La scienza italiana in frantumi. Così il nostro Paese, nel 2016 – tempo di grande attenzione alle tematiche ambientali, di referendum sulle trivelle e di tanta demagogia sulla sostenibilità, sui cambiamenti climatici e sull’accordo di Parigi – perde il proprio patrimonio scientifico e storico legato alla meteorologia. Il dramma si sta consumando proprio nel cuore di Roma in questi giorni: il Collegio Romano rischia di trasformarsi da simbolo della scienza italiana, a emblema del decadimento di un Paese “grande” solo nel passato. Infatti l’Unità di Ricerca per la Climatologia e la Meteorologia applicate all’Agricoltura, struttura del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (CREA-CMA), nota come “Collegio Romano” e situata nel cuore di Roma, è stata oggetto di una “riorganizzazione” che negli ultimi mesi ha comportato la perdita di numerosi reperti storici. Fortunatamente le associazioni di appassionati di meteorologia e alcune figure di riferimento, come la dott. ssa Franca Mangianti e il noto Colonnello dell’Aeronautica Militare, nonché celebre volto televisivo Massimo Morico, hanno “salvato” una grande quantità di reperti che potranno essere utilizzati in varie attività e manifestazioni.
Purtroppo però tanta altra roba è andata al macero: ieri gli ultimi pacchi sono stati portati via (vedi foto a corredo dell’articolo), bene che vada si potranno ritrovare sparsi qui e lì sulle bancarelle di Porta Portese. Eppure si tratta di reperti straordinari, che in qualsiasi posto del mondo possono essere invidiati alla storia scientifica dell’Italia e di Roma.
Dopo la battaglia (vinta) per salvare quantomeno la storica Biblioteca scientifica e meteorologica del Collegio Romano, adesso bisogna intervenire a tutti i livelli per salvare la preziosa e originale collezione di strumenti meteorologici e sismici risalenti agli inizi del XIX secolo, che raccoglie anche apparecchiature scientifiche di datazione più recente (seconda metà del XX secolo).
Fin dall’istituzione dell’Ufficio, nel 1876, ma soprattutto negli anni tra la fine del XIX secolo e il primo ventennio del XX secolo, mentre l’Ufficio accresceva le proprie competenze istituzionali nel settore meteorologico e geodinamico, i geofisici che vi lavoravano ideavano nuovi strumenti e apportavano modifiche agli strumenti che erano allora in uso, per migliorarne l’accuratezza e la sensibilità. Nell’officina dell’Ufficio i tecnici costruttori realizzavano gli strumenti di misura da fornire in dotazione alle stazioni di monitoraggio e sperimentavano nuovi strumenti sismici e meteorologici: alcuni di essi rimasero solo dei prototipi e di questi, fuori dal Collegio Romano, non esistono altri esemplari.
Negli stessi scantinati dell’Ufficio esistono cinque basamenti isolati, costruiti appositamente per sostenere gli strumenti sismici dell’Osservatorio geodinamico del Collegio Romano.
La collezione è costituita da circa 310 strumenti scientifici identificati, tra meteorologici, sismici e di laboratorio, attualmente esposti in teche portastrumenti.
Alla collezione appartengono altri strumenti, di altrettanto interesse storico-scientifico, ma non esposti:
- Circa 20 microscopi di diversa epoca e alcune antiche attrezzature da laboratorio dell’ex Laboratorio di Idrobiologia del MiPAAF (acquisite nel 2005).
- Circa 80 elementi , tra pezzi di strumenti, strumenti da restaurare, strumenti da identificare.
- Circa 200 termometri di diversa tipologia ed epoca, custoditi in una idonea cassettiera.
Il mantenimento della collezione di strumenti scientifici al Collegio Romano, che rimarrebbero comunque proprietà del CREA, ne garantirebbe la salvaguardia e valorizzazione: potrebbero continuare a rappresentare un punto d’interesse e d’attrazione turistico, didattico e scientifico. Inoltre, la collezione è una parte integrante del patrimonio scientifico costituitosi nel corso del tempo presso l’Ufficio Centrale di Meteorologia e Geodinamica, e la sua conservazione presso il Collegio Romano insieme all’osservatorio meteorologico, all’osservatorio astronomico e alla Biblioteca centrale della meteorologia Italiana, permetterebbe di connotare ancora più fortemente l’identità scientifica del sito, nel quale la tradizione geofisica nazionale ha mosso i suoi primi passi.
Perdere anche questo tesoro sarebbe un vero e proprio delitto.