Dalla ghigliottina a Sergio Canavero, la storia dei trapianti attraverso i secoli

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TRAPIANTO TESTA FILM - CopiaLa nascita dei trapianti viene fatta risalire, da un’antica tradizione, al III secolo d.C, quando i Santi Cosma e Damiano sostituirono miracolosamente la gamba andata in cancrena del loro sacrestano, con quella di un uomo etiope deceduto poco prima. Le ricerche sul trapianto nascono da uno dei più famosi strumenti di tortura della nostra storia moderna: la ghigliottina che, erroneamente attribuita al Dr Guillotin, è stata per secoli una delle più diffuse macchine mortali. La testa del condannato veniva staccata con un colpo netto, portato a segno da una lama tagliente di metallo, fatta scorrere lungo un percorso obbligato, partendo da una determinata altezza, fino al collo del condannato, comportandone la fulminea decapitazione. La sua creazione si attribuisce a Joseph Ignace Guillotin, nato a Saintes nel 1738, nonostante pare che egli abbia soltanto proposto all’Assemblea l’adozione di un metodo meno barbaro per i condannati a morte.

GUILLOTIN - CopiaPrima si utilizzavano varie tecniche di morte: i nobili appoggiavano la testa su un ceppo e il boia la decapitava con una scure, non sempre al primo colpo; la forca era prevista per i plebei, il rogo per i nemici della chiesa, la ruota per i condannati che morivano, lanciando urla strazianti mentre le loro gambe e braccia venivano brutalmente spezzate ed infine lo squartamento, riservato agli attentatori del re. Forse Guillotin propose semplicemente di trasformare l’esecuzione in uno “spettacolo” meno pubblico e più privato per le povere vittime. Il battesimo della “nuova” Ghigliottina avvenne nell’aprile 1792, per decapitare Nicolas Jacques Pelletier, sotto le pesanti accuse dei critici che la consideravano uno strumento di disumanizzazione e meccanicizzazione della morte. Nonostante Guillotin trascorse buona parte della sua vita a negare la partenità della macchina della morte, i cui diritti vennero rivendicati a spada tratta dal suo reale costruttore, il falegname tedesco Schmidt, a Guillotin continua ad essere attribuita la triste fama dell’invenzione.

La rivoluzione francese e gli anni successivi segnarono il trionfo della macchina da tortura e, tra pile di teste mozzate, gli scienziati del tempo si chiesero se una testa poteva essere isolata dal corpo. Nel 1812, il fisiologo francese Julian Jean Cesar Legallois ipotizzò che una testa, se irrogata con sangue ossigenato, avrebbe potuto continuare a vivere. Questa teoria venne messa alla prova solo nel 1857, quando il dottor Charles Edwuard Brown-Sequard tagliò la testa ad un cane, togliendole tutto il sangue e ripompandolo fresco nelle arterie dopo una decina di minuti. Il medico racconta che nel giro di poco tempo, la testa tagliata tornò in vita, iniziando a muovere gli occhi e il volto con movimenti che, a suo dire, sembravano del tutto volontari. Proseguirono per qualche minuto, fino al tragico epilogo: la testa morì nuovamente tra “tremiti d’angoscia”. Le ricerche sulla separazione della testa dal proprio corpo, proseguirono col dottor Jean-Baptiste Vincent Labord, membro del gruppo “Società per la mutua autopsia”, i cui componenti condividevano il proposito di sezionarsi reciprocamente il cervello, fortunatamente dopo la morte di ognuno di essi! Nel 1884, Laborde divenne il primo scienziato a irrogare di sangue una testa umana tagliata, appartenente ad un assassino, donata dalle autorità francesi, ma non accadde nulla sino al successivo esperimento, in cui il dottore ricevette la testa di un uomo dopo 7 minuti dall’esecuzione, allungando la carotide all’arteria corrispondente di un cane vivo, da cui pompava il sangue. Nonostante Labord segnalò la contrazione dei muscoli facciali e la chiusura della mascella di colpo con uno schiocco, proprio come se l’uomo fosse ancora in vita, non ci fu nessun segno di coscienza. Fu poi la volta di Sergej Brjuchonenko, uno scienziato tedesco vissuto durante l’era stalinista che, alla fine del 1920 tenne in vita per 3 ore la testa di un cane, separata dal proprio corpo, tramite anticoagulanti e una primitiva macchina cuore-polmone da lui sviluppata. Il dispositivo è stato utilizzato con risultati alterni in una serie di esperimenti con canini durante la fine del 1930 e ciò può essere visto negli esperimenti cinematografici del revival degli organismi. Mentre alcuni oggi ipotizzano che il film è una rimessa in scena delle procedure, gli esperimenti stessi sono stati ben documentati, portando lo scienziato ad essere insignito del prestigioso Premio Lenin. Nel 1928 mostrò una di queste teste viventi al 3°Congresso fisiologi Urss, illustrando come la testa tagliata reagisse agli stimoli, sussultando per il colpo di un martello sbattuto dietro di lei, reagendo alla luce, leccandosi l’acido citrico dalle labbra e mangiando persino un pezzo di formaggio che usciva dal tubo dell’esofago posto all’altro capo.

CANE A DUE TESTE - CopiaNel 1954, un chirurgo sovietico, Vladimir Demikhov, ha rivelato al mondo scientifico il suo “capolavoro”: un cane a 2 teste, per l’esattezza, si trattava di un cucciolo di cane impiantato nel corpo di un Pastore tedesco. Le due teste condividevano lo stesso sistema circolatorio, ma vivevano due vite separate (per quanto fosse possibile), svegliandosi ed addormentandosi in momenti diversi. Entrambi gli animali sono deceduti dopo poco tempo per via del rigetto dei tessuti, ma questo non ha fermato Demikhov, che si è cimentato in altre 19 creazioni simili nei successivi 15 anni. Considerato da molti come un folle, da altri come uno dei pionieri nell’ambito dei trapianti, Demikhov ha coniato la parola “trapiantologia”e nel 1960 la sua monografia “trapianto sperimentale di organi vitali”, per la quale ha ottenuto il dottorato, poi pubblicata nel 1962 a New York, Berlino e Madrid, è divenuta la prima monografia a livello mondiale sulla trapiantologia ed è stata per lungo tempo l’unica monografia nel campo del trapianto di organi e tessuti.

ibarnah001p1Si deve a Christian Barnard l’esecuzione, il 3 dicembre 1967, della prima operazione di trapianto di cuore al mondo da una persona ad un’altra persona. Il chirurgo sudafricano, che considerava Demikhov il suo maestro di vita, presso il Groote Schuur Hospital di Città del Capo, in Sudafrica, effettuò il primo trapianto di cuore sul paziente 55enne Lewis WashKansky, che purtroppo fu stroncato da una polmonite 18 giorni dopo. La sua donatrice, Denise Darvall, era una ragazza 25enne, morta in un incidente stradale. Lewis era un commerciante affetto da una grave dilatazione cardiaca che causava scompenso con impossibilità di compiere qualsiasi attività. Barnard, paralizzato alle mani da un’artrite deformante nel dicembre 1987. per uno dei più crudeli giochi della natura, è deceduto per via di un banale infarto a quasi 79 anni. Oltre ad essere stato un ottimo chirurgo, fu un eccellente comunicatore e si cimentò in altri trapianti: il secondo visse 1 anno e 7 mesi, mentre un uomo bianco a cui gli impiantò il cuore di un ragazzo mulatto, mentre era ancora prigioniero dell’apartheid, visse addirittura 20 anni. Quindi, da un lato Demikhov, che riesce a tenere in vita teste di cani impiantate sul capo di altri cani, i cui studi sui problemi di rigetto sanno utili per arrivare ai trapianti moderni, dall’altro Robert White che gli Usa, dall’altra parte del mondo, incaricano, per riuscire ad arrivare al trapianto di testa umana.

TRAPIANTO TESTA WHITE - Copia Robert White ha eseguito il suo primo intervento neurochirurgico a 15 anni, sul cadavere di una rana, durante l’ora di biologia. Ha operato nei 50 anni successivi più di 10.000 cervelli, uno dei quali, è stato considerato nel 1970 come l’esperimento neurologico più ambizioso di tutti i tempi: il trapianto totale di testa. Ha trapiantato con successo la testa di una scimmia sul corpo di un’altra. Dopo poche ore, quando White le mise un dito in bocca, la scimmia gli diede un morso. E’ vero, White ha ucciso molte scimmie nella sua lunga carriera neuroscientifica, ma, nonostante molti ambientalisti lo odino, per molti altri è il salvatore di molte vite umane. Ha scoperto che i tessuti della mente, a differenza di quelli degli altri organi, non possono essere rigettati. Piuttosto che rimuovere il cervello e rischiare la morte, White decise di staccare l’intera testa della scimmia e di trapiantarla. La scimmia, tetraplegica( paralizzata dal collo in giù per la recisione della spina dorsale), sopravvisse quasi 2 giorni dopo il trapianto. I trapianti successivi, pur aumentando l’aspettativa di vita, non hanno mai risolto il problema della paralisi dovuta alla separazione del midollo spinale. Ad assistere al primo trapianto di testa in cui vennero utilizzate due scimmie, c’era Oriana Fallaci che, nel suo reportage “The dead body and the living brain” (il corpo morto e il cervello vivente), pubblicato dal megazine Look, dà un nome alla scimmietta-cavia, un macaco rhesus che lei battezza Libby, qualificandola conme essere vivente e ridandole dignità. L’esperimento di White può essere studiato sotto diversi aspetti: dal punto di vista politico, come simbolo del primato che gli Usa volevano vantare sul nemico comunista, in termini ambientalistici, come violenza su un animale cosciente, in termini etici. White disse che non si sarebbe ancora potuta effettuare un’operazione sull’uomo, dato che l’opinione pubblica non era ancora pronta ad accettare questo tipo di intervento. Gli Usa gli tagliarono i fondi, gli esperimenti proseguirono silenziosamente fino al 2010, anno in cui White morì.

Dr. Sergio CanaveroOra Sergio Canavero, neurochirurgo dell’Università di Torino, annuncia: “tra un paio d’anni saremo in grado di effettuare un trapianto di testa“, proponendo come donatore del corpo un individuo che purtroppo ha perso la vita per un trauma cranico puro, senza lesioni circostanziali a carico degli altri organi, o chi ha avuto un ictus fatale, e come ricevente una persona affetta gravemente da una malattia neuromuscolare degenerativa o un soggetto tetraplegico. Il punto fatidico dell’impresa sta nella possibilità di ricostituire la continuità del midollo spinale. Cadavero ha precisato che speciali materiali chimici (fusogeni o sigillanti di membrana) sarebbero in grado di ripristinare l’integrità di un nervo tagliato. Alessandro Nanni Costa, presidente del Centro Nazionale trapianti, ha ricordato che la legge del trapianto vieta quello di cervello ed organi genitali, commentando che “è una questione di buon senso” e concludendo che si tratterebbe di “trapianti di strutture assolutamente complesse di cui ancora ignoriamo tante cose. Atteniamoci alla sfera della realtà“.

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