Con il termine di “onda anomala” si intende una grande onda che insorge all’improvviso fra le altre più piccole, o anche in presenza di una bonaccia, con mare completamente calmo. Dal punto di vista più propriamente scientifico viene definita “anomala” quell’onda che risulta grande più dell’altezza dell’onda significativa, ossia della media aritmetica delle onde più alte. Purtroppo molto spesso il termine di “onda anomala” viene erroneamente associato e confuso, soprattutto nel mondo del giornalismo, con lo “tsunami”. Ma in realtà, dal punto di vista scientifico, si tratta di due fenomeni diversi per origine e natura. Gli “tsunami”, a differenza delle “onde anomale”, vengono innescati da violenti terremoti superficiali che hanno epicentro in mare o in mezzo all’oceano, possenti eruzioni vulcaniche sottomarine di tipo esplosivo o da colossali frane sottomarine (sono quelli che investono il Mediterraneo) innescate da eruzioni vulcaniche o grossi terremoti (come quello di Messina e Reggio Calabria del 1908). Inoltre agiscono diversamente rispetto alle “onde anomale”. Uno “tsunami” originato da un fortissimo terremoto, con una magnitudo sopra gli 8.0- 8.5 Richter, causa rapide deformazioni del fondale che producono un improvviso spostamento delle grandi masse d’acqua sovrastanti, innescando cosi la perturbazione sottomarina che alimenta l’insorgenza del Maremoto.
Lo spostamento d’acqua prodotto si propaga progressivamente in superficie creando onde superficiali molto lunghe, anche di qualche centinaio di chilometri, che si estendendo in tutta la superficie oceanica (come quando si lancia un sasso in uno stagno). Tanto per darvi dei numeri le onde di Tsunami, quando attraversano un tratto di oceano molto ampio come il Pacifico, possono presentare delle lunghezze di circa 250-300 chilometri, raggiungendo velocità di propagazione impressionanti, si parla anche di 600-700 km/h. Bisogna però sottolineare che in determinate situazioni, specie quando l’onda è costretta a percorrere grandi distanze, possono verificarsi degli effetti che causano una lieve attenuazione del fenomeno, rendendolo meno distruttivo del previsto. Quando l’onda e la perturbazione sottomarina che la tiene in vita finiscono a ridosso della linea di costa, su fondali sempre più bassi che ne rallentano l’elevata velocità di propagazione, facendola crescere in altezza, in un imponente muro d’acqua che si abbatte con grande impeto sul litorale. Non sempre però lo tsunami compare come una grande onda, in alcune occasioni, in assenza di importanti fenomeni di rifrazione l’onda insorge come una grande alta marea, invadendo la terraferma per diversi chilometri li dove sono presenti estese pianure.
La dinamica delle “onde anomale” è un po’ diversa poiché vengono generate e alimentate dall’interazione di venti, correnti e morfologia del fondale marino. Generalmente queste onde si sviluppano in acque molto profonde, in pieno oceano, giungendo da più direzioni diverse rispetto a quella del vento e del tradizionale moto ondoso. Per questo motivo sono praticamente imprevedibile, solo i satelliti ad alta risoluzione possono essere in grado di spiarle fin dalla nascita prevedendo gli spostamenti futuri. Come abbiamo anticipato prima le dinamiche che possono formare una “onda anomala” sono diversi e coinvolgono l’azione di forti venti e correnti oceaniche a larga scala. Ma tutti questi fattori non sempre riescono a spiegare la nascita di questi muri d’acqua, molto pericolosi per la navigazione marittima, che si dimostrano molto più frequenti di quanto previsto precedentemente da scienziati e gruppi di ricercatori. Spesso queste gigantesche ondate, che possono superare pure i 18 – 20 metri di altezza, nascono anche in quei mari dove raramente si riscontrano tutti gli elementi necessari alla loro formazione. Un esempio può essere quello del mar del Nord, il Mediterraneo o persino il bacino dei Grandi Laghi nord-americani, lungo il confine tra Stati Uniti e Canada meridionale, dove il fenomeno dell‘”interferenza costruttiva“, ovvero l‘unione di onde di diversa origine e direzione, è alquanto rara.
Anche i mari chiusi non ne sono completamente immuni. Purtroppo molte navi, pescherecci e imbarcazioni d’altura ogni anno vengono messe in difficoltà o rischiano di naufragare in mezzo all’oceano a causa delle “onde anomale”. Nell’inverno del 1934, durante una forte tempesta sul Pacifico settentrionale, in pieno oceano, l’equipaggio della petroliera “UUS Ramapo” riuscì a misurare la più alta ”onda anomala” finora mai vista. Secondo i dati presi dalla nave l’onda era alta poco più di 34 metri ed era estesa su un fronte di oltre i 342 metri muovendosi ad una velocità di propagazione di 23 m/s. Numeri a dir poco sbalorditivi. Bisogna rammendare che da una nave esistono diversi metodi per misurare con grande accuratezza l’altezza delle onde. Uno fra questi consiste nel far salire l’osservatore ad una certa altezza sopra la coperta in modo che la visuale deve essere “tangente” alle due creste successive nel momento in cui la nave risulti orizzontale (nel cavo fra le due creste). In questo caso l’altezza dell’onda è uguale all’altezza dell’occhio sulla linea di galleggiamento della nave. Ma ora andiamo a scoprire i vari modi di formazione di una “onda anomala”. In genere ve ne sono quattro che sono di fondamentale importanza, fra questi troviamo;
1) “L’unione”: le grandi onde prodotte da venti di tempesta che spazzano una vasta porzione della superficie oceanica (“Fetch” molto esteso) si propagano molto più velocemente di quelle più piccole, che sovente si generano lungo il fronte caldo o il settore pre-frontale di una profonda circolazione depressionaria. Quando le grandi onde di tempesta, molto più veloci, incontrano e si sovrappongono a quelle più piccole, molto più lente, si vengono a generare delle ondate veramente gigantesche che traggono origine dal processo di sovrapposizione. Spesso questo tipo di onde molto grandi si intrufolano assieme a quelle più piccole, percorrendo grandi distanza e rappresentando una seria minaccia per le navi di piccola e media stazza, specie se il moto ondoso è di traverso rispetto al tipo di rotta. Lo scorso inverno onde di questo tipo si sono formate sull’Atlantico settentrionale e davanti le coste irlandesi.
2) “Lo sgambetto”: questo tipo di onde si generano quando una forte corrente marina incontra una successione di grandi onde lunghe che si muovono nella direzione opposta alla corrente. Quando le onde lunghe incontrano la forte corrente contraria tendono a rallentare la loro velocità di propagazione, dato che la corrente marina agisce come una sorta di freno in profondità che ne ostacola il movimento. Tale processo genererà una sorta di vero e proprio “Sgambetto” che può portare le onde in superficie ad accavallarsi le une sulle altre, creando una grande ondata gigante che può raggiungere altezze considerevoli. Il fenomeno dello “sgambetto” è molto comune a largo delle coste dell’Africa orientale meridionale, in particolare davanti le coste del Sudafrica dove sono presenti forti correnti marine di risalita che superano i 5-6 km/h, andando ad interagire con i treni di onde lunghe sfornati dalle grandi tempeste di vento che spazzano l’oceano Atlantico e l’Indiano meridionale, davanti le coste antartiche. Ma il fenomeno dello “sgambetto” è noto anche sul Mediterraneo, soprattutto nell’area dello stretto di Messina, soggetta a perenni e forti correnti di marea che spesso si muovono in senso contrario al vento e al moto ondoso dominante. Ciò capita soprattutto quando nello stretto di Messina, per effetto “Venturi”, si incanalano gli intensi venti meridionali che spingono il moto ondoso fino alla parte centro-settentrionale del Canale. Spesso incontrando la corrente “Scendente”, che si muove da Nord a Sud in direzione opposta ai venti meridionali, queste onde vengono rallentate durante il loro movimento verso Nord, trasformandosi in onde molto ripide e irregolari, molto dure da navigare, che possono superare altezze di 3-4 metri.
3) “La bonaccia momentanea”: il vento delle tempeste origina onde molto grandi, di svariati metri. Lo stesso vento di tempesta, quando diventa molto potente, dissipa e sgretola le creste di queste onde, arrestando un po’ la loro altezza. Quando la tempesta si placa e i venti si indeboliscono sensibilmente, fino a divenire deboli, dando luogo a brevi bonacce, queste grandi onde approfittano di queste calme per raggiungere le massime altezze, visto il venir meno dell’azione del vento come elemento disturbatore. Senza l’effetto del vento, che tende a smorzare l’altezza dei marosi, le onde possono scatenare tutta la loro energia, toccando i massimi “Run Up” che alle volte sono considerevoli. Tavolta alcune di queste grandi ondate prodotte dalle calme di vento che seguono le tempeste si staccano dall’area su cui agisce la tempesta (“fetch”) dirigendosi verso acque più calme, avvicinandosi alle coste. In questo caso questo tipo di onde possono divenire molto pericolose , sia per la navigazione marittima che per le aree costiere, dato che il loro arrivo, pur in presenza di una forte tempesta in mare aperto, può essere improvviso.
4): “La collisione”: questo è il fenomeno forse più raro ma altamente spettacolare. Avviene solo quando grandi onde di tempesta incontrano sulla loro strada un treno di onde lunghe provenienti dalla direzione opposta, poiché originati da venti di tipo convergente o da rapidi cambiamenti nella direzione del vento. Quando le differenti famiglie di onde vengono a contatto si urtano frontalmente, in modo molto vigoroso, generando un’area di acque molto agitate, con un moto ondoso molto confuso, indeterminabile nella direzione. Se le onde che si muovono in senso contrario ai cavalloni della tempesta hanno un altezza significativa spesso lo scontro che si viene a determinare può generare un onda impressionante che può assumere le caratteristiche di una piramide. Tale fenomeno però è veramente raro. Solo occasionalmente si può riscontrare sui mari temperati e alle latitudini sub-polari.