L’amatriciana è una meraviglia gastronomica nota in tutto il mondo, da sempre “contesa” tra amatriciani e romani. Nonostante la teoria più accreditata veda pastori, ristoratori e osti di Amatrice portare questo piatto, cui in seguito si aggiunse il pomodoro, sulle rive del Tevere; le teorie sulle origini dell’Amatriciana sono tante e varie.
Si narra, ad esempio, che gli abitanti di Amatrice venissero a “svernare” a Roma poiché il loro clima era molto rigido in inverno e si dice anche che a Roma girasse una battuta un po’ infelice con la quale si sosteneva che gli amatriciani non potevano essere concittadini di Ponzio Pilato perché lui si era lavato le mani, mentre loro non si lavavano neanche quelle. Qualcuno sostiene che il nome “amatriciana” derivi da quello di speciali otri o vasi, detti “matara” in latino, in cui si conservavano i pomodori per il sugo sin dall’epoca romana; e “matraccio” è a tutt’oggi il recipiente di vetro dal lungo collo usato nei laboratori di chimica.
C’è chi vuole l’amatriciana risalente al matriarcato, come piatto usato solo nei riti che si svolgevano durante il solstizio d’inverno tra i monti dell’Alto Lazio, da cui i maschi erano tenuti all’oscuro. Nel sugo, inoltre, aveva grande parte la matricale, una pianta erbacea aromatica appartenente alla famiglia delle Composite con infiorescenze a capolino, simili a piccole margherite, raccolte in corimbo. In molti considerano l’amatriciana derivante dalla gricia o griscia, la cosiddetta “amatriciana bianca”, costituita da buon guanciale, abbondante pecorino grattugiato, una spolverata di pepe nero e pochissimo strutto che è lecito sostituire con un filo d’olio extravergine d’oliva per rendere il piatto più delicato.
Per la pasta, l’importante che sia rigata, per abbracciare meglio il condimento, per cui via libera a spaghetti o bucatini, mezzemaniche, rigatoni, penne.Ma da dove deriverebbe il nome gricia? Anche qui diverse teorie: secondo alcuni il piatto sarebbe stato inventato dagli abitanti di Grisciano, una frazione di Accumoli; secondo altri risalirebbe alla Roma del 400 dove “gricio” era l’appellativo con cui venivano indicati i panettieri, quasi tutti provenienti dalle regioni tedesche del Reno e dal Canton de’ Grigioni.
Ma “griscium” era anche lo spolverino o “sacchetto” grigio che rappresentava una sorta di divisa per gli appartenenti alla corporazione dei panettieri, maestri dell’arte bianca, per “difendersi” dalla farina. Col tempo l’appellativo gricio assunse anche un significato dispregiativo, equivalente a “burino” per indicare un uomo malvestito e dai modi grossolani. Nel tempo i calzoni alla caviglia dei panettieri sono diventati celebri come “er carzone a la gricia”, equivalente al napoletano pantalone alla “zompafuossi”.