Medicina: dai batteri dell’intestino una protezione contro il diabete tipo 1

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Il diabete di tipo 1 è una malattia autoimmune: nelle persone colpite le cellule del sistema immunitario attaccano le cellule beta del pancreas, fondamentali per la produzione dell’insulina

I batteri dell’intestino sono le nostre guardie del corpo anche contro il diabete di tipo 1. Il microbiota intestinale (il sistema formato dai numerosi microrganismi che lo popolano) avrebbe infatti un ruolo di protettivo, attraverso il sistema immunitario, nello sviluppo della malattia. Lo indica uno studio realizzato da ricercatori francesi, cinesi e svedesi, pubblicato su ‘Immunity’, e che potrebbe aiutare a mettere a punto una nuova strategia di cura. Il microbiota, unico per ciascuna persona come un’impronta digitale, ha numerose funzioni che vanno dall’influenza sull’umore ai desideri alimentari, fino allo sviluppo delle allergie e al sostegno del sistema immunitario. Il diabete di tipo 1 è una malattia autoimmune: nelle persone colpite le cellule del sistema immunitario attaccano le cellule beta del pancreas, fondamentali per la produzione dell’insulina. I ricercatori hanno quindi dedotto che deve esistere, nelle persone sane, una molecola che impedisce l’anomala distruzione di cellule beta. Il gruppo internazionale si è concentrato sulle catelicidine, peptidi antomicrobici che hanno un ruolo nella regolazione del sistema immunitario. Osservando due tipi di topi (un gruppo sano e uno con diabete), hanno scoperto che in quelli sani le cellule pancreatiche le producevano mentre non accadeva nei topi diabetici. I ricercatori hanno poi iniettato catelicidine nei topi malati. Si è così osservata una riduzione nello sviluppo dell’infiammazione del pancreas e di conseguenza si è bloccato anche lo sviluppo della malattia. Il microbiota interviene nella produzione di catelicidine, stimolata dalla secrezione di acidi grassi di specifici batteri. Trasferendo questi batteri nella flora intestinale dei topi diabetici, i ricercatori sono riusciti a ristabilire un livello normale di catelicidine. Un risultato incoraggiante, secondo gli scienziati, che dovrà essere ora confermato nell’uomo.

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