Il rumore continuo in mare aperto dovuto al traffico navale ha un impatto molto negativo sulla riproduzione delle balene. Lo denuncia il professore dell’Universita’ di Pavia Gianni Pavan a Genova per inaugurare la nuova campagna di Marevivo a difesa dell’ecosistema marino, a bordo della nave della Marina militare, Palinuro. “Abbiamo negli oceani milioni di navi che fanno rumore – spiega – producono un ‘tappeto’ sonoro a bassa frequenza che ha un impatto significativo sugli animali, impedisce la loro comunicazione, provoca stress, l’abbandono di determinate aree marine e impedisce alle balene di corteggiarsi”. “Ci sono balene che si corteggiano come le megattere a 400 chilometri di distanza a cui il rumore delle navi impedisce di comunicare – sottolinea Pavan – perche’ il rumore maschera i segnali delle balenottere che usano le bassissime frequenze e questo ha un grave impatto sulla loro riproduzione”. Le misure del rumore in acqua sono completamente diverse da quelle in aria: “se all’aperto 20-30 decibel rendono per un uomo un ambiente silenzioso e 100-110 lo rendono molto rumoroso, in acqua si raggiungono i 180-190 decibel di rumorosita’ e una nave puo’ arrivare a produrne tanti. A quei livelli, per una balena, sarebbe come per un uomo avere accanto un jet al decollo”, spiega il professore. Pavan, per spiegare il ‘tormento’ a cui i cetacei sono sottoposti, sottolinea che “in mare soprattutto le basse frequenze si propagano su grandissime distanze perche’ mentre l’aria e’ elastica e assorbe il suono, in acqua il suono si propaga su centinaia di chilometri, un aereo che passa a due chilometri non ci disturba piu’ di tanto, una nave che passa a due chilometri genera un rumore molto forte”. “La preoccupazione degli scienziati per il problema del rumore e’ nata dagli episodi acuti come i sonar, la ricerca petrolifera. Ma le sorgenti di rumore di origine umana comprendono anche le esplosioni marine, le centrali eoliche in mare, le prospezioni sismiche con airgun, non solo il rumore continuo dovuto al traffico navale”.