L’anemia mediterranea (talassemia o microcitemia) è una malattia ereditaria caratterizzata da un difetto della sintesi dell’emoglobina, la proteina contenuta nei globuli rossi del sangue che ha il compito di trasportare l’ossigeno alle diverse cellule del corpo e di eliminare l’anidride carbonica.
CAUSE: L’unico modo per contrarre l’anemia mediterranea è ereditare uno o più geni di emoglobina difettosi dai propri genitori. Il nome della malattia deriva dalla sua diffusione soprattutto nelle aree che si affacciano sul bacino del Mediterraneo, tra cui le aree del Nord Africa e del Medio Oriente.
FATTORI DI RISCHIO: Tra i fattori di rischio: la storia familiare ( viene trasmessa da genitori ai figli attraverso i geni di emoglobina difettosi), la provenienza geografica (più diffusa tra persone di origine italiana, greca, medio-orientale, sud-asiatica e africana).
SINTOMI: I sintomi dipendono dalla minore o maggiore gravità della patologia. Mentre alcuni bambini possono mostrare segni caratteristici fin dalla nascita; altri possono sviluppare sintomi nel corso dei primi anni di vita. Tra i segnali che fungono da campanelli d’allarme della malattia: aspetto pallido, ittero, mancanza di fiato, stanchezza, debolezza fisica, sviluppo rallentato, addome sporgente, leggera ipertrofia delle ossa del cranio, urine scure, irritabilità, anemia.
DIAGNOSI: Se il medico sospetta che il bimbo abbia l’anemia mediterranea, il medico può ottenere una conferma tramite gli esami del sangue che possono rivelare: un basso livello di globuli rossi, globuli rossi più piccoli del normale, dal colore pallido, di varie dimensioni e forme, con una distribuzione non uniforme di emoglobina che conferisce alle cellule, se osservate al microscopio, un aspetto ad oblò. Tra i test effettuati prima che il bimbo nasca: il campionamento dei villi coriali (all’11esima settimana di gravidanza, rimuovendo un piccolo pezzo di placenta per la valutazione);amniocentesi ( alla 16esima settimana, prelevando un campione di liquido che circonda il bambino); prelievo del sangue fetale (eseguito dopo la 18esima settimana di gestazione, prelevando il sangue dal feto o dai vasi sanguigni del cordone ombellicale, usando un ago ecoguidato).
CURA: Nei casi più gravi, si effettuano trapianti di staminali o di midollo osseo da donatore compatibile, mentre per gli altri soggetti sono previsti trasfusioni costanti per rifornire di emoglobina e quindi di ossigeno i pazienti e farmaci ferrochelanti, per eliminare l’accumulo di ferro contenuto nell’emoglobina, conseguente a trasfusioni e trattamenti cardiologici; prestando attenzione alla dieta e alle possibili infezioni (es. a seguito delle somministrazioni di vaccini).