Alcuni sismologi giapponesi e americani che le studiano da anni le chiamano “Tempeste Sismiche”. In pratica si tratta di lunghi e prolungati sciami sismici che si propagano velocemente lungo una direzione precisa degli epicentri, coinvolgendo faglie e sistemi di faglie attigue a quelle attivate in precedenza. Un primo studio su questo particolare fenomeno sismico era stato apportato lungo la grande faglia nord anatolica, dove in base all’orientamento dei segmenti di faglia e alla distanza temporale fra gli eventi tellurici più importanti si era riusciti ad individuare le zone che sarebbero state interessate da una intensa sequenza sismica, con scosse ben oltre la soglia del danno. In Italia le crisi sismiche prolungate per anni, con una graduale migrazione degli epicentri, non sono poi cosi rare come si possa pensare. Ad esempio, basti pensare alla grande crisi sismica calabrese del 1783, quando una seria infinita di scosse, fra cui cinque stimate sopra i 6.5 – 7.0 Richter (visto i notevoli effetti prodotti sul territorio), investì tutta la Calabria centro-meridionale, dalle Serre fino all’Aspromonte, con uno spostamento degli epicentri verso il reggino tirrenico e il settore settentrionale dell’area dello stretto di Messina (sul margine nord-orientale dell’area colpita dai sismi del 1894 e 1908). Allora la crisi sismica durò oltre due anni, tanto che le popolazioni si erano ormai abituate a convivere con gli scuotimenti del suolo. La stessa cosa accade nella pianure emiliana durante lo shock sismico del 1570 che si concluse definitivamente solo nel 1574, dopo ben quattro anni. La sequenza in atto in Emilia potrebbe trattarsi di un evento analogo e come ripetono i sismologi questo nuovo sciame potrebbe durare ancora a lungo, si parla di diversi mesi, se non anni addirittura. Certo, per ora nessuno si può minimamente immaginare di formulare una previsione indicando una possibile durata o un ulteriore estensione verso occidente del fronte sismico.