Acque sulfuree, fanghi, vapori e sorgenti d’acqua calda. Le fonti termali sono sempre più meta di un turismo attento alla salute e al benessere. Se sappiamo tutto sui benefici di queste fonti per pelle, vie respiratore, patologie vascolari e articolari, cosa conosciamo delle loro origini? Ce lo spiega in un interessantissimo articolo Cecilia Migali sull’Almanacco della Scienza del CNR, col contributo di Giancarlo Ciotoli, dell’Istituto di geologia ambientale e geoingegneria (Igag) del Cnr.
“La storia delle sorgenti termali è legata al ‘cuore’ caldo della Terra e all’energia che esso emette costantemente verso la superficie”, spiega Giancarlo Ciotoli. “Ad alimentarle è l’acqua piovana, che inizia il suo percorso quando scende in profondità attraverso strati di roccia permeabile e fratturata”.
“Durante il suo percorso sotterraneo l’acqua discioglie sali e/o gas a seconda delle rocce che attraversa, aumentando la sua temperatura di circa 1 °C ogni 33 metri. Quando è in profondità, può incontrare strati impermeabili e dare origine a sacche in cui si accumula, le cosiddette falde acquifere. Gli elevati gradienti di pressione permettono all’acqua di muoversi per lunghe distanze e permanere per molto tempo, continuando così ad arricchirsi di sali minerali e acquisendo caratteristiche fisico-chimiche diverse, quali ad esempio le acque sulfuree o salso-bromo-iodiche”, prosegue il ricercatore dell’Igag-Cnr.
“In genere la risalita si verifica lungo le linee di frattura e di faglia della crosta terrestre che caratterizzano le aree vulcaniche e a sismicità più o meno elevata. Tuttavia, in Italia abbiamo sorgenti termali anche in zone dichiarate asismiche come la Sardegna, o alcune zone lungo la costa adriatica”, precisa Ciotoli. “Le acque quindi risalgono lungo le zone di frattura, dove perdono improvvisamente pressione rilasciando i gas in esse disciolti. A seconda del percorso seguito nel sottosuolo, e quindi della profondità, da cui dipendono pressione e temperatura, l’acqua può sgorgare. In Italia ad esempio, le acque termali dei Colli Euganei nella loro discesa raggiungono una profondità di circa 3.000 metri, e percorrono il loro tragitto in un tempo di circa 25 anni a risalire lungo le fratture a una temperatura media di 75°C, con arricchimento di elementi quali cloro, sodio, potassio, magnesio, zolfo, bromo, iodio, silicio”, aggiunge Ciotoli.
“L’attuale forte richiesta di mercato e il grande sfruttamento in qualche modo stanno contribuendo a mettere a rischio questo patrimonio naturale. In molti casi infatti per estrarre l’acqua si effettuano perforazioni sempre più profonde che abbassano il livello di base della falda, riducendo nel tempo la disponibilità di acqua”, conclude Ciotoli.