Malattie dell’occhio: sperimentato il primo “trapianto liquido”

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Il chirurgo oculare italiano che lo ha messo a punto lo definisce ‘trapianto liquido‘. E’ il trapianto di Unità elementari della membrana amniotica, una nuova tecnica che Emiliano Ghinelli sta sperimentando all’Istituto Ilmo di Brescia di cui è direttore scientifico, per trattare – prima che diventino croniche – patologie come ulcere corneali e neurotrofiche, patologie autoimmuni e rigetto del trapianto di cornea. La tecnica è stata appena validata da Centro nazionale trapianti, Istituto superiore di sanità e ministero della Salute, riferisce l’esperto in una nota. Romano, 42 anni, Ghinelli ha all’attivo esperienze all’estero all’Harvard Medical School e al Mit di Boston, una parentesi dopo la quale ha deciso di tornare in Italia per concentrare qui le sue ricerche sulla cura delle patologie oculari. Un settore al quale si è appassionato da giovanissimo. Complice l’incontro a 17 anni con il premio Nobel Rita Levi Montalcini, racconta, che lo ha spinto ad approfondire le potenzialità del fattore Ngf (Nerve Growth Factor) nella cura di alcune malattie degli occhi. Secondo la tecnica sviluppata da Ghinelli, le Unità elementari della membrana amniotica si somministrano come un collirio. Il trapianto liquido, spiega, rappresenta “un progresso” nel campo della rigenerazione tissutale che, si legge nella nota, “libera molti pazienti dall’obbligo della sala operatoria, superando la tecnica tradizionale del trapianto chirurgico“. La ricerca messa a punto da Ghinelli permette di ‘liofilizzare’ le Unità elementari della membrana amniotica consentendone la somministrazione topica. Appena entrano in contatto con l’occhio le Unità si disgregano, chiarisce l’esperto, liberando un cocktail di antinfiammatori, nutritivi e neurorigenerativi la cui assenza contribuisce alla nascita di numerose malattie del segmento anteriore dell’occhio.

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