Quando al polo nord o al polo sud il cielo si tinge di verde e di rosso, avviene quel particolarissimo fenomeno ottico dell’atmosfera terrestre noto come aurora polare. Le immagini che immortalano gli archi aurorali australi o boreali sono spettacolari.
Da cosa dipendono questi veri e propri quadri nell’atmosfera del nostro pianeta? Gli astronomi sanno che la principale responsabile è la magnetosfera, che funziona da vera e propria ‘centrale energetica’ per le aurore polari. Il vento solare, flusso di particelle cariche emesso dall’alta atmosfera della nostra stella, provoca tempeste solari che premono sulla magnetosfera terrestre, deformandola e trasferendole una grande quantità di energia. In questo modo – spiega l’ASI – le linee del campo magnetico terrestre si deformano, lasciando libero ingresso alle particelle cariche del vento solare, che interagiscono con gli strati più alti della nostra atmosfera dando così origine ai bagliori delle aurore polari.
Fino a qui tutto noto. Ciò che invece ancora non si conosceva era l’esatto processo fisico attraverso cui la magnetosfera accoglie l’energia del vento solare: un mistero appena risolto da un gruppo internazionale di scienziati coordinati dall’ISAS/JAXA giapponese.
Utilizzando i dati provenienti dalle missioni NASA GEOTAIL e MMS, i ricercatori hanno scoperto che le ‘esplosioni’ responsabili delle aurore derivano da un fenomeno chiamato riconnessione magnetica. Si tratta di un processo fisico che avviene nei plasma fortemente conduttivi, in cui l’energia magnetica viene convertita in energia cinetica, energia termica e accelerazione delle particelle. Nel caso del nostro pianeta, la riconnessione magnetica si verifica ogni volta che le linee del campo magnetico terrestre si incrociano con le linee di campo provenienti da orientamenti diversi, come appunto dal Sole.
Il fenomeno è già stato ampiamente studiato nella cosiddetta ‘meteorologia spaziale’, che determina il clima oltre la magnetosfera; ora i ricercatori guidati dall’agenzia spaziale giapponese hanno trovato la prima prova del collegamento tra riconnessione e aurore polari. Il team ha analizzato i dati raccolti nello stesso giorno da GEOTAIL e MMS in un intervallo di tempo di 5 ore, osservando in entrambi i casi getti di plasma prodotti a seguito della riconnessione magnetica.
Considerando le orbite dei due satelliti, gli scienziati hanno stimato che la linea di inizio del fenomeno di riconnessione si estenda per circa 70.000 chilometri: una distanza sufficiente per immagazzinare l’energia prodotta dal vento solare. E indurre le magiche pennellate di luce che disegnano le aurore polari.