In principio fu la Sars, acronimo per sindrome respiratoria acuta grave, polmonite atipica che dalla Cina dove comparve nel 2002 viaggio’ in aereo nel 2003 sbarcando anche in Occidente. Nel 2005 fu la volta del virus aviario H5N1, che allarmo’ il mondo ma resto’ una pandemia ‘mancata’. Per gli esperti “la vera bomba inesplosa” e mai disinnescata. E alla fine la ‘suina’, che quasi subito preferi’ l’uomo ai maiali e nel 2009, sotto il nome di influenza da virus A/H1N1, fu la protagonista dalla prima pandemia del nuovo secolo. Il nuovo virus aviario H7N9, che per ora sembra confinato entro i confini cinesi, nella parte orientale del Paese del dragone, e’ solo l’ultimo dei ‘nemici invisibili’ che nel Terzo millennio hanno seminato panico e messo alla prova la comunita’ scientifica internazionale. Il virologo dell’universita’ degli Studi di Milano Fabrizio Pregliasco ripercorre per l’Adnkronos Salute le 3 emergenze globali piu’ recenti. La prima e’ appunto la Sars, che nel 2003 infetto’ oltre 8 mila persone con circa 800 morti. Una storia che ha incrociato il tragico destino dell’italiano Carlo Urbani, medico parassitologo consulente dell’Oms che per primo comunico’ all’agenzia ginevrina la minaccia, ma fu contagiato e mori’ lasciando moglie e 3 figli. “Mentre l’origine della malattia e’ ancora misteriosa – ricorda Pregliasco – la causa fu identificata in un tipo di coronavirus, un microrganismo che nella forma piu’ classica provoca una normale infezione parainfluenzale, ma che nella ‘variante’ della Sars attaccava le basse vie respiratorie arrivando agli alveoli polmonari”. L’infezione, continua il virologo, “aveva la peculiarita’ di diffondersi attraverso le goccioline piu’ grosse liberate parlando o tossendo, e di essere contagiosa nella fase in cui il paziente era sintomatico. Proprio questa caratteristica ha permesso di circoscrivere la Sars e presumibilmente di eliminarla, perche’ il malato veniva messo in isolamento e in quarantena”, spezzando cosi’ la catena del contagio. Comparsa per la prima volta nel novembre 2002 nella provincia cinese del Guangdong, la Sars arrivo’ all’attenzione dei media internazionali all’inizio del febbraio 2003. Liu Janlun, microbiologo cinese 64enne dell’universita’ di Guangzhou, a 150 chilometri da Hong Kong, lavorava da mesi giorno e notte per far luce sulla misteriosa infezione che periodicamente colpiva gli animali della zona. Non poteva immaginare che proprio lui sarebbe diventato l”untore’ della malattia contro cui lottava. Durante un breve soggiorno all’Hotel Metropole di Kowloon, Hong Kong, dove passo’ le notti del 21 e 22 febbraio 2003, il ricercatore avvio’ la catena del contagio. Senza saperlo aveva contratto l’infezione, che trasmise ad altri ospiti dell’albergo. Janlun mori’ il 4 marzo in una camera di isolamento del Kwong Wah Hospital, ma il ‘domino’ dell’epidemia si era ormai innescato. “Aveva vomitato in ascensore e cosi’ scatto’ il contagio che da Hong Kong, crocevia del mondo, si diffuse in vari Paesi”, racconta Pregliasco. “Fra l’altro – aggiunge il virologo – i primi malati di Sars erano anche ‘super-infettanti’ perche’ avevano contratto una forma di virus particolarmente maligna. Fra i primi casi secondari ci fu un uomo d’affari vietnamita che pero’ mori’ nell’ospedale francese di Hanoi in Vietnam”, senza quindi ‘esportare’ in Occidente l’agente infettivo che invece “fu portato in Canada da un gruppo di operatori sanitari”. Oltre che per l’isolamento dei malati, puntualizza l’esperto, la vicenda Sars sembra essersi esaurita anche “grazie alla velocissima individuazione del genoma virale e alla sua rapida condivisione nella comunita’ scientifica internazionale. Solo la Cina inizialmente gioco’ male, perche’ sostenendo che si trattava di una forma di polmonite atipica di origine batterica, di fatto rallento’ le azioni di contenimento del virus”. Piu’ complesso, e tutt’altro che chiuso, il capitolo influenza aviaria. “Un problema pandemico a livello veterinario”, osserva Pregliasco, ricordando che “nel 2001 in Italia si diffuse in un allevamento del Nord un virus H7N1 spaventoso, rimasto tuttavia confinato senza avere neppure grossa rilevanza mediatica. Il primo passaggio dagli animali all’uomo risale alla fine degli anni ’90, quando a Hong Kong si registrarono una ventina di casi di H5N1. Successivamente lo stesso virus, tra il 2005 e il 2006, fece temere lo scoppio di una pandemia” mai dichiarata soltanto perche’ “il microrganismo non ha ancora sviluppato una capacita’ completa di trasmettersi da uomo a uomo”. I vari casi segnalati all’interno di nuclei familiari, dice il virologo, “sono partiti tutti da una massiccia esposizione del primo infettato al virus animale, e anche se altri esponenti della famiglia si sono ammalati, la trasmissione successiva ad altre persone non e’ stata documentata”. Si tratta pero’ di “una bomba inesplosa”, tanto che la sorveglianza sull’H5N1 e’ ancora in corso con report mensili dell’Oms, e dati che indicano “una mortalita’ altissima”, commenta l’esperto. Bisogna aspettare fino all’11 giugno del 2009, dunque, per avere dall’Oms la prima dichiarazione di pandemia dai nuovo millennio. Virus protagonista l’H1N1, che “dai suini di un allevamento messicano, nell’aprile di 4 anni fa ‘salto” all’uomo passando poi agli Usa e dando infine il via all’epidemia globale. Dopo una prima ondata estiva, e’ seguita la seconda che in Italia ha coinciso con l’epidemia di influenza stagionale. Nel nostro Paese – continua il virologo – la pandemia ha causato circa 300 morti, su 20 mila decessi accertati nel mondo”. Dopo la dichiarazione ufficiale di fine pandemia, il 10 agosto 2010, l’H1N1 e’ stato declassato a virus stagionale e ha continuato a tenerci compagnia negli ultimi anni. Ora “l’influenza aviaria si e’ rifatta viva in una nuova variante per l’uomo che e’ l’H7N9. Ma i casi scoperti sono solo la punta dell’iceberg – ritiene Pregliasco – considerato anche che poco meno della meta’ sono deceduti e che ci saranno anche forme meno pesanti che non vengono a galla”. “I dati ancora sono pochi”, osserva l’esperto. “L’aspetto positivo di questa vicenda e’ che abbiamo imparato la lezione di Sars e aviaria sul monitoraggio dei nuovi virus. Il significato dei casi portati alla luce e’ ancora tutto da valutare. E’ pero’ importante che si riesca a stanare anche episodi che appaiono ancora come fuocherelli, che si possa tentare di spegnerli sul nascere, avere la percezione della loro crescita. In passato ci arrivava la doccia fredda tutta d’un colpo. Questo non dovrebbe accadere piu'”. Il virus, riflette Pregliasco, “e’ nuovo. Il meccanismo che lo ha originato e’ noto: questi virus hanno la capacita’ di ricombinarsi, all’interno di un organismo ospite si scambiano i pezzi con altri patogeni. Non a caso episodi di infezione animale-uomo capitano soprattutto nel Sudest asiatico dove c’e’ una grande promiscuita’ fra le due specie. Magari l’H7N9 non avra’ la capacita’ di fare il salto e diventare trasmissibile da uomo a uomo, ma noi non dobbiamo abbassare la guardia”.