Inquinamento globale: botta e risposta con ENI

MeteoWeb

di Luigi Antonio Pezone – Quest’articolo è un botta e risposta tra il sottoscritto è un funzionario dell’ENI, che mi permetto di pubblicare perché non c’è niente di personale. Inoltre, l’argomento trattato è di pubblico interesse.  Ritengo sia giusto far conoscere alla gente le difficoltà a cui va incontro chi cerca di innovare le protezioni dell’ambiente. Non posso lasciar perdere questa occasione perché, normalmente, i politici e i dirigenti pubblici non rispondono. Per la verità, non rispondono nemmeno i privati. I silenzi su questi argomenti non fanno notizia. Spero che facciano più notizia le striminzite risposte. In Italia, le invenzioni ambientali sono ritenute delle provocazioni contro il potere costituito, alle quali non si risponde. Ringrazio l’Eni che almeno ha risposto, anche se, non nel modo in cui avrei sperato e le invio per conoscenza l’articolo, affinchè possa replicare.

Invio questa mail il 26/11/2012

Alla c. a. dell’ufficio tecnico Eni.

Egregi signori, con la presente vi sottopongo un progetto sostenibile,  alternativo al sistema C.C.S. e agli attuali sistemi depurativi delle acque. So che insieme al CNR, ENEA, ENEL avete investito risorse nel C.C.S., ma penso anche che più degli altri enti, siate interessati a una rivalutazione dell’energia termoelettrica e non a un declassamento, come avverrebbe con il C.C.S.. Se fosse stato per gli altri enti e non ci avesse salvato lo tsumani giapponese, il nostro Paese, avrebbe già compromesso altre importanti risorse economiche nell’energia nucleare, che come il solare e l’eolico, non potranno mai arrivare a sostituire l’energia termoelettrica, soprattutto, se diventerà pulita. Ma questa energia potrà addirittura diventare protettiva dell’ambiente con l’applicazione dei depositi di brevetto che vi propongo. Ho iniziato da voi le consultazioni perché vi ritengo meno compromessi con il nucleare e le nuove energie che, bene che vadano, potranno al massimo essere neutrali nei confronti dell’ambiente. Tuttavia, nel caso in cui, non siate interessati,  per amore del nostro Paese, consulterò anche gli altri enti statali, ammesso che abbiano delle gentili persone, come la signora Badini, che mi assicurino che tutto non finisca in un cestino prima che qualcuno le legga. Come, certamente, è successo con le mie precedenti invenzioni che non riguardavano l’energia, ma la depurazione dell’ambiente. Nessuno degli organismi italiani preposti alla tutela dell’ambiente ha mai risposto alle mie proposte di pubblica utilità. In democrazia si può anche pensarla diversamente ma non bisogna mai sottrarsi al confronto, soprattutto, sul piano tecnico. Spero che condividiate questa mia opinione e che la copiosa documentazione che vi invio serva almeno a un confronto tecnico. Non essendoci altri a conoscenza di questi  recenti quattro depositi di brevetto (19/11/2012), potrei interrompere con voi le consultazioni e consentirvi di estendere i brevetti a livello internazionale, addirittura di ampliarli con dettagli che non ho rivendicato. Questo non sarà più possibile, quando riprenderò le consultazioni, comunicando ad altri i brevetti, soprattutto, se sarò costretto a pubblicare il libro, che ho preparato in parallelo agli stessi, di cui vi allego dei capitoli importanti. Scrivere un libro o degli articoli mentre sviluppo un argomento fa parte del mio metodo di lavoro. Mi aiuta a ragionare. In questo documento raccolgo le ricerche effettuate, le rifessioni e le opinioni personali. Dal voluminoso dossier che viene fuori estraggo le idee originali da brevettare. Se ci sono. Gli articoli che potete trovare in rete digitando il mio modesto nome, o argomenti sconosciuti come depurazione fognaria, coperta o globale, sono nati in questo modo. In genere li pubblico dopo che la classe dirigente, soprattutto pubblica, non ha recepito i miei messaggi. In questa occasione la documentazione che ho preparato è molto più voluminosa, ma ugualmente, mi auguro di non pubblicarla. Se dovrò farlo, questa volta, cercherò un editore.

 Naturalmente, preferirei, che l’Italia cogliesse questa grande opportunità di crescita. Spero che anche voi cogliate questa opportunità per crescere all’interno dell’ENI, credendo in questo progetto. Se non ci crederete qualcun altro ci crederà, ma non sarà la stessa cosa, per noi e per il Paese. Non mi hanno scoraggiato i silenzi ricevuti, fino ad ora,  perche sapevo che andavo contro gli interessi delle aziende che lavorano in questo settore. I sistemi di depurazioe globale che ho proposto, sono stati concepiti nell’interesse dell’ambiente, non delle aziende. Le soluzioni che ho proposto non hanno bisogno del 90% delle macchine e degli impianti progettati e commercializzate attualmente. Ma nel caso dell’energia protettiva dell’ambiente, oltre a guadagnarci l’ambiente, l’economia e l’occupazione, ci guadagna, anche chi produce energia, che ritengo più potente di chi pretende di depurare l’ambiente e non ci riesce con i palliativi attuali. Nel libro, che al momento non pubblico, spiego anche perché non riescono a depurare l’ambiente, mentre l’energia protettiva ci riuscirà. C’è una vita di lavoro in questa soluzione che, con tutto il rispetto,  non poteva essere concepita né da chi produce energia né da chi depura l’ambiente ma soltanto da chi, amando il proprio lavoro, ha incasellato esperienze diverse toccando anche altri settori, apparentemente lontani dall’ambiente e dall’energia. Solo realizzando grandi sinergie ambientali e tecniche si può raggiugere questo obiettivo. Tuttavia, non prometto miracoli, dall’esempio di  trasformazione di una centrale da 320 MWh, vi accorgerete di quante cose devono, necessariamente, cambiare per raggiungere questi obiettivi.

Spero che vogliate, trasmettere il messaggio ai vostri vertici aziendali, con il vostro favorevole commento e mi interpelliate per qualsiasi dubbio. Roma non è lontana. Possiamo anche incontrarci.

Nell’attesa di un vostro sollecito riscontro, continuerò a lavorare sul libro che non vorrei pubblicare. E’ proprio strana la vita di un modesto inventore ambientale.

Cordiali saluti.

Ricevo questa mail il 18/01/2013.

Gentile Signor Pezone,

abbiamo ricevuto la documentazione riguardante una tecnologia per il recupero di energia dai fumi di centrali termoelettriche abbattendo nel contempo le emissioni di CO2.

Per quanto la sua idea appaia senz’altro originale e contenga alcuni spunti tecnici interessanti, la devo però informare che il settore dell’abbattimento delle emissioni da fumi di combustione non rappresenta al momento attuale un ambito in cui eni sia attiva dal punto di vista dello sviluppo tecnologico. Inoltre, il soggetto interno cui eventualmente competerebbero iniziative in tal senso – la società EniPower – interpellata in merito al possibile utilizzo della sua tecnologia ha confermato che presso i nostri impianti industriali non si rendono al momento necessarie operazioni di modifica dei sistemi già presenti, peraltro pienamente conformi alle prescrizioni di legge.

La ringraziamo comunque per l’attenzione accordata al nostro gruppo industriale e le auguriamo di poter individuare presso altri soggetti opportunità di sviluppo e valorizzazione della tecnologia da lei proposta.

Cordiali saluti

Rispondo con questa mail il 20/01/2013 (leggermente adattata a questa pubblicazione)

Egregio dottore,

la ringrazio di aver risposto alla documentazione che le ho inviato in visione, tuttavia, mi permetta di dissentire dal modo troppo sbrigativo con il quale la sua società, ha liquidato la questione.  Innanzi tutto ci tengo a precisare che la mia proposta non riguarda soltanto il “recupero del calore dai fumi delle centrali termoelettriche abbattendo nel contempo le emissioni di CO2”.  Il 95% del calore è recuperato dalle acque di raffreddamento delle centrali termoelettriche che lei non ha nemmeno menzionato. Questo calore serve a produrre biogas con altissimo contenuto di metano, che può essere consumato nella stessa centrale, oppure messo in rete per essere consumato nelle città.

L’affiancamento dei grandissimi digestori lineari contenuti nei Fabbricati D.D.C.L. consente di trasferire il CO2 e l’idrogeno solforato (che, essendo più pesanti ristagnano sulla superficie del liquame in digestione) nelle sezioni calcaree del fabbricato serra migliorando la qualità del biogas. Nelle serre calcaree le stesse acque che hanno contribuito a raffreddare le centrali, e a riscaldare i digestori assorbono il CO2 e ioni calcio diventando alcaline (ma possiamo arrivare anche all’addolcimento). I laghi e i mari hanno bisogno di queste acque alcaline poiché si stanno acidificando. Mentre i terreni aridi, soprattutto vicino al mare, hanno bisogno di acque dolci che le future centrali termoelettriche potrebbero fornire (ovviamente ampliate con le sezioni aggiunte dal sottoscritto).

Vorrei ricordarle che le attuali centrali termoelettriche, escluse le pochissime con ciclo combinato, non arrivano a un rendimento del 40%, tutto il resto è disperso in calore, anche il calore è una forma di inquinamento, ma soprattutto, le  dispersioni sono un danno economico per la società. Il teleriscaldamento è antieconomico e non serve per tutto l’anno per cui il calore è attualmente sprecato. (Da un calcolo del sottoscritto riportato anche nella documentazione inviata solo il calore sprecato in Italia dalle centrali termoelettriche ha un valore economico di 15 miliardi di euro, ben quattro volte l’importo rastrellato dall’ultimo governo con la contestata Imu)

In un sistema globale di depurazione delle acque dell’aria e di produzione di energia, tutto è riciclato (compreso il calore) e i rendimenti generali sono esaltati. Gli impianti attuali, essendo separati, non possono aumentare i rendimenti e non possono chiudere il ciclo del carbonio in modo utile all’ambiente. Lo spieghi anche ai suoi collegi dell’Eni Power, se non ci riesce, mi faccia contattare, vedrò cosa posso fare per far loro comprendere che fino ad ora, noi tecnici, abbiamo sbagliato a separare l’energia  dal resto dell’ambiente. Soprattutto quella di origine termica.

Non metto in dubbio che gli impianti dell’Eni siano conformi alle prescrizioni di legge, metto in dubbio le prescrizioni di legge. Sappiamo benissimo che il legislatore non può prescrivere alle aziende industriali, pubbliche e private, limiti di emissioni inferiori a quelli consentiti dallo stato dell’arte. Purtroppo lo stato dell’arte lo determinano le aziende industriali, come Eni ed Enel. Mi meraviglia molto che, proprio lei che si occupa di ricerca e innovazioni tecnologiche, parli di impianti conformi alle prescrizioni di leggi. Queste leggi, ancora non sono state definite perché lo stato dell’arte non ha trovato il modo per chiudere il ciclo del carbonio antropico. Per questa ragione si fanno i vertici mondiali sull’ambiente. Questo ciclo non si chiuderà mai se aziende come l’Eni si limitano ad applicare le leggi.

Inoltre, devo farle rilevare che non è vero, come scrive, che “il settore dell’abbattimento delle emissioni da fumi di combustione non rappresenta al momento attuale un ambito in cui Eni sia attiva dal punto di vista dello sviluppo tecnologico” le potrei citare articoli disponibili in rete nei quali si afferma che state collaborando con l’Enea, Enel al sistema C.C.S., anche se, probabilmente, vi limitate soltanto alla parte riguardante l’iniezione della CO2  nel sottosuolo. Non so fino a che punto convenga all’Eni aumentare i costi dell’energia con l’abbassamento del rendimento dei combustibili che comporta il processo che stanno mettendo a punto (si parla di una perdita da 11- 12 % per i combustibili leggeri, fino al 30% per il carbone) e della necessità di aumentare notevolmente  le portate delle acque di raffreddamento. Tutto questo senza apportare altri vantaggi ambientali, come il trasferimento dei carbonati alle acque, che avverrebbe con il sistema che propongo. Naturalmente, prescindendo da tutti gli altri problemi che il C.C.S. comporta, come il trasporto del CO2 e lo stesso interramento.

Forse non sa che nelle centrali termoelettriche italiane circolano quantità di acque 20 volte superiori a quelle che circolano nei depuratori. Visto che i depuratori non proteggono l’ambiente dall’inquinamento globale, tanto vale eliminarli gradualmente e sostituirli con la depurcogeproduzione coperta globale che propone il sottoscritto. Dovendo depurare il digestato liquido dei digestori questi impianti non farebbero un grande sforzo a depurare anche le acque urbane, ricavando, anche da queste, biomasse da trasformare in energia, invece di vederle sversate senza trattamenti con le prime piogge. Ma anche e soprattutto le acque di pioggia sarebbero ben accolte dal nuovo sistema, essendo avide di assorbire quei famosi carbonati che trasformerebbero il CO2 in una risorsa ambientale ineguagliabile. Non sto dicendo che non sapete fare il vostro mestiere perché le centrali termoelettriche, nel sistema depurativo globale che propongo, sono l’unica cosa che si salverebbe, anche se si dovrebbero ridurre le dimensioni e distribuirle meglio sul territorio. Dico semplicemente che per superare lo stato dell’arte occorrono nuove sinergie, con settori che non sono mai entrati nel mondo dell’energia e delle depurazioni, come i trasporti e l’automazione industriale, che potrebbero industrializzare e mettere insieme l’energia e la protezione dell’ambiente, senza disperdere niente. Per pura combinazione prima di occuparmi di ambiente mi occupavo di impianti industriali. Non l’ho fatto per un giorno, ma in due ventenni separati. Solo da pensionato ho potuto metter insieme le cose.

Probabilmente, queste cose non si evidenziano molto dalla documentazione che le ho inviato, poiché vi ho anticipato dei capitoli di un libro che stavo completando e non avrei voluto pubblicare per mantenere un minimo di segreto industriale nei confronti di Paesi stranieri, ma sono stato costretto a completare il libro e a pubblicare articoli che riassumono i concetti che le ho espresso, sperando che almeno all’estero, siano compresi.

Non so a quale titolo lei mi abbia scritto per comunicarmi che la sua società non se la sente di imbarcarsi in quest’ardua impresa. Se mi ha scritto a titolo personale, oppure qualcuno le ha ordinato di liquidarmi velocemente come ha fatto, con garbo, augurandomi di poter individuare presso altri soggetti opportunità di sviluppo e valorizzazione della tecnologia proposta. Se l’Eni avesse questo coraggio, in Italia, tra attività dirette e indirette, crerebbe più lavoro della  FIAT e nel mondo sarebbe la prima a realizzare la chiusura del ciclo del carbonio antropico. Purtroppo non si può dare coraggio a chi non lo ha.

Io le chiedo, secondo lei quali potrebbero essere le aziende alle quali mi potrei rivolgere? Se chi depura le acque lo fa a cielo aperto emettendo CO2, dopo aver degenerato  i liquami nel sistema fognario con l’idrogeno solforato? Le macchine che hanno commercializzato che lavorano all’aperto non servono nella depurazione globale dell’ambiente. Queste aziende tacciono per difendere la loro fetta di un mercato sbagliato, ma anche se ammettessero gli errori, sono troppo piccole per affrontare problemi così grandi. Anche l’Eni è piccola di fronte a questi problemi, ma in Italia non ce ne sono altre. L’Eni, già copre buona parte dei settori interessati, dalla produzione dei combustibili, all’energia. E’ entrata anche nella gestione delle acque. Certamente è più facile gestire che progettare. Ma non è con le gestioni che si possono far funzionare impianti che non sono in grado di proteggere l’ambiente. Con il sistema che propongo l’ENI, che è una multinazionale,  in un paese povero di acque dolci, dove utilizza l’acqua del mare per il raffreddamento della centrale, potrebbe restituire queste ultime addolcite, raffreddate e utilizzabili per l’agricoltura, grazie soprattutto al CO2 che, soprattutto Enel e Enea vogliono  interrare. Questo varrebbe anche per regioni come la Puglia, Sicilia, Basilicata, Calabria. La grande produzione di compost potrebbe servire a rifertilizzare i terreni; le grandi quantità di acque stoccate in verticale, mentre si depurano, costituirebbero un importante sistema di prevenzione contro le alluvioni e delle preziose riserve in caso di siccità. I fabbricati serra verticali stanno già diventando realtà in alcune parti del mondo, Europa compresa, soprattutto per produrre alimentazione (le allego il link di un articolo in proposito), ma il sottoscritto preferisce utilizzare i fabbricati verticali  per consumare il CO2, alcalinizzare le acque e produrre biomasse energetiche. A lei che si occupa di innovazioni, chiedo, non le sembrano scandalose le ciminiere che svettano, da centocinquanta  anni, come cannoni inquinanti puntati contro l’atmosfera e non riguardano soltanto le centrali termoelettriche, ma tutti gli impianti termici industriali, compresa l’Ilva di Taranto. Dovunque c’è una ciminiera c’è molto da recuperare per produrre biogas, pulendo l’energia prodotta, a prescindere dalla fonte originale, che può essere anche legna e carbone.

Mi scusi la franchezza, ma quando diffonderò il mio libro, nessuno che si occupa di ambiente e di energia farà una bella figura, soprattutto in Italia, dove i maggiori responsabili hanno fatto orecchi da mercanti di fronte alle segnalazioni. Le mie, le può trovare su google, digitando il mio modesto nome. Non lo dico perché creda di aver ragione, ma per le fughe di responsabilità che si evidenziano da questi silenzi, in un Paese che non cresce, che spreca risorse, non protegge l’ambiente, e dove aumenta, contemporaneamente, la disoccupazione e il debito pubblico.

Il libro uscirà tra circa una settimana, soltanto in versione digitale, ma sarà diffuso anche all’estero, al modico prezzo di cinque euro (sperando che non tutto il Mondo sia un piccolo paese). lla-svezia-

Spero che mi riscriva, ma non ha importanza se non lo farà. Grazie a Dio, non mi scoraggio tanto facilmente.

Spero che non le dispiaccia se trasformo questa lettera, che non ha nulla di personale, in una lettera aperta all’Eni, naturalmente senza il suo nome.

Anche queste verità servono a diffondere la cultura dell’ambiente fra la gente comune, senza la quale i politici e le multinazionali, di cui l’Eni fa parte (nonostante la partecipazione pubblica), le cose non cambieranno mai.

Cordiali saluti

La telegrafica risposta che, gentilmente, mi è stata concessa conferma questa triste realtà.  La gente deve sapere che le leggi e le progettazioni nell’ambiente e nell’energia non scendono dal cielo, si possono anche cambiare.

Luigi Antonio Pezone

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