Vengono classificati come piante, ma non operano la fotosintesi clorofilliana; molte specie sono dei veri e propri parassiti, ma cedono alla pianta ospite nutrimenti preziosi. Sono sicuramente una delle specie viventi più studiate e su di essi si è detto tutto e il contrario di tutto ma senza ombra di dubbio, una volta in tavola, niente delizia il palato come loro. Il nome scientifico è miceti, dal greco mykés e, pur facendo parte del regno vegetale, la loro riproduzione avviene tramite le spore, microscopiche cellule che il fungo lascia cadere a terra in enormi quantità.
Composto da milioni di ife, sottilissimi filamenti, il micelio è il corpo centrale del fungo, che rimane però nascosto quasi interamente sottoterra, mentre il carpoforo è il frutto della “pianta” e costituisce la parte visibile, quella che fa bella mostra di sé sulle nostre tavole. Caldo e umidità sono le condizioni ottimali per la proliferazione delle spore, oltre a una rigogliosa vegetazione da cui trarre il nutrimento necessario…di conseguenza l’ambiente silvestre è senza dubbio l’incubatrice perfetta. I funghi, per via della loro misteriosa biologia, hanno attirato il nostro interesse sin dai tempi più remoti. Pur non sapendo in che modo l’uomo primitivo riuscisse a distinguere quelli commestibili da quelli pericolosi, sicuramente egli si avvaleva dell’esperienza e dell’istinto che aveva a disposizione per salvarsi la pelle e le poche testimonianze che ci sono pervenute, ritrovamenti nei resti di palafitte, ci dicono che ad esempio veniva usato il “Polyporus fomentarius” per accendere il fuoco.
La prima rappresentazione esplicita documentata è stata ritrovata nel deserto del Sahara e per i padri della moderna etno-micologia (in particolare R. Gordon Wasson), questa testimonianza dimostra che l’uso di funghi allucinogeni risale al periodo Paleolitico e che avveniva in contesti e rituali di natura mistico-religiosa. Nel settembre del 1991, alcuni scalatori trovarono sulle Alpi tirolesi, a 3.500m slm, una “mummia” datata 5300 anni che chiamarono “the Iceman”; un uomo primitivo aveva con sé un kit medicinale contenente un fungo Piptoporus betulinus, importante per le sue attività antibiotiche e vermifughe e una massa lanuginosa ottenuta dal fungo Fomes fomentarius. Studi hanno dimostrato che era infettato da vermi intestinali e che quindi si stava probabilmente curando con i funghi. Geroglifici egiziani di 4600 anni fa attestano che i Faraoni pensavano che i funghi fossero “erbe dell’immortalità”. Gli antichi egiziani credevano che i funghi selvatici fossero i “figli degli Dei”, mandati sulla terra attraverso i fulmini e per questo solo ai Faraoni era permesso mangiarli. Nella lontana civiltà greca, i funghi erano particolarmente temuti e guardati con sospetto perché ritenuti velenosi. In seguito poi, nei secoli, entrarono nel folclore popolare con versioni poetiche e leggende fantastiche. Secondo una di queste, i funghi sarebbero nati dalle briciole di pane cadute in un bosco da due pagnotte che Gesù e San Pietro stavano sbocconcellando mentre camminavano nella foresta, le due pagnotte erano, l’una bianca e l’altra nera, e le briciole cadute originarono i funghi buoni e quelli velenosi.
Gli Atzechi e i Maya consideravano i funghi allucinogeni “carne divina” (Teonanacati), mentre, tra le popolazioni siberiane, l’Amanita muscaria era ed è usata collettivamente, in occasione di cerimonie e di feste, oppure impiegata dagli Sciamani per favorire la trance durante le pratiche curative o per contattare gli spiriti dei morti, nelle pratiche divinatorie e nell’interpretazione dei sogni, oltre ad essere impiegata come fortificante nel corso dei lunghi spostamenti della caccia. Nella civiltà Romana, invece, il fungo, pur apprezzatissimo per le qualità culinarie, diventò anche simbolo di morte Il termine fungus significherebbe “portatore di morte” (dal latino funus = morte e ago = porto, portare). Sono vari gli episodi, tra leggenda e realtà, legati alla concezione funesta dei funghi. Si narra ad esempio che l’imperatore Claudio era così ghiotto di funghi che morì proprio a causa di questi: la moglie Agrippina, conoscendo il suo debole culinario e desiderando mettere sul trono, al suo posto, il figlio di primo letto Nerone, lo avrebbe fatto avvelenare proprio con funghi velenosi. Nei paesi dell’Europa dell’est, invece, i funghi costituiscono una parte importante della dieta e sono utilizzati a scopo medicinale. Ma la vera tradizione dell’uso dei funghi medicinali viene dall’Oriente, dalla MTC di tradizione Taoista. La MTC riconosce vari tipi di funghi medicinali e li inserisce in terapia come corrispondenze naturali a varie patologie/organi per tonificare il Qi e riequilibrare lo yin e lo yang che viene alterato in corso di malattia.
Tante le pericolosissime e infondate credenze che ancora oggi, purtroppo, permangono: Plinio nel I sec. dC, scriveva che se i funghi nascevano in terreni contenenti “bottoni di metallo, chiodi da scarpa, ferri arrugginiti, panni putrefatti” diventavano velenosi perché la loro natura “è di assorbire qualunque veleno”. Da qui la deleteria credenza che tutti i boleti raccolti in alta montagna o in boschi impervi, in territori cioè non contaminati dalla presenza umana, siano innocui. Pier Andrea Mattioli, medico del ‘500, assicurava che “le persone avvedute distinguono benissimo i velenosi quando li preparano per la cottura. Infatti essi, tagliati, cambiano il loro colore più volte. Quando si spezzano diventano prima verdi, poi di color rosso nerastro e quindi blu scuro, che alla fine si converte in nero”. Il verde, considerato anticamente color della pazzia, della disperazione e della bile malvagia ed il nero, colore mortifero e diabolico, portarono alla stupida credenza di cuocere sempre i funghi insieme a qualcosa di bianco come cipolla, mollica di pane o aglio (che se scaccia i vampiri vuoi che non debelli le Amanite Phalloidi?): se questi rimanevano chiari, non vi era alcun pericolo. Giuseppe Pitrè, che pure era un medico, nel 1870, a proposito di avvelenamento da funghi scriveva “La vera cura è prevenire l’avvelenamento stesso assicurandosi dell’innocuità dei funghi. A tal’uopo per sincerarsi se siano o no velenosi, si bollisce con essi un cucchiaio d’argento. Se il cucchiaio annerisce, son velenosi; se no, no.” E questa assurda usanza perdura tutt’ora in molte zone d’Italia nelle quali si usa anche mettere nella pentola dei funghi una o più monete di rame, aggiungendo batteri e tossicità ad eventuale veleno. Alcuni ancor’oggi giurano che i funghi mangiucchiati da chiocciole siano di sicuro buoni: “Conoscete forse qualche lumaca autolesionista?” dicono.
Altre assurde credenze popolari assicurano commestibili anche quelli che, cotti in abbondante prezzemolo, non lo tingano di giallo; così come reputano ottimi quelli che, rosolati con un tocco di ferro, non lo corrodano: e quasi ovunque annientano (insieme alla famiglia e agli amici invitati a cena) ogni dubbio, asserendo che, in caso di fungo sospetto, basterà sobbollirlo nell’aceto, unendo magari piccioli di pera per cancellarne ogni veleno. Tanti i modi di dire sui funghi: “Andare a cercar funghi”, ossia “indossare un abito a rovescio”, si riteneva che portasse fortuna ai cercatori di funghi ed ha forse origine dall’abitudine di rigirare i vestiti per non danneggiarli; “Avere la vita dei funghi” significava “avere vita breve o breve durata” ; “Cercare funghi” stava per “ andare in giro senza meta, bighellonare “, mentre “Crescere, venir su come un fungo” voleva dire “crescere senza cultura e educazione “(nel caso di persone) o “ crescere troppo in fretta “( nel caso di cose) Inoltre, “Essere un fungo” vuol dire “essere una persona disonesta”, mentre “essere un fungo di rischio o fuori stagione” significava. rispettivamente “essere una persona di cui non ci si può fidare o essere o sentirsi fuori posto. “Far le nozze coi funghi (o coi fichi secchi)” equivale a “voler ottenere molto spendendo troppo poco”, Far nascere qualche buon fungo significa avere qualche buona ideale mentre “Far nascere qualche fungo” vuol dire “ trovare un pretesto, frapporre ostacoli “. Qualche proverbio : “Al primo tono nasce il prognolo” (il prugnolo nasce subito dopo le prime piogge primaverili (proverbio toscano), “Fra maggio e giugno fa il buon fungo” (i primi porcini nascono in questi mesi ) e “Gli inconvenienti degli Stati sono come i funghi” (nascono all’improvviso, inaspettatamente ), tutti e tre proverbi toscani. Ed in caso di intossicazione, che dicono i folli esperti della domenica? Che basta un poco di olio di ricino (Piemonte, Veneto), indurre il vomito con aceto e sale (Lazio), bere un decotto di origano (Sardegna, Liguria)… tanto varrebbe seguire il consiglio del medico Dioscoride: quello di ingerire “sterco di pollo impastato a miele e aceto”. Per questo i siciliani cinicamente dicono “Ca’ mori per li funci, ‘un cc’è nuddu chi lu chianci”, chi muore per colpa dei funghi, non c’è nessuno che lo pianga, perché l’ignoranza incosciente spesso non fa pena.