Il 6 aprile 2009 è una data che resta scolpita nella memoria degli italiani e non solo, per i danni causati dal terremoto de L’Aquila, che portò alla morte di 309 persone ed alla distruzione di molti paesi, borghi, e del capoluogo di provincia.
Quel giorno, alcune centinaia di km più a nord, mentre in Abruzzo accorrevano i mezzi di soccorso e si scavava disperatamente fra le macerie, a Torino partiva uno storico processo: era il maxiprocesso Eternit, che doveva stabilire le responsabilità di una delle più grandi stragi causate dall’industria in Italia. La strage dell’amianto.
Negli atti dell’accusa, 2.191 nomi di caduti e centinaia di malati, cifre solo parziali di una strage continua, perché le fibre dell’amianto hanno continuato ad uccidere anche dopo la sentenza, fino ad oggi. Quel 6 aprile 2009, per la prima volta in Europa, sedevano sul banco degli imputati i vertici di una industria dell’amianto accusati di responsabilità nella strage: lo svizzero Stephan Schmidaeiny e il belga Louis De Cartier, fra i responsabili dell’industria Eternit. Accusati delle morti legate alla lavorazione dell’amianto nelle quattro sedi italiane di Cavagnolo (Torino), Casale Monferrato, Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli. I capi d’imputazione erano disastro ambientale doloso e inosservanza volontaria delle norme sulla sicurezza.
Quel maxiprocesso, iniziato 5 anni fa, ha avuto recentemente risvolti importanti portando il 13 febbraio 2012 alla condanna in primo grado dei due responsabili della multinazionale. De Cartier e Schmidheiny sono stati condannati a 16 anni di reclusione per “disastro ambientale doloso permanente” e per “omissione volontaria di cautele antinfortunistiche”. Il caso Eternit è stato il primo al mondo in cui i vertici aziendali siano stati condannati. Gli operai al lavoro negli stabilimenti in cui si lavoravano le pericolose fibre di amianto, non erano minimamente informati della loro pericolosità e non indossavano protezioni.
Il 3 giugno 2013 la pena inflitta in primo grado è stata aumentata a 18 anni. La Corte d’Appello di Torino ha inoltre disposto il risarcimento alla Regione Piemonte di 20 milioni di euro e 30,9 milioni per il comune di Casale Monferrato, il più colpito dalla strage dell’amianto. Qui, non solo i lavoratori dell’industria Eternit, ma tutti gli abitanti del paese, hanno subito gli effetti dell’inalazione delle fibre dell’asbesto. Quella dell’Eternit è solo una delle mille eredità velenose dell’industria in Italia. Un settore che ha portato un paese povero e a vocazione agricola quela’era l’Italia, a diventare potenza industriale, ma che allo stesso tempo ha lasciato segni pesantissimi sia sui lavoratori e sulla popolazione, con migliaia di morti per malattie legate alla contaminazione, sia sull’ambiente.