Se vi state chiedendo se queste immagini siano il risultato di un’abile lavoro di un maestro del Photoshop oppure uno dei tanti organismi geneticamente modificati che evitiamo come la peste ai banchi della frutta, vi sbagliate. Si tratta invece del cosiddetto glass gem corn, una particolare varietà di mais seminata anticamente dai nativi americani. A riprenderne la coltivazione (non si sa esattamente quando) è stato Carl Barnes, per metà nativo americano, che ha ricominciato a piantare antiche varietà di mais scomparse dopo la disgregazione delle vecchie tribù in Oklahoma dal 1800 in poi, per portare avanti l’eredità lasciatagli dai suoi antenati. Così facendo, ha iniziato uno scambio di semi che ha coinvolto tutto il Paese, cercando nel frattempo di selezionare, salvare e ripiantare semi da cui nascevano pannocchie dai colori particolari. Questo ha portato alla nascita del coloratissimo mais.
La popolarità di questo prodotto è stata raggiunta però grazie a Greg Schoen, che ha conosciuto Barnes nel 1994, rimanendo affascinato dal mais arcobaleno. Dopo aver ricevuto alcuni dei semi colorati, Schoen ha creato piantagioni sempre più estese, creando sempre più varietà di mais, mischiando i semi colorati con quelli tradizionali. Nel corso degli anni, il progetto di Schoen si è trasformato in un’organizzazione no-profit che si occupa della conservazione di queste antiche qualità di semi, la Native Seeds/SEARCH, da cui è possibile anche acquistare online. Aldilà dell’indubbio fascino di questo prodotto, si tratta di una questione che apre una sempre più profonda riflessione sulla biodiversità e sul nostro obbligo di preservarla. È infatti sbagliato pensare che la qualità più diffusa di un cibo (in questo caso il mais, che pensiamo essere solo giallo) sia l’unica esistente. Molto spesso, anzi, diverse varietà di frutta e verdura non sono più state coltivate perché poco commercializzabili, più difficili da produrre o con un sapore peggiore, e questo ne ha causato la scomparsa.