Il Plateau antartico, alla scoperta di uno dei luoghi più gelidi, aridi e inospitali del nostro pianeta

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Di sicuro il Plateau del continente antartico è il posto più gelido e arido del nostro pianeta perché riceve solo una piccola quantità di radiazione solare diretta, a causa della posizione geografica troppo meridionale. In questo angolo sperduto del nostro pianeta, infatti, le precipitazioni sono quasi impossibili, se non in rade occasioni. Nelle aree più interne, proprio li dove si localizza il Polo Sud geografico, il punto più meridionale della Terra, le precipitazioni, che assumerebbero carattere prettamente solido dato le bassissime temperature, sono sconosciute.

La vastità del Plateau antartico, di sicuro il luogo più inospitale del nostro pianeta

In molte aree difatti non si è mai verificato alcun tipo di fenomeno precipitativo, se non soffiate di neve derivate dallo “Scaccianeve” (turbini di neve fatti sollevare dalle impetuose raffiche di vento che battono il continente di ghiaccio) che è una costante del clima estremo del Polo Sud. Questo perché, quasi tutto l’anno, sopra il gelidissimo Plateau dell’Antartide, domina l’anticiclone termico permanente antartico, che assicura in genere cieli limpidi e sereni. Tutto merito dello spesso strato di inversione termica che si origina sopra il Plateau ghiacciato e permette all’aria gelida e molto pesante di stagnare sopra l’immensa distesa di ghiacci (per l’effetto Albedo), inibendo lo sviluppo di qualsiasi tipo di moto convettivo.

Proprio qui  dove domina il potente anticiclone termico permanente antartico (con valori barici che possono raggiungere i 1055-1060 hpa), lo spesso strato di inversione termica creato dall’Albedo mantiene costante e omogeneo l’andamento termico da Aprile a Settembre, periodo in cui prende il sopravvento il cosiddetto “Kernlose winter”, un forte raffreddamento che si realizza con la scomparsa del sole sotto l’orizzonte e rimane pressoché costante per tutto il periodo invernale, con scarsissime variazioni del campo termico nel cuore del continente antartico.

L’occhio di un profondo ciclone sub-polare che borda le coste antartiche

Per oltre 6-7 mesi di fila, in genere da Aprile a Settembre, le temperature nelle zone centrali del Plateau antartico restano inchiodate sotto i -60° -70°. Il “Kernlose winter” difatti rappresenta la grande peculiarità del clima antartico, visto che è quasi sconosciuto nell’emisfero boreale, tranne che per alcune ristrette zone dell’altopiano ghiacciato della Groenlandia, dove il fenomeno risulta ben più attenuato e regolare rispetto all’Antartide. Sovente il “Kernlose winter” si protende fino alla fine del mese di Settembre e all’inizio di Ottobre, prima che lungo le coste antartiche si originano i profondissimi cicloni extratropicali sub-polari (possono presentare minimi di 940-930 hpa) che richiamano correnti di matrice oceanica, più temperate e umide, che possono penetrare fin dentro il Plateau, determinando dei rialzi termici che vanno a rompere lo strato di inversione termica che ha mantenuto in vita il “Kernlose winter”, con un conseguente rinforzo dei venti.

Uno scatto sulla celebre base russa di Vostok

Pur essendo l’unico continente della Terra circondato da ben tre oceani, avendo a disposizione una grande quantità di acqua e vapore acqueo pronto ad essere trasferito nella troposfera, essa rimane quasi sempre ghiacciata e mai disponibile in forma liquida. Al contrario di quanto si pensa proprio nel periodo invernale (inverno australe) l’attività ciclonica sub-polare diventa molto più intensa, quando l’ingerenza delle correnti umide oceaniche si fa strada all’interno del continente. Proprio in questo periodo dell’anno i sistemi frontali annessi ai profondissimi cicloni extratropicali dei mari antartici riescono a sconfinare fino al cuore del Plateau del continente australe con i loro sistemi nuvolosi, apportando alle volte pure delle residue precipitazioni nevose. In larga parte le precipitazioni che interessano il Plateau antartico sono costituite da piccoli fiocchi di neve farinosa ghiacciata e aghi di ghiaccio, come quelli rilevati in molte basi nel cuore del continente ricoperto dai ghiacci. Prendendo in esame i dati d’archivio della base russa di Vostok (una delle più famose per la climatologia antartica), scopriamo che nel periodo 1958-2004 la media pluviometrica si attesterebbe intorno ai 19.9 mm. In 492 mesi rilevati (fino al 2004) se ne contano 102 con assenza totale di precipitazioni. Il mese in cui non si osservano precipitazioni è Dicembre, la cui media si attesta sui 0.6 mm. Maggio è invece il mese più piovoso per Vostok, con una media di ben 2.6 mm.

I mesi con più precipitazioni sono sempre quelli invernali. Gli estremi annui pluviometrici variano dai 0.2 mm del 1982 e 1995 ai 66.4 mm del 1958. Il mese più abbondante è stato il Giugno 1958, con ben 18.6 mm. Records tuttora imbattuti nella base russa. Occorre però anche ricordare che spesso gli accumuli pluviometrici vengono sottostimati dai forti venti “Catabatici” (venti tempestosi, possono superare pure i 300 km/h, prodotti dai notevolissimi divari di densità, e quindi di pressione atmosferica, fra le gelide masse d’aria che stazionano sopra il Plateau Antartico, dove si ha un potente anticiclone permanente tutto l’anno, con l’aria più mite presente sui mari che bagnano il Polo Sud, dove invece prevalgono profondi sistemi depressioni, con minimi che possono sprofondare sotto i 940 930 hpa, che sfrecciano per i mari del sud, portando continue tempeste, tanto da rendere questi bacini tra i più tempestosi del pianeta visto la totale assenza di terre emerse) che spesso battono il Plateau, rendendo le precipitazioni quasi orizzontali.

I resti del Pegasus, stazione MCMurdo, Antartide
I resti del Pegasus, stazione MCMurdo, Antartide

In determinate condizioni, specie durante l’autunno o l’inverno australe, quando sui mari sub-antartici si sviluppano quelle profondissime “depressioni-uragano” (minimo al suolo anche al di sotto dei 940-935 hpa) e si vengono a determinare incredibili “gradienti barici orizzontali” con il Plateau, dominato dall’anticiclone permanente sopra i 1040.1045 hpa, si riescono a sollevare degli uragani di vento di potenza straordinaria, capaci di ridurre la visibilità orizzontale a pochi metri per l’immenso “scaccianeve” sollevato sui ghiacciai. In queste occasioni non di rado si sperimentano raffiche che agevolmente possono superare l’impressionante soglia dei 300 km/h. A volte i venti sono talmente violenti da distruggere le basi e le stazioni di ricerca posizionate sul territorio antartico.

Antartide_01Ad esempio, il 16 maggio 2004, la stazione Mc Murdo è stata letteralmente devastata dalla tempesta più intensa degli ultimi 30 anni, con raffiche fino a 188.4 mph, circa 303 km/h. Quando i “venti catabatici” si attenuano o cessano del tutto, le masse d’aria marittima possono muoversi verso l’interno del continente, spesso portando nuvolosità e precipitazioni, ovviamente nevose. Ciò capita spesso sulla regioni dell’Ice Shelf, dove i potenti “venti Catabatici” spesso vengono deviati dalla presenza di grandi montagne arrivando indeboliti lungo le coste. Molte volte questo tipo di fortunali sono improvvisi e molto difficili da prevedere per tempo con una certa precisione.

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