Gialle, rossastre, caduche, persistenti, sempreverdi…. queste alcune caratteristiche delle foglie, oggetto d’ispirazione di molti poeti ed artisti: Alessandro Manzoni scrive : <<…brillavan le foglie rosseggianti a varie tinte>> , mentre Umberto Saba dice: <<come quella foglia guarda/ sul nudo ramo, che un prodigio ancora/tiene attaccata>>. A cosa si deve quest’esplosione di colori delle foglie d’autunno? Secondo David Lee, che nel 1973 ha studiato il colore delle foglie presso l’Università Internazionale della Florida, il loro è sottrattivo, come i colori dei pastelli sulla carta.
Il giallo-arancio è dovuto ai carotenoidi contenuti nelle cellule delle foglie, i quali restano invisibili sotto il verde della clorofilla sino all’autunno, quando le foglie si stanno avvicinando alla fine del loro ciclo vitale. Solo allora, col diminuire della clorofilla, il giallo-arancione del carotene si rivela. Il colore bronzo delle foglie è dovuto agli antociani (responsabili delle tinte rossastre-blu di molti frutti, tra cui i mirtilli), che coesistono con la clorofilla. Proprio gli antociani, presenti in più elevate concentrazioni, conferiscono alle foglie una tonalità quasi viola. I colori più grigi sono dovuti alla degrazione dei cloroplasti, mentre quando le foglie sono secche, i pigmenti si legano insieme formando la colorazione marrone. Solo limitate regioni della terra hanno la fortuna di avere le condizioni che permettono di ammirare quest’arcobaleno di colori. E’ necessario, in primis, che vi siano un gran numero ed una grande varietà di alberi a foglie decidue, ossia alberi ed arbusti che perdano le foglie prima di una stagione climatica sfavorevole come quella invernale.
Importante è il patrimonio genetico delle diverse specie di produrre i pigmenti che rendono così colorate le foglie. Non necessariamente specie strettamente imparentate si comportano allo stesso modo da questo punto di vista (es. vi sono varietà coltivate di melo, ossia selezionate dall’uomo per la qualità dei frutti, che non presentano il foliage; al contrario delle varietà selvatiche). Poi vi è un altro importante fattore che influisce sulle differenti colorazioni delle foglie: il luminoso e fresco clima invernale; condizioni che ritroviamo soprattutto nell’Emisfero settentrionale. Gran Bretagna ed Europa centro-occidentale, Cina orientale, Corea e parti del Giappone hanno grandi foreste di alberi a foglie decidue ma molti credono che gli spettacoli maggiori della Natura si abbiano negli Stati Uniti orientali e nel Canada Sudorientale. Le basse temperature distruggono la clorofilla e se non gela, promuovono la formazione di antociani. Anche la forte luce solare distrugge la clorofilla, aumentando la produzione di antociani. In caso di tempo asciutto, aumenta la concentrazione di zucchero nella linfa, quindi anche la quantità di antociani. I colori autunnali più brillanti si hanno se a giornate secche e sollate, seguono notti fresche e asciutte.
Ma perché in alcune specie la perdita delle foglie si accompagna alla comparsa di colori autunnali mentre in altre no? Secondo l’ipotesi fotoprotettiva, alcune piante, con l’arrivo dell’autunno, si preparano a recuperare i nutrienti dalle foglie e a smantellare i loro apparati fotosintetici; mentre secondo un’ipotesi alternativa, quella della coevoluzione, il colore accesso del fogliame autunnale, soprattutto le tonalità di rosso, sono interpretate dagli insetti come segnale di pericolo. Alcuni studi hanno dimostrato che gli afidi sono più attratti dalle foglie verdi rispetto alle rosse, per cui, secondo questa teoria, alcune specie vegetali avrebbero evoluto la colorazione rossa autunnale per evitare di essere colonizzate da afidi e altri insetti durante l’inverno. Il distacco delle foglie (abscissione fogliare) vede invece coinvolti principalmente due ormoni: l’auxina e l’etilene, con effetto antagonistico.
Il processo di distacco avviene proprio quando, nella foglia senescente, l’auxina inizia a mancare e l’etilene attiva i geni che codificano per enzimi capaci di attaccare la parete cellulare ma solo nelle cellule della zona di abscissione. Il risultato è il distacco netto della foglia ma in un punto preciso, ossia in corrispondenza di uno o più strati di cellule modificate che costituiscono la zona di abscissione. Per evitare che le ferite generate dal distacco fogliare consentano la penetrazione di microrganismi patogeni, le piante le cicatrizzano con depositi di callosio e lignina, producendo proteine con azione microbica.