Mentre incalzano le polemiche fra le istituzioni, le stesse che invece dovrebbero lavorare notte e giorno per mettere in sicurezza un territorio già più volte martoriato da fenomeni atmosferici estremi e particolarmente localizzati (una tradizione non solo genovese), molti giornali già parlano di un evento eccezionale. C’è chi addirittura attribuisce epiteti mediatici, del tipo, “bomba d’acqua” o “evento calamitoso senza precedenti”. Peccato che la storia climatologica italiana ci racconta ben altro di quanto quotidianamente viene travisato da TV e giornali. Come ben sappiamo queste affermazioni sono del tutto false. L’ho dimostra la storia, molto chiaramente. Genova nella sua storia, per merito della sua peculiare orografia, che funge da barriera agli impulsi sciroccali umidi marittimi che risalgono dal mar Ligure e dal medio-alto Tirreno, e per i suoi caratteristici bacini idrografici (torrentizi) avvezzi a tempi di corrivazione ridottissimi durante fasi precipitative estreme, ha contato decine di alluvione e nubifragi ben più disastrosi di quello che giovedì sera ha fatto ripiombare nell’incubo la città della lanterna, con conseguenze devastanti per l’intero capoluogo.
Negli occhi dei genovesi rimane palpabile la tragedia della grave alluvione che fra il 7 e l’8 Ottobre del 1970 travolse Genova e il suo vasto hinterland. Le dinamiche furono sulla falsa riga simili con quanto avvenuto lo scorso giovedì, anche se nel 1970 la città della lanterna fu sferzata da un autentico diluvio, con una infinità di lampi e tuoni assordanti, che perdurò per ore e ore, tanto da rendere la visibilità orizzontale quasi nulla. Più che bomba possiamo definirla una vera e propria valanga d’acqua, caduta su Genova tra il 7 e l’8 Ottobre del 1970. Durante quel terribile episodio, tra le ore 19:00 (PM) del 7 Ottobre e le ore 17:00 (PM) dell’8 Ottobre 1970 solo a Bolzaneto, quartiere periferico in Val Polcevera, caddero sino a 948 mm di pioggia. Dato integro registrato in una stazione amatoriale. Si trattò all’epoca di un valore a dir poco impressionante, visto che in un solo giorno cadde il quantitativo di pioggia che mediamente cade su Messina in un intero anno. Si tratta dell’attuale record pluviometrico nazionale stabilito nell’arco delle 24 ore. Da tale dato si ipotizza che sui rilevi collinari alle spalle di Genova quel giorno le precipitazioni, incessanti e accompagnate da picchi d’intensità elevatissima, possano aver sfiorato i 1100 mm di pioggia in 22 ore, se non addirittura qualcosina in più nelle aree sopravento appena sotto il crinale appenninico. Questa valanga d’acqua precipitata sulle alture genovesi in così poco tempo provoco l’improvviso straripamento dei torrenti Polcevera, Leira, Fereggiano e Bisagno che prima dell’evento piovoso erano completamente asciutti. Le acque dei torrenti in piena, esondando in più punti, hanno invaso i vari quartieri della città portando via qualsiasi oggetto incontrato durante il loro cammino verso il mare.
In particolare la piena del Bisangno fu quella più distruttiva, e provoco il maggior numero di vittime in città. Dai quartieri collinari scendevano estese colate di fango che hanno travolto macchine e purtroppo anche persone, soprese dalle piene di questi torrenti, che poche ore prima erano ancora asciutti. A causa della piena distruttiva del Bisagno, cresciuto a livelli l’antico Ponte Medioevale di Sant’Agata, prospiciente il Borgo Incrociati, crollò in parte rimanendo con le sole arcate centrali, isolato dalle due sponde del torrente. Costruito dai Romani e ristrutturato nel Medioevo, è stato sempre utilizzato in ambito pedonale. Acqua e fango penetrarono dentro i garage e gli scantinati degli edifici, cagionando morti e distruzione. Genova si trovo completamente disastrata dalla furia degli elementi. Ma gravissimi danni si ebbero anche in altri 20 comuni delle province di Genova, fra i quali il più colpito fu il comune di Masone. Le vittime furono 44, di cui 35 morti e 8 dispersi. Gli sfollati furono oltre 2.000. Ma nonostante i tragici eventi del passato, dopo 40 anni di alluvioni e nubifragi, non è cambiato proprio nulla. Quell’evento fu preceduto da un prolungato e secco periodo anticiclonico, con temperature rimaste pressochè sopra media fino ai primi giorni di Ottobre.
Questa lunga fase siccitosa incise nell’aggravare la situazione idrogeologica in tutta la città, inaridendo i terreni e i letti dei torrenti che dai crinali dell’Appennino scivolano verso il mare. La prolungata pausa anticiclonica si interruppe proprio sul finire della prima decade dell’Ottobre 1970, allorquando uno spostamento verso latitudini più settentrionali dell’anticiclone delle Azzorre fece affondare, in direzione della Spagna e della costa atlantica francese, un blocco di aria piuttosto fredda, polare marittima. Una parte di quest’aria molto fredda, traboccando sul Mediterraneo occidentale, instauro un intenso richiamo umido sciroccale sul bacino centrale del Mediterraneo, che si concretizzo con la risalita di un flusso di aria umidissima, dai quadranti meridionali, che interagì con i rilievi del retroterra del genovesato, dando la stura a persistenti precipitazioni di carattere torrenziale. La forzatura orografica, sommandosi all’avvento di aria calda e impregnata di umidità e all’azione di locali linee di convergenza nei bassi strati davanti la costa di Genova, parallele all’orientamento del flusso pre-frontale in azione sul Mediterraneo centrale, sono stati i fattori che hanno reso quell’evento come uno dei più intensi mai registrati sul nostro territorio nazionale, con record pluviometrici che continueranno a fare la storia.