Appena qualche anno fa custodivano un tesoro da oltre 20 miliardi di dollari, oggi, con la progressivamente stretta delle maglie dei sistemi fiscali internazionali e il raggiungimento di accordi tra i vari paesi per combattere l’evasione, hanno visto ridursi progressivamente la propria libertà di azione. Si tratta dei cosiddetti paradisi fiscali, ovvero di quegli stati che, da una parte all’altra del globo, garantiscono un prelievo in termini di tasse basso o addirittura nullo e tendenzialmente una scarsa trasparenza. A combattere strenuamente questo fenomeno è stata da sempre l’Ocse che ha compilato un primo elenco nel 2000 mettendo al bando in una ‘black list’ 31 paesi in giro per il mondo.
Da allora tuttavia le cose sono notevolmente cambiate, grazie a una serie di trattati firmari in materia di trasparenza fiscale. Per quello che riguarda in particolare l’Italia, esistono diverse liste, non un unico listone dei paesi alla gogna. Tutte liste che si fondano su una serie di norme degli ultimi anni. Quanto in particolare alla black list sulla indeducibilità dei costi, solo lo scorso anno ne sono usciti 21 tra paesi e giurisdizioni e ne figurano complessivamente ancora 46: si va da Andorra, Monaco e Liechtenstein, all’Oman, alle Seychelles, a Panama, alle Isole Vergini, fino a Maldive, Tonga e Vanuatu. In base alle ultime norme entrate in vigore, l’unico criterio rilevante ai fini della blacklist sulla indeducibilità dei costi relativi a transazioni effettuate con giurisdizioni estere è la mancanza di un adeguato scambio di informazioni con l’Italia. E’ stato invece eliminato il criterio relativo al livello adeguato di tassazione. Lo spirito dei paradisi fiscali è sempre stato quello di attirare molto capitale dai paesi esteri, fornendo in cambio una tassazione estremamente ridotta. Tipicamente, nei paradisi fiscali si riscontrano un regime di imposizione molto basso o assente che rende conveniente stabilire in questi Paesi la sede di un’impresa, oppure regole particolarmente rigide sul segreto bancario, che consentono di compiere transazioni coperte. Nel classificare i paradisi fiscali, si può distinguere tra: ‘Pure Tax Haven’, che non impone tasse oppure solo una o più di valore nominale e garantisce l’assoluto segreto bancario, non scambiando informazioni con altri stati; ‘No Taxation on Foreign Income’, dove è tassato solo il reddito prodotto internamente; ‘Low Taxation’: modesta tassazione fiscale sul reddito ovunque generato; ‘Special Taxation’: Paesi dal regime fiscale impositivo paragonabile a quello dei Paesi considerati a tassazione normale, ma che permettono la costituzione di società particolarmente flessibili.