione” – conclude Giannì.