L’estate artica ha regalato circa due milioni e mezzo di metri quadri in più di oceano ricoperto di ghiaccio rispetto allo scorso anno, con un incremento del 60%.
Il rebound del record minimo raggiunto nel 2012 arriva sei anni dopo che la BBC ha riportato che il riscaldamento globale avrebbe spogliato del tutto l’Artide dei suoi ghiacciai entro il 2013.
Invece, appena qualche giorno prima dell’arrivo dell’autunno, in cui le temperature tornano ad abbassarsi, una lastra di ghiaccio delle dimensioni di metà Europa, si estende dalle isole canadesi alle coste russe.
Il Passaggio a Nord-Ovest dall’Atlantico al Pacifico è rimasto bloccato dalla banchisa per l’intero anno. Oltre 20 yacht che avevano in programma di navigare lungo il passaggio sono rimaste bloccate o hanno dovuto fare marcia indietro.
Alcuni scienziati ora credono che la Terra stia attraversando un periodo di raffreddamento che non terminerà fino alla metà del secolo, un processo che potrebbe rendere le previsioni computerizzate di riscaldamento globale catastrofico alquanto fuorvianti.
La scoperta arriva 11 mesi dopo che The Mail on Sunday aveva acceso il dibattito politico e scientifico rivelando che il riscaldamento globale si è fermato dall’inizio del 1997, un evento che le previsioni computerizzate non erano riuscite a prevedere. A marzo il tabloid inglese ha rivelato che le temperature stavano per scendere al di sotto di quanto previsto dai modelli matematici climatici “con una probabilità del 90%.”
La pausa, ormai accreditata dai maggiori centri di ricerca sul clima, è fondamentale, perché i modelli di previsione sul riscaldamento globale incombente hanno inciso sulla politica economica mondiale, ed ora le previsioni paiono incrinarsi.
Il clamore generato dalle rivelazioni di The Mail on Sunday, amplificate ormai dall’estendersi del ghiaccio artico, ha costretto la IPCC delle Nazioni Unite a convocare un comitato di crisi: l’Intergovernmental Panel on Climate Change infatti, avrebbe dovuto stendere un rapporto a cadenza settennale ad ottobre, ma, insolitamente, si riunirà invece per un pre-summit a Stoccolma alla fine di questo mese.
In un comunicato, l’IPCC rilevava che “al 95%” il riscaldamento globale ha cause umane, ma la questione è molto dibattuta. L’esperta statunitense prof.ssa Judith Curry ha dichiarato ieri che “l’incertezza cresce. E’ ormai chiaro che i modelli sono troppo sensibili all’anidride carbonica. Non capisco su quali basi l’IPCC fondi quel livello di sicurezza.” La prof.ssa Curry si basa sui cicli oceanici a lungo termine, che hanno una vasta influenza sul clima, e suggeriscono che la Terra potrebbe attraversare un periodo simile a quello intercorso tra il 1965 ed il 1975, caratterizzato in media da basse temperature.
Il prof. Anastasios Tsonis della University of Wisconsin, è stato tra i primi a fondare l’assunto sui cicli oceanici: “Stiamo già attraversando un trend di raffreddamento, che credo continuerà almeno per i prossimi 15 anni. Non c’è dubbio che il riscaldamento degli anni ’80 e ’90 abbia subito un arresto. L’IPCC sostiene che i suoi modelli prevedevano uno stop di 15 anni, ma questo significa che tra molti anni dovranno ammettere di essersi sbagliati.”
Bisogna però essere cauti. Il dott. Ed Hawkins della Reading University ha ammesso che i cicli oceanici possono aver causato il riscaldamento fino a poco tempo fa ma “la sola variabilità naturale non è in grado di spiegare l’innalzamento di temperatura degli ultimi 150 anni.”
E’ anche vero che il ghiaccio artico ha mostrato più volte la sua ciclicità: negli anni ’20 e ’30 ha subito un calo drammatico, seguito da una forte estensione che ha raggiunto il culmine nel 1979, quando l’IPCC segna l’inizio della fine certa dei ghiacci artici.
La prof.ssa Curry dichiara: “il comportamento dei ghiacciai nei prossimi 5 anni sarà cruciale, sia per comprendere il clima sia per la politica da seguire. Il ghiaccio del Mar Glaciale Artico è l’indicatore da tenere sotto osservazione.”