Francia. E poi Giappone e Canada. Sono i tre Paesi dove il cibo è il più “buono” del mondo. Non per il semplice gusto, ma perché sono risultati – tra i 25 Paesi analizzati, rappresentanti oltre i 2/3 della popolazione mondiale e l’87% del PIL globale – i più virtuosi nel produrre, distribuire e consumare il cibo. Sono i Paesi cioè dove l’agricoltura è più sostenibile, si spreca meno il cibo (e si adottano politiche innovative per combattere lo spreco) e si mangia in modo più equilibrato, senza eccessi e carenze, attenti alla propria salute e a quella del pianeta. La Francia guadagna il primo posto soprattutto per le sue innovative politiche contro lo spreco e per l’approccio equilibrato all’alimentazione. Giappone e Canada si collocano al secondo e terzo posto, grazie alle loro politiche in tema di agricoltura sostenibile e nella diffusione di regimi alimentari corretti ed equilibrati.
In fondo alla classifica, India, Arabia Saudita ed Egitto, che si trovano ad affrontare la doppia sfida dell’obesità e della malnutrizione. E che ancora sono indietro nell’uso sostenibile delle risorse (acqua, soprattutto) e nella riduzione degli sprechi di cibo nella fase della produzione agricola. L’India si colloca all’ultimo posto sia per la gestione non sostenibile delle risorse idriche, sia per l’inadeguatezza della dieta alimentare: è il Paese con la più alta percentuale di denutrizione nei bambini sotto i 5 anni. L’Arabia Saudita e l’Egitto sono invece rispettivamente al 24mo e 23mo posto della classifica globale, soprattutto in ragione dell’eccessivo spreco di cibo e delle elevate percentuali di obesità.
Il “verdetto” è del Food Sustainability Index (FSI), voluto dalla Fondazione Barilla Center for Food and Nutrition (BCFN) e realizzato da The Economist Intelligence Unit (EIU) – il centro di ricerca del Gruppo The Economist – con BCFN. Un indice unico nel suo genere che rivoluziona la visione del cibo come lo conosciamo e che, per la prima volta, analizza le scelte alimentari del pianeta non solo sulla base del “gusto”, ma anche del valore complessivo che il cibo rappresenta. Un’analisi approfondita che ha permesso di stilare la classifica dei luoghi dove si mangia meglio nel pianeta sulla base di 58 parametri in tre ambiti di ricerca: agricoltura sostenibile, sfide nutrizionali e spreco di cibo.
Con il FSI si vuole evidenziare le performance dei Paesi; stabilire un criterio di misurazione comparabile; fornire esempi di best practice e misurarne i progressi nel tempo.
“Lo slogan che abbiamo scelto per questo Forum BCFN è ‘Mangiare Meglio. Mangiare Meno. Mangiare Tutti’ perché racchiude il nostro pensiero in poche parole: se mangiamo meglio, a goderne non sarà solo la nostra salute, ma anche il nostro Pianeta.” dichiara Guido Barilla, Presidente BCFN. “Il Food Sustainability Index servirà a farci capire dove si mangia meglio al mondo, non in termini di “gusto”, ma in termini di sostenibilità del sistema alimentare, permettendo agli studiosi e ai decisori politici di capire come orientare ricerche e scelte politiche.” “Il cibo italiano è per me il più buono al mondo come gusto, ma come sistema alimentare, anche se siamo nella parte alta della classifica, dobbiamo fare meglio,” ha concluso Barilla.
Italia sesta: miglior Paese UE per emissioni di gas serra in agricoltura, ma obesità infantile è un problema
Il nostro Paese si piazza a un onorevole sesto posto. È tra i primi 10 Paesi per agricoltura sostenibile – con ottime performance per la diversificazione nel settore agricolo e la gestione dei consumi idrici – ed è il Paese europeo che segna la migliore performance per emissioni di gas serra in agricoltura. Inoltre, l’Italia è indicata tra i Paesi che stanno facendo di più per contrastare lo spreco di cibo, come dimostra anche la legge promulgata lo scorso agosto (insieme alla Francia, l’Italia è uno dei pochi Paesi ad avere una legge che affronta questo problema).
Meno positiva la performance sugli aspetti nutrizionali. In estrema sintesi mangiamo troppo: siamo il terzo Paese per ipernutrizione e al secondo posto per sovrappeso e obesità nella fascia di età tra i 2 e i 18 anni. Ci salva, però, la consapevolezza – ampiamente diffusa nella popolazione – di quanto sia importante seguire una dieta equilibrata e salutare, come la “nostra” dieta Mediterranea. Eppure, proprio quando il resto del mondo celebra questa dieta come la migliore del pianeta, i dati mostrano che i nostri connazionali la stanno abbandonando, soprattutto le generazioni più giovani.
Germania, Canada e Giappone, i Paesi top per sviluppo e promozione dell’agricoltura sostenibile
Si stima che la popolazione mondiale crescerà fino a 8.1 miliardi di persone nel 2025, e che il 95% della crescita avverrà principalmente nei Paesi in via di sviluppo. Dall’altra parte, il nostro pianeta sta diventando sempre più povero di terre coltivabili: soddisfare il bisogno alimentare mondiale significa, contestualmente, ridurre gli sprechi, sviluppare tecniche e tipologie di produzione ancora più sostenibili, migliorare l’efficienza del sistema alimentare e fare delle scelte ponderate e attente sull’uso della terra.
Secondo il Food Sustainability Index, i tre Paesi che stanno operando meglio in questa direzione sono Germania, Canada e Giappone. La Germania si aggiudica il primo posto per l’agricoltura sostenibile, per gli ottimi risultati ottenuti nella gestione delle risorse idriche e per l’utilizzo relativamente basso di pesticidi e fertilizzanti. Il Canada si posiziona al secondo posto grazie agli alti punteggi ottenuti per la qualità dei sussidi, la diversificazione della produzione agricola e l’alta produttività.
Dall’altra parte, ai gradini più bassi della classifica, troviamo India, Emirati Arabi ed Egitto. Per gli Emirati Arabi hanno pesato la scarsità idrica, la poca biodiversità e un pesante impatto ambientale dell’agricoltura sul suolo. Per l’India, invece, le più grandi sfide includeranno un’ottimizzazione nella gestione dell’acqua e una soluzione all’impatto negativo dell’agricoltura nelle risorse idriche.
Sfida nutrizionale: Francia, Giappone e Corea del Sud sul tetto del mondo. Male India, Nigeria e Sudafrica
Oggi 795 milioni di persone nel mondo sono sottonutrite, mentre sono più di 2.1 miliardi le persone obese o in sovrappeso, e i numeri continuano a crescere. Il mondo ha oggi davanti due grandi sfide nutrizionali: risolvere il problema della fame nel mondo e della malnutrizione e – nel contempo – arginare la crescita di obesità e sovrappeso. Entrambi questi fattori comportano conseguenze a lungo termine come maggiori costi per il servizio sanitario, ma anche mortalità, aspettative di vita e della produttività economica.
Sono Francia, Giappone e Corea del Sud i Paesi che nel FSI si piazzano ai primi posti per la qualità dell’alimentazione. In particolare, la Francia deve il suo primato alle politiche che incentivano l’adozione di diete salutari, con iniziative dedicate come la tassazione delle bevande zuccherate.
Di contro, i Paesi che dovranno affrontare le maggiori sfide in campo alimentare sono India, Nigeria e Sudafrica. L’India si posiziona all’ultimo posto della classifica soprattutto a causa del regime alimentare insufficiente della sua popolazione, con altissimi livelli di persone malnutrite, mentre il Sudafrica registra un aumento del consumo di “junk food”.
Ma se da una parte i Paesi più poveri lottano contro la fame e la malnutrizione, dall’altra obesità e sovrappeso crescono nei Paesi ricchi. A livello mondiale, infatti, il numero di persone in sovrappeso è triplicato dal 1965. In particolare, si registra un incremento dal 3,2% al 10,8% per gli uomini e dal 6,4% al 14,9% per le donne. Uno scenario che rischia di riprodursi anche nei Paesi in via di sviluppo che stanno attraversando quella che viene definita “obesità prematura”: qui il sovrappeso in bambini e adolescenti è passato rispettivamente dall’8,1% al 12,9% nei ragazzi e dall’8,4% al 13,4% nelle ragazze. I tassi di obesità, infatti, stanno crescendo sempre di più nei Paesi in via di sviluppo, soprattutto tra i più piccoli, anche se in realtà si continua a soffrire la fame. E’ qui che i due fenomeni – obesità e malnutrizione – si fronteggiano, con un sostanziale aumento di malattie legate all’obesità come il diabete di Tipo 2, ictus e cancro.
Emirati Arabi sono oggi al top per sovrappeso e obesità, seguiti da Arabia Saudita e Stati Uniti. Negli Emirati Arabi il 74% della popolazione è obesa o sovrappeso (BMI superiore a 25), seguiti in questa classifica della ipernutrizione dall’Arabia Saudita (69,6%) e dagli Stati Uniti (67,3%).
Tra gli altri trend, l’FSI evidenzia alti livelli di carenza di micronutrienti nei Paesi a medio e alto reddito. Turchia, Messico, Argentina, Russia e Brasile sono negli ultimi otto posti per carenza di micronutrienti, classificandosi addirittura sotto Paesi con redditi più bassi (come per esempio il Sud Africa, la Cina, l’Indonesia e la Colombia). Anche Italia, Australia e Germania si classificano a livelli più bassi rispetto ai Paesi poveri per carenza di iodio. La carenza di micronutrienti è peraltro un problema oggi sottostimato, ma in realtà sta causando una serie di condizioni come l’anemia, l’arresto della crescita e la cecità notturna.
Francia, Australia e Sudafrica i Paesi che adottano soluzioni più innovative per contrastare lo spreco di cibo (ma anche l’Italia è tra i più virtuosi)
Il primato della Francia sul food waste è stato raggiunto grazie a un approccio olistico basato sull’educazione alimentare e su nuove pratiche commerciali. In questo scenario anche l’Italia si classifica nella top ten per gli incentivi alle aziende e ai produttori che donano cibo ai più bisognosi. Un’idea semplice, ma innovativa utile agli altri Paesi che vogliono arginare il problema dello spreco alimentare.
Secondo il World Wildlife Fund, un terzo dell’intera produzione alimentare viene sprecato (1,3 miliardi di tonnellate vanno a male in azienda, si perdono, diventano immangiabili durante la distribuzione, o vengono gettati via nei negozi alimentari al dettaglio, ristoranti e cucine). Si tratta di circa quattro volte la quantità di cibo necessaria a sfamare le quasi 800 milioni di persone sul pianeta che sono denutrite.
I Paesi sviluppati producono grandissima quantità di rifiuti, soprattutto in virtù del fatto che il cibo è relativamente meno costoso. Gli Stati Uniti gettano via ogni anno circa 46 milioni di tonnellate di cibo, con una media di circa il 40% rappresentato da rifiuti domestici. L’Europa si classifica leggermente meglio: secondo i dati FAO, il cibo sprecato nel nostro continente potrebbe sfamare circa 200 milioni di persone. Ma lo spreco di cibo è un problema anche nei Paesi in via di sviluppo: nei Paesi a basso e medio reddito, il cibo rappresenta la percentuale maggiore della spesa, ma in questo caso, gli sprechi alimentari sono minori.
I paesi dove si spreca più cibo sono Arabia Saudita (427 kg per persona l’anno), Indonesia (300 kg), Stati Uniti (277 kg) e Emirati Arabi (169 kg).
In futuro un Index anche per le grandi città del mondo
L’Economist Intelligence Unit, insieme con la Fondazione BCFN, ha avviato anche un nuovo progetto pilota dedicato al sistema alimentare urbano che si chiamerà City Monitor. Questo nuovo Index è pensato per identificare una serie di indicatori con lo scopo di comprendere le dinamiche del sistema alimentare urbano, attraverso la valutazione di dati e abitudini di consumo. In questa fase iniziale, le 16 città scelte sono state selezionate sulla base della loro posizione geografica, della disponibilità dei dati e del loro impegno a implementare una politica alimentare sostenibile. Le città sono: Londra, Milano, Parigi, Toronto, Belo Horizonte, Johannesburg, Shanghai, Kyoto, Messico City, Berlino, Mosca, Tel Aviv, Dubai, San Francisco, Lagos e Mumbai.
Un premio per rappresentare i paradossi del cibo: nasce il Food Sustainability Media Award
Per mantenere viva l’attenzione del mondo sui paradossi del nostro sistema alimentare, in occasione del 7° Forum Internazionale, la Fondazione BCFN ha presentato e lanciato il Food Sustainability Media Award, concorso giornalistico internazionale, ideato in collaborazione con la Fondazione Thomson Reuters. L’obiettivo è quello di sensibilizzare i media sui grandi temi globali riguardanti il cibo: dall spreco alimentare ai cambiamenti climatici, ai diritti degli agricoltori. Il premio prevede 3 categorie di concorso – giornalismo scritto, video e fotografia – e andrà a chi saprà meglio rappresentare i paradossi del cibo, oltre a proporre soluzioni su come combatterli.