L’aereo ha colpito la montagna a 700km all’ora
Aveva sospeso nel 2008 l’addestramento aeronautico “per depressione e stress da esaurimento” il co-pilota Andreas Lubitz, responsabile dello schianto dell’Airbus A320 sulle Alpi francesi. A meno di 48 ore dal disastro, la svolta: l’incidente e’ stato causato volontariamente dal giovane co-pilota, che ha chiuso il capitano fuori dalla cabina di pilotaggio prima di far precipitare il velivolo e farlo scontare contro le Alpi francesi. A chiarire la dinamica sono state le registrazioni delle conversazioni audio dell’unica scatola nera recuperata. Il pm francese, Brice Robin, ha spiegato che il 27enne di nazionalita’ tedesca ha approfittato di un momentaneo allontanamento del comandante per “bisogni fisiologici” e si e’ rinchiuso nella cabina. Rimasto “solo al comando” dell’aereo, “ha manipolato i bottoni per azionare la discesa, fino allo schianto”. “L’azione”, ha sottolineato Robin, “non puo’ che essere stata volontaria”.
Nel 2008 il giovane, assunto nel settembre 2013 e con appena 630 ore di volo alle spalle, aveva sospeso l’addestramento per problemi mentali: “Era un bravo ragazzo, di buona famiglia, ma aveva avuto una fase di ‘burnout’ (esaurimento da stress, ndr), di depressione”, ha raccontato la madre di una compagna di scuola. Non e’ chiaro invece perche’ gli fosse stato consentito di riprendere la preparazione e se sia stata presa ogni precauzione per prevenire il disastro. Lo stesso ad di Lufthansa, Carsten Spohr, aveva confermato che il giovane si era preso alcuni mesi di pausa che gli avevano fatto ritardare l’assunzione in azienda, ma non aveva spiegato le motivazioni e anzi aveva assicurato che Lubitz aveva superato “tutti i test fisici e psicologici”. All’apparenza normale e preparato, oltre a essersi formato alla scuola di volo di Lufthansa, Lubitz aveva ricevuto il certificato di eccellenza della Federal Aviation Administration (Faa), l’organizzazione americana della sicurezza dei voli. Dall’audio e’ emerso che il comandante ha tentato piu’ volte di buttare giu’ la porta, blindata come previsto dalle norme internazionali. Ma Lubitz aveva deciso: “La sua intenzione era di distruggere l’aereo. La morte e’ stata all’istante.
L’aereo ha colpito la montagna a 700km all’ora. Non credo – ha aggiunto il procuratore – che i passeggeri abbiano capito cosa stava accadendo fino agli ultimi minuti perche’ nella registrazione si odono le grida solo negli istanti finali”. Adesso si cerca di scavare nel passato del giovane, tanto nella sua vita personale che professionale, per capire se ci sia stata una causa scatenante. La polizia tedesca ha perquisito tanto il suo appartamento di Dusseldorf, dove Lubitz faceva base quando non poteva tornare dai genitori a Montabaur, che la casa di famiglia in Renania. La madre, un’insegnante di pianoforte, e il padre, un imprenditore di successo, erano in Francia, a Marsiglia, quando si e’ diffusa la notizia della responsabilita’ del figlio. I due sono stati subito condotti in una localita’ segreta ed e’ stata posta sotto sorveglianza anche la loro abitazione in Renania, nel timore di rappresaglie.
Il recupero dei corpi delle vittime