L’alluvione nel Gargano? Era scritta nell’antica organizzazione geodetica dell’alta Puglia. La prof.ssa Marisa Grande, del Movimento Culturale Synergetic-art, già nell’autunno 2010 in un articolo pubblicato sulla rivista ANXA news aveva illustrato alcuni particolari particolarmente interessanti ed attualissimi dopo i catastrofici eventi dei giorni scorsi. Riportiamo integralmente l’articolo:
Anche se la conformazione geologica dei territori è molto complessa, tanto nella piccola, quanto nella grande scala territoriale, con il sistema delle celle geomorfologiche in espansione intorno ad un centro irradiante energia, è comunque possibile rendere leggibili su base geometrica le dinamiche che regolano l’attività vibrazionale della terra, dipendente dai cicli d’inclinazione dell’asse terrestre. I recenti terremoti verificatisi intorno all’area garganica (Iside e Emsc terremoti INGV), infatti, non possono essere stati causati solamente dall’attività sismica della cella geomorfologica della Capitana, con il centro compreso tra Masseria d’Azzara e Masseria La Quercia, intorno al quale è stato possibile leggere la distribuzione di terremoti storici (www.anxa.it n. 7/8 – Luglio-Agosto 2010), ma anche per gli input sismici ricevuti dalle altre celle limitrofe, come avviene per ogni sistema complesso.
Nel 1889 un terremoto di magnitudo 5.55 registrato dal centro sismologico di Apricena (FG) colpì contemporaneamente tutto l’Appennino e si estese anche nel trentino, ossia l’energia tellurica interessò i centri delle celle collegati tra loro da un arco rivolto verso la macro-cella continentale europea che ha il suo centro in Ungheria, nei pressi di Budapest, la cui forza di espansione, contrastata dalla spinta verso nord della placca adriatica, provoca frequenti terremoti nell’area balcanica. Agendo verso ovest modella le due coste adriatiche e verso est la costa occidentale del Mar Nero.
Il modello geometrico di suddivisione a celle circolari del complesso sistema morfologico della crosta terrestre corrisponde ad una matrice di origine elettromagnetica, impressa sulla superficie esterna del mantello terrestre, i cui impulsi vengono trasmessi all’esterno, facendo aggregare, per elezione dovuta a proprietà affini, i materiali che compongono la litosfera. I centri di fuoriuscita di elettromagnetismo che irradiano energia, corrispondono ai punti di arrivo sulla superficie terrestre dei moti convettivi interni, evolventi intorno a minerali buoni conduttori incolonnati lungo lo spessore del mantello terrestre, i quali conducono all’esterno i flussi di elettromagnetismo prodotti a causa dell’attrito tra i minerali alla base del mantello e quelli fusi sull’involucro incandescente del nucleo in rotazione.
Ne deriva che sulla crosta terrestre i minerali a minore conduzione si dispongano, quasi per ordine gerarchico dipendente dall’espansione da un centro magnetico, verso l’area periferica circolare di ogni cella. Tali minerali, che hanno minore forza di aggregazione, costituiscono il materiale di ricambio della litosfera rinnovabile. Scossi da terremoti e inabissati per subduzione, si fondono alla base del mantello e, divenuti più leggeri, riemergono in stato di magmi, che ciclicamente incrementano l’attività vulcanica del pianeta. La tipologia frattale del sistema fa sì che la lettura dell’organizzazione territoriale su base elettromagnetica possa essere rapportata alla medesima configurazione a cella circolare in ogni tipo di scala, dalla grande alla piccola. Nell’area mediterranea la vicinanza delle terre implica una connessione complessa tra celle ravvicinate, le quali, aggregandosi come bolle di sapone, aderiscono tra loro secondo un sistema che descrive forme esagonali e altre derivate, nelle quali si possono leggere dei simboli universali ideo-grammatici, archetipi semantici, che contengono criptata un’antica conoscenza collegata alla geometria sacra. (Poster “Archetipi e celle geomorfologiche”, elaborato da Marco Lucio Sarcinella sulla base della mia teoria in occasione della Conferenza Nazionale di Geomitologia indetta dall’Istituto Superiore per la Ricerca Ambientale-ISPRA, svolta nei giorni 6-7-8 ottobre 2010 a Policoro in provincia di Matera). (M. Grande “La geomitologia è una scienza nuova a carattere interdisciplinare che salvaguarda il territorio”, 10-10-2010 http://www.corrieresalentino.it ).
Tale conoscenza sacra si basava sulla capacità di antichi geomanti di percepire l’energia elettromagnetica, in base alla quale individuare i centri d’irradiazione di ogni cella, che, espandendo il territorio, lo configuravano. La compressione verso la circonferenza periferica dei materiali più elastici li fa corrugare e crea vulcani trascorrenti ad arco su bacini magmatici fissi, i cosiddetti “anelli di fuoco” , oppure catene montuose ad arco, il cui materiale, spesso poco omogeneo, è soggetto a frane e a crolli nelle faglie di congiunzione circostanti.
L’organizzazione geodetica di origine megalitica, riproducente la forma di “tela di ragno” con la disposizione dei megaliti su cerchi concentrici, assecondava la tendenza all’espansione della cella geomorfologica. Particolari pietre o altri minerali, scelti per la loro capacità di conduzione elettrica venivano collocati, invece, sui nodi creati da intersezione dei cerchi con raggiere, per captare e rendere coerenti le linee di flusso del campo magnetico terrestre. Tale operazione serviva ad imbrigliare, ricondurre al centro e stabilizzare i campi elettromagnetici prima che, irradiandosi verso le periferie, con la loro carica elettrica trasformata in energia sismica, potessero diventare distruttivi, provocando movimenti sismici di elevata intensità, crolli tettonici e attività vulcaniche.
Nell’alta Puglia, la cella con centro in Masseria d’Azzara- La Quercia corrisponde ad una cella minore, compresa, secondo il sistema proporzionale di tipo frattale, all’interno di una cella maggiore, con centro nel Golfo di Manfredonia, che si estende fino alle coste adriatica orientale, tirrenica e ionica. La dimensione di questa cella corrisponde a quella del modulo di base dell’area mediterranea, dettata dal triangolo di fuoco tirrenico composto dai vulcani Marsili, Vavilov e Vesuvio, con attività sismico-vibrazionale basata sull’armonica sei. (www.corrieresalentino.it).
Una cella geomorfologica così estesa avrebbe sicuramente messo i dauni in condizione di interferire con i popoli circostanti. Inglobando non solo l’area di N-W della cella Peuceta, con centro in Monte Sant’Elia, ma anche parte dei territori delle attuali regioni Basilicata, Campania e Molise, avrebbe creato l’oggettiva difficoltà a stabilire i reali confini del territorio dauno. Il problema consisteva nel dover scegliere tra il sistema geodetico megalitico a celle circolari basato sulla naturale espansione della cella geomorfologica o descrivere confini lineari naturali, come la Catena dei Monti Dauni e le valli attraversate dai fiumi Fortore ed Ofanto, sistema privilegiato dagli antichi popoli italici confinanti e mantenuto nel tempo.
Anche la frequentazione invernale del Tavoliere da parte di pastori nomadi provenienti dalle terre confinanti, i quali praticavano la transumanza con esemplari di capri-ovini e di bovini, il cui allevamento aveva avuto inizio in fase neolitica, estendeva la rete delle vie armentizie ben oltre i confini politici del dominio dauno.
La grande cella con centro nel Golfo di Manfredonia rende frastagliata e disseminata di isole la costa orientale adriatica e in Italia delinea parte di costa tirrenica e ionica. Nell’area interna della penisola passa per Pescara, per il Vesuvio, per il Monte Pollino e per Brindisi, località corrispondenti ai centri delle sei celle uguali che la intersecano, rendendo complesso il semplice sistema modulare.
All’interno della grande cella gli stadi di espansione sono segnati da circonferenze concentriche di minore dimensione, ma vi sono anche, secondo il sistema frattale, piccole celle decentrate. Una è quella che circoscrive il Promontorio del Gargano, le sue coste e il corso del torrente Candelaro, i cui sedimenti in milioni di anni hanno colmato il braccio di mare che lo isolava e lo hanno congiunto alla terraferma. Geologicamente distinto dal territorio circostante, infatti, il Gargano si ergeva isolato sul mare, con le sue alture compatte dei monti Sacro (m.872), Spigna (m.1008) e Calvo (m.1056), che ne compongono la dorsale.
La precisa geometria del sistema fa sì che la circonferenza della cella avente il centro nel mare di Manfredonia, proprio quella che descrive perfettamente la curva del golfo omonimo, passando attraverso la Foresta Umbra, centro della piccola cella del Gargano, intersechi anche una circonferenza intermedia della cella “d’Azzara-La Quercia”, quella che modella la costa nord della Puglia. Quale circonferenza periferica, questa, delinea il tratto di costa esteso tra i laghi di Lesina e di Varano e proseguendo verso N-W segue anche l’andamento curvo del Lago di Occhito. I bacini lacustri si pongono perciò su un’area geologicamente debole e la configurazione dei laghi Lesina e Varano è maggiormente soggetta a modifiche ambientali, poiché risente tanto delle dinamiche proprie dell’attività sismica ciclica, quanto di eventi catastrofici sottomarini che in passato hanno provocato devastanti onde anomale, come lo tsunami del 30 luglio 1627.
Alla modellazione delle coste contribuisce, infatti, l’interazione combinata tra l’azione prodotta dall’erosione marina e l’energia tellurica distruttiva, che provoca crolli in mare di materiale crostale friabile. Per il Lago Occhito, che si colloca sulla medesima corona circolare che comprende i laghi di Lesina a Varano, vale il medesimo discorso, poiché è posizionato sul lungo fronte di sovrascorrimento che, come una paleocosta, delinea la piattaforma apula, compresa tra le catene montuose appenninica e dinarico-ellenica.
Lungo tale direttrice vi è la lunga Fossa Bradanica, composta da depositi, la quale separa l’Appennino Calabro-Lucano dall’ Avampaese apulo. La faglia sottostante proviene dall’Adriatico e, attraverso Pescara, raggiunge il litorale ionico, dopo aver percorso una lunga valle di depositi marini solcati dai fiumi Bradano, Basento, Cavone, Agri e Sinni, che sfociano sul litorale della Basilicata compreso tra Metaponto e Policoro.
L’interazione di spinte geologiche ha determinato nel tempo la formazione di faglie orizzontali tutte parallele alla costa nord della Puglia, quali: la faglia Pescara-Dubrovnic, quella delle Tremiti e quella garganica estesa tra San Marco in Lamis e Mattinata e la faglia Nord Salentina all’altezza di Taranto e la Sud Salentina tra Leuca e Corfù.
Il territorio garganico non attraversato dai depositi fluviali risulta calcareo e carsico ed è perciò costellato da molteplici grotte, che costituirono ripari e luoghi di culto per l’uomo della paleo-storia, soprattutto se percorse da fiumi ipogei.
Nel territorio dell’Alta Puglia vi sono siti archeologici ipogei risalenti al Paleolitico, quali la grotta Paglicci, presso Rignano Garganico, la quale attesta, con i suoi numerosi strati archeologici e le sue antiche pitture rupestri, la continuità di frequentazione dell’Homo, dal Sapiens Neandertal al Sapiens-sapiens Cro-magnon.
La permanenza in grotta contribuiva ad affinare la sensibilità preposte a percepire le energie della natura e inventare modi per mitigare l’azione distruttiva di flussi elettromagnetici veicolati dai sali ionici disciolti nei flussi idrici sotterranei.
La frequentazione, con intenti equilibranti quel territorio percorso da faglie, da parte del popolo costruttore di megaliti che aveva elaborato il sistema per rendere coerenti le linee di flusso elettromagnetico e neutralizzare il loro carattere distruttivo, è testimoniata anche intorno alla grotta di Rignano e presso Vieste. I dolmen ricordati a memoria d’uomo in area garganica oggi sono andati distrutti, anche se nel pianoro di Santa Trinita, al confine tra San Marco in Lamis e San Nicandro Garganico, nel 2007 è stato individuato un complesso composto da tre cerchi dal diametro di circa 50 metri e da specchie, delle quali una nel centro di uno dei cerchi, che hanno fatto pensare ai ricercatori Gabriele Tardio e Ludovico Centola che si possa trattare di costruzioni di tipo megalitico. I cerchi qui rinvenuti fanno pensare ad allineamenti di tipo astronomico, tipici del megalitismo, a differenza della grande quantità di recinti a forma di “C”, corrispondenti a trincee di drenaggio scavate nella piana della località archeologica di Passo di Corvo, presso Foggia, abitata sin dal VI millennio a.C. Tale sensazionale scoperta, collegata ad oltre duecento insediamenti neolitici rinvenuti nell’ampia piana foggiana interposta tra l’anticlinare del Gargano e le Murge, avvenne nel 1946, quando il Bradford analizzò le fotografie aeree scattate dalla Raf durante la seconda guerra mondiale. Proseguirono gli studi Dinu Adamesteanu (1962), E. M. De Julis, Sante Tinè, rinvenendone ancora un altro centinaio. Dall’analisi della configurazione geologica e idrologica, effettuata da Giuseppe Leuci del dipartimento di Paleontologia dell’Università di Napoli, è emerso che la funzione dei recinti a “C” era di drenaggio di un bacino naturale, i cui bordi sono delineati da un canale perimetrale che li comprende, effettuato ai fini di favorire il flusso delle acque della falda freatica, interrotta nel sottosuolo da numerosi banchi di argilla presenti nel territorio. Si tratta, quindi, di un’operazione di bonifica e di utilizzo delle acque, tramite l’impedimento alla loro emersione periodica e il ristagno in superficie.
Su lame e grotte già adibite da millenni a siti di carattere cultuale, presenti lungo l’estensione della faglia maggiore e delle faglie secondarie, sorsero anche in fase storica luoghi di culto, con l’intento di placare le divinità preposte alla modellazione del suolo (Ercole, Dioniso, Giano, che avevano il loro riferimento primo nella via maestra del cielo indicata da Orione), ai fini di poter limitare i danni dell’inevitabile carattere distruttivo dei movimenti tellurici.
Continua, infatti, anche in epoca moderna il culto praticato in grotta e ne sono esempio i siti allineati lunga la direzione W-E della faglia garganica, quali San Marco in Lamis, San Giovanni Rotondo, Monte Sant’Angelo e Mattinata.
In posizione intermedia lungo l’ Appia-Traiana, sulla via denominata in fase medioevale “Micaelica”, si trova la grotta di Monte Sant’Angelo, una delle cavità carsiche poste alle pendici della dorsale garganica, dedicata sin dal 490 d.C. al culto di San Michele, l’Arcangelo combattente per riportare ordine nel caos.
Divenne meta di pellegrinaggio di coloro che provenivano dal nord attraverso le vie della fede: Romea, Longobardorum, Francigena, per proseguire, poi a sud lungo la Puglia, dove sono numerosi i santuari e le chiese dedicate all’Arcangelo Michele.
Tappa finale italica per molti pellegrini era la chiesa dedicata alla Madonna Annunciata del Capo di Leuca, baluardo dell’Europa cristiana, proiettato verso la Terrasanta seguendo la via maestra del meridiano fondamentale naturale dettato dal percorso celeste della costellazione di Orione.