L’uso massiccio del cellulare, per parecchie ore al giorno, e per un lungo periodo di anni, può avere “un ruolo almeno concausale” nella genesi di alcuni tumori dei nervi cranici. Lo sottolinea la Cassazione che ha dato torto all’Inail che non voleva riconoscere il rischio ‘lavorativo’ – e il conseguente diritto alla pensione per malattia professionale – per l’uso del telefonino e del cordless. Inoltre la Suprema Corte ha riconosciuto la “maggiore attendibilità” degli studi epidemiologici indipendenti rispetto a quelli “cofinanziati dalle stesse ditte produttrici di cellulari“. Con questa decisione – sentenza 17438 della Sezione lavoro – la Suprema Corte ha respinto il ricorso con il quale l’Inail contestava il diritto alla rendita per malattia professionale, con invalidità dell’80%, riconosciuto dalla Corte di Appello di Brescia a favore di Innocente M., un manager che per dodici anni, per cinque-sei ore al giorno, aveva usato – per motivi di lavoro – il telefonino o il cordless sviluppando una grave patologia tumorale all’orecchio sinistro dove appoggiava il cellulare. Nonostante le terapie, anche chirurgiche, il manager aveva riportato “esiti assolutamente severi”. In primo grado, non era stata riconosciuta la ‘colpevolezza’ del telefonino, mentre in secondo grado il verdetto era stato ribaltato. Senza successo, l’Inail ha provato a contestare – sostenendo che non erano suffragati dal giudizio di affidabilità della “comunità scientifica” – gli studi sul rischio dell’uso intensivo dei cellulari sui quali si era basata la consulenza tecnica del manager. La Cassazione ha replicato che gli studi indipendenti condotti dal gruppo ‘Hardell’, tra il 2005 e il 2009, che hanno evidenziato un maggiore rischio di insorgenza di neoplasie negli utilizzatori ‘forti’ di telefonia mobile, sono, correttamente, stati considerati di “maggiore attendibilità” dai giudici dell’appello, “stante la loro posizione di indipendenza, ossia per non essere stati cofinanziati, a differenza di altri, anche dalle stesse ditte produttrici di cellulari“. L’Inail, invece, insisteva affinché – prima di riconoscere la nocività del telefonino – si aspettasse l’esito dello studio epidemiologico internazionale ‘Interphone’ coordinato dall’Agenzia internazionale di ricerca sul cancro dell’Oms e finanziato dall’Unione Europea e dai produttori di telefonini.