Scienza: teoria Zamboni nello Spazio, l’astronauta Samantha Cristoforetti testerà il device

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teoria ZamboniQuantificare il ritorno venoso cerebrale in condizioni straordinarie come l’assenza di gravità, e validare nello spazio strumenti diagnostici che rappresentano una novità assoluta e che, una volta ‘atterrati in ambulatorio’, potranno essere utili alle persone malate di insufficienza venosa cronica cerebrospinale (Ccsvi), la patologia venosa scoperta da Paolo Zamboni dell’Università di Ferrara, ma anche ai cardiopatici. Consisterà in questo Drain Brain, uno degli esperimenti scientifici che l’astronauta italiana Samantha Cristoforetti compirà nella missione Futura dell’Agenzia spaziale italiana a bordo della Stazione spaziale internazionale (Iss), presentati oggi a Roma nella sede dell’Asi.

La missione, per la quale Cristoforetti partirà il 23 novembre da Baykonur (Kazhakhstan) a bordo della navetta russa Soyuz, durerà sei mesi. Zamboni ha scoperto sette anni fa la Ccsvi, per cui il sangue non defluisce adeguatamente dal cervello al cuore a causa di malformazioni varie alle giugulari e alla vena dorsale azygos. Assieme al suo team, Zamboni ha individuato in questa patologia venosa una possibile concausa di alcune malattie neurodegenrative, come la sclerosi multipla. Drain Brain vuole comprendere meglio la fisiologia del cervello. Poiché sulla terra la forza di gravità è uno dei meccanismi principali che riporta il sangue dal cervello al cuore, l’assenza di gravità è condizione ideale per meglio comprendere i fenomeni di adattamento fisiologico e identificare possibili variazioni cronobiologiche del flusso sanguigno. Con Drain Brain – il cui project manager è Angelo Taibi, del Dipartimento fisica e scienza della terra università di Ferrara – sono state proposte due novità assolute in tema diagnostico: il pletismografo (collare pletismografico), un dispositivo non invasivo e non operatore-dipendente, e la stesura di un tracciato giugulare sincronizzato con l’elettrocardiogramma, “per derivare non invasivamente la pulsatilità giugulare e caratterizzare la finzione cardiaca”. Un risultato difficile finalmente realizzato “che – ha sottolineato Zamboni, responsabile del progetto per l’Asi e la Nasa – potrà essere riprodotto, e che potrà diventare il ‘gold standard’ per la diagnosi di Ccsvi”. Il device sarà utile per capire se il ritorno venoso è ostacolato e irregolare. “Non solo – ha aggiunto il medico – così saranno possibili esami più rapidi e obiettivi, che potranno essere utilizzabili anche per le cardiopatie, in particolare quelle con aritmie e scompenso”. Gli esperimenti scientifici selezionali dall’Asi sono stati scelti “in quanto straordinariamente importanti e potenzialmente decisivi”, ha sottolineato il presidente dell’Asi Roberto Battiston, “e per questo rappresentano la nostra sfida: stimolare la loro riproducibilità dei loro preziosi risultati, con l’obiettivo di tradurli in miglioramenti della quotidianità delle persone”.

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