La depressione ha mille facce, mette nel mirino soprattutto le donne, e dopo aver travolto 50enni come 20enni e pensionati dal 2008 in poi con l’esplosione della crisi, non smette di colpire duro neanche adesso che si intravedono le prime luci fuori dal tunnel della recessione economica. “E’ la nuova emergenza sanitaria, la principale sfida per la salute globale“, avverte oggi durante un incontro a Milano Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di neuroscienze dell’Asst Fatebenefratelli Sacco del capoluogo lombardo e presidente della Società italiana di psichiatria (Sip).
“I casi – fa notare lo specialista – continuano a crescere, nonostante ci stiamo lasciando alle spalle la fase della grande crisi. Se oggi il numero dei suicidi si è ridotto tornando al dato ante 2008, il numero dei depressi continua a crescere. Dopo la reazione in acuto, a lungo andare osserviamo quell’aumento che era già stato previsto negli anni 2000″. E il mal di vivere non conosce età, anche se bersaglia in particolare la fascia “dai 30 ai 40 anni“. Nelle sue espressioni più gravi si abbatte come uno tsunami “sulla qualità della vita, sulle condizioni relazionali, senza risparmiare neanche l’aspetto lavorativo. Tanto che l’occupazione fra i depressi risulta sotto la soglia nazionale e c’è un impatto sull’aumento delle assenze e sulla perdita di lavoro non da poco. Questo peggioramento della qualità della vita è stato confermato anche da un nostro studio recente“.
In questo quadro “le più penalizzate sono le donne“, prosegue Mencacci, vittime ideali della depressione che le colpisce di più dell’uomo, “con un rapporto di 2,5 a 1″. La trappola del mal di vivere ‘in rosa’ può incastrare le neo mamme, o insidiare un momento delicato come la menopausa. E poi c’è il popolo di emotivamente ‘fragili’ (il più delle volte persone con storie di separazione o divorzio, e vita di relazione e di coppia difficile) e chi la depressione ce l’ha in famiglia da generazioni. Tutto il mondo è paese: in Europa oggi i casi di depressione sono 33 milioni, ma secondo le stime dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) entro il 2030 la patologia scalerà le classifiche arrivando sul gradino più alto del podio fra le malattie croniche. Il prezzo che si paga è alto: a livello mondiale pesano gli 800 miliardi di dollari annui per l’assistenza terapeutica, mentre a livello personale c’è il calo di produttività con cui fare i conti. In Europa un lavoratore su 10 si assenta dal lavoro a causa della depressione per un totale di 21mila giorni di lavoro persi. L’instabilità economica è una delle varianti che fa da spinta propulsiva alla corsa della malattia: “Si è visto che aumenta 3 condizioni: l’ansia, la depressione e i disturbi del sonno“, ma tutte e tre “anche dopo la crisi economica tendono ad aumentare“, precisa Mencacci. Gli specialisti hanno anche notato che “nel pieno della crisi in Italia il ricorso ai servizi è stato più per l’abbassamento dello status economico delle persone che per la disoccupazione, una leva che ha avuto meno impatto nella Penisola“.