Terremoti: ecco tutti i dettagli sulla fragile Italia, le zone a più alto rischio

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Il territorio italiano è caratterizzato da un forte rischio naturale. Secondo i datti diffusi oggi dall’Ance e dal Cresme, le aree a elevato rischio sismico sono circa il 44% della superficie nazionale (131 mila kmq) e interessano il 36% dei comuni (2.893). Nelle aree ad elevato rischio sismico vivono 21,8 milioni di persone (il 36% della popolazione), per un totale di 8,6 milioni di famiglie e si trovano circa 5,5 milioni di edifici tra residenziali e non residenziali. Le aree a elevata criticità idrogeologica (rischio frana e/o alluvione), prosegue il rapporto, rappresentano circa il 10% della superficie italiana (29.500 kmq) e riguardano l’89% dei comuni (6.631). La popolazione residente nelle aree ad elevato rischio idrogeologico è pari a 5,8 milioni di persone (9,6% della popolazione), per un totale di 2,4 milioni d famiglie. In queste aree si trovano oltre 1,2 milioni di edifici. Tra questi particolarmente esposti al rischio sono i capannoni, che richiedendo ampi spazi costruttivi spesso si trovano ai margini delle città, al limite con aree a rischio. Il rischio sismico maggiore, si legge nel rapporto, riguarda le regioni della fascia appenninica e del Sud Italia. Al primo posto c’è la Campania, in cui 5,3 milioni di persone vivono nei 489 comuni a rischio sismico elevato. Seguono la Sicilia, con 4,7 milioni di persone in 356 comuni a rischio e la Calabria, dove tutti i comuni sono coinvolti, per un totale di circa 2 milioni di persone. E sempre in queste tre regioni il patrimonio edilizio è esposto a rischio sismico maggiore: Sicilia (2,5 milioni di abitazioni), Campania (2,1 milioni di abitazioni), Calabria (1,2 milioni).
La superficie italiana ad elevata criticità idrogeologica è per il 58% soggetta a fenomeni di frana (17.200 kmq) e per il 42% è a rischio alluvione (12.300 kmq). Sommando i due elementi di criticità, l’Emilia Romagna è la regione che presenta un maggior livello di esposizione al rischio, con 4.316 kmq, pari al 19,5% della superficie. Seguono la Campania (19,1% di aree critiche), il Molise (18,8%) e la Valle d’Aosta (17,1%). Su scala regionale in cinque regioni – la Valle d’Aosta, l’Umbria, il Molise, la Calabria e la Basilicata – tutti i comuni hanno una quota di superficie territoriale interessata da aree di elevata criticità idrogeologica. A livello provinciale, invece, al primo posto c’è Napoli, dove 576 mila persone risiedono nelle aree a rischio elevato (208 mila abitazioni), al secondo posto Torino (326 mila persone e 148 mila abitazioni) e al terzo Roma (216 mila persone e quasi 96 mila abitazioni). La pericolosità degli eventi naturali è senza dubbio amplificata dalla elevata vulnerabilità del patrimonio edilizio italiano, sottolinea il rapporto. Oltre il 60% degli edifici (circa 7 milioni) è stato costruito prima del 1971, quindi prima dell’entrata in vigore della normativa antisismica per nuove costruzioni (1974). Di questi, oltre 2,5 milioni risultano in pessimo o mediocre stato di conservazione. A livello regionale è la Sicilia a presentare la situazione più critica, con oltre 800 mila edifici realizzati più di 40 anni fa. Sulla base dei dati pubblicati dalla Regione Emilia Romagna e relativi agli oltre 40 mila sopralluoghi effettuati da Protezione Civile e Enea, emerge che il settore residenziale complessivamente ha reagito bene al sisma, con il 37% degli edifici dichiarati inagibili. Il settore non residenziale fa rilevare invece i problemi maggiori. Soltanto il 27% degli edifici privati ad uso produttivo è risultato agibile, mentre quasi il 50% è stato giudicato totalmente inagibile. Si consideri poi che dei 1.006 edifici giudicati inagibili ben 741 ricadono nella provincia di Modena. Nel 2011 sono presenti sul territorio nazionale 325.427 capannoni a esclusivo o prevalente uso produttivo. Ben 4 capannoni su 10 sono stati realizzati tra il 1971 e il 1990, per un totale di 133,5 mila edifici, e quasi 3 su 10 sono stati costruiti dopo il 1990. Nelle aree a elevato rischio simico rientrano oltre 95 mila strutture, pari al 29% del totale. La Campania ha il maggior numero di strutture nelle aree a rischio, oltre 15.900 edifici, seguita dalla Sicilia, con 12.600 capannoni, e dall’Emilia Romagna, con 12.300 strutture. Ma l’Emilia Romagna ha complessivamente il maggior numero di capannoni esposti a rischio naturale, dal momento che ben 7.941 strutture si trovano nelle aree ad elevato rischio idrogeologico. Regioni con una quota consistente di edifici produttivi esposti a rischio di frane o alluvioni sono anche la Lombardia (4.125) e il Veneto (3.961). In Italia sorgono 64.800 edifici a esclusivo o prevalente uso scolastico (91,4 milioni di mq complessivi, in media 1.410 mq per edificio). Si tratta di un patrimonio piuttosto antiquato, se si pensa che un edificio su dieci è stato realizzato in epoca anteriore al 1919 e complessivamente oltre il 60% prima del 1971. Oltre 24 mila scuole (37%) si trovano in aree a elevato rischio sismico, circa 6.250 (9,6%) sorgono in aree a forte rischio idrogeologico. Gli ospedali nel territorio nazionale sono circa 5.700 (44,2 milioni di m2, in media 7.776 m2 per edificio). Le strutture esistenti nelle aree a rischio sismico sono 1.822 edifici, 547 ospedali sorgono invece in aree a forte rischio idrogeologico. Quasi il 45% dell’intero patrimonio, pari a 11.470 edifici tra scuole e ospedali, si trova nelle regioni del Sud e il 22% al Centro. Più contenuto è il patrimonio esposto a rischio al Nord. A livello regionale la Sicilia, la Campania e la Calabria presentano la situazione di rischio maggiore con oltre 10 mila edifici esistenti nelle aree di rischio elevato: in Sicilia 4.894 scuole e 398 ospedali, in Campania 4.872 scuole e 271 ospedali, in Calabria 3.200 scuole e 190 ospedali.

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