“Venga qui Watson, per favore. Ho bisogno di lei!”. Sono queste le parole esclamate dall’ingegnere scozzese, naturalizzato statunitense, Alexander Graham Bell quando effettuò la prima conversazione telefonica ufficiale della storia, a Boston, dove giunse in qualità di professore di Psicologia vocale e dizione presso la locale Università.
E’ certo che il 10 marzo 1876 Thomas Watson, assistente di Bell, rispose per la prima volta ad una telefonata, effettuata dall’ingegnere scozzese, leggendogli alcuni passaggi di un libro. Nonostante Bell non fu il primo ad inventare il telefono (paternità e priorità riconosciuta dalla Corte Suprema degli Stati Uniti a Meucci nel 1888 e dal Congresso degli Stati Uniti con risoluzione 269 del 2002), egli, disponendo di maggiori capitali rispetto al Meucci, impose il proprio apparecchio, perfezionandolo in seguito e dando origine all’industria delle telecomunicazioni che divenne una delle maggiori degli Usa.
Dopo aver depositato il brevetto il 7 marzo 1876, in quell’anno il suo primo impianto telefonico venne installato all’Esposizione di Filadelfia, organizzata per celebrare il primo centenario della fine della Dichiarazione d’Indipendenza e nel 1877 Bell fondò la Bell Telephone Company, da cui ebbe origine la moderna AT& T (American Telephone and Telegraph). Se oggi il telefono è uno dei mezzi più popolari di comunicazione, in grado di avvicinare, in pochi secondi, milioni di persone, in ogni parte del mondo, se oggi lo si trova in numerosi accattivanti design e colori, nonostante spesso sia soppiantato da cellulari e tecnologie wireless, c’è ancora chi si chiede quale aspetto avesse l’apparecchio da cui venne effettuata la prima chiamata ufficiale della storia. Il telefono di Bell consisteva in un microfono ( trasmettitore) e un altoparlante (ricevitore), collegati da un circuito elettrico con una batteria in serie. Già nel 1854 Antonio Meucci realizzò il primo prototipo di telefono, da lui chiamato telettrofono, che utilizzò all’interno della sua abitazione cubana per comunicare con la moglie, costretta a letto da una malattia.
Purtroppo Meucci, a causa delle sue precarie condizioni finanziarie, non poté sostenere gli elevati costi necessari per brevettare la sua invenzione fino al 1871, anno in cui, trasferitosi a New York, dove aprì una fabbrica di candele, riuscì a trovare i soldi necessari per ottenere un brevetto provvisorio (il cosiddetto “caveat”) per il suo telettrofono che, tuttavia, necessitava di un rinnovo annuale del costo di 10 dollari. Meucci sostenne le spese del rinnovo solo fino al 1873 e 3 anni dopo Bell, forse venuto in possesso dei disegni dell’inventore italiano, depositò il brevetto di un apparecchio quasi identico a quello di Meucci, cui diede il nome di telefono. Meucci, che non riuscì a sostenere finanziariamente la causa intentata nei confronti di Bell, ha comunque col tempo ottenuto, legislativamente, la paternità dell’invenzione.