Desertificazione e siccità sono le nuove catastrofi naturali “a bassa intensità” e di lunga durata che stanno stravolgendo gli assetti sociali e economici di intere regioni del mondo, causando gravissime perdite in vite umane. Insicurezza alimentare, mancanza di acqua, degrado e impoverimento del suolo, perdita di biodiversità, povertà estrema, emigrazione e conflitti dovuti al controllo delle risorse disponibili, fame: sono questi i fattori che insieme danno vita a vere e proprie emergenze umanitarie. Come la siccità e la carestia in corso in Sud Sudan, Corno d’Africa e nel Bacino del Lago Ciad, dove circa 30 milioni di persone sono sull’orlo della fame. Agire, la rete italiana di 9 ONG di risposta all’emergenza, lancia l’allarme alla vigilia della Giornata Mondiale contro la Desertificazione delle Nazioni Unite (17 giugno). Le catastrofi naturali sono raddoppiate. Secondo lo studio ‘Atlas of the Human Planet 2017: Global Exposure to Natural Hazards’ del Joint research Centre della Commissione Europea, l’esposizione globale ai rischi di catastrofi naturali è raddoppiato tra il 1975 e il 2015, soprattutto a causa di urbanizzazione, crescita della popolazione e sviluppo socio-economico. Nel mondo “una persona su tre è esposta a terremoti, un numero che è quasi raddoppiato negli ultimi 40 anni. Circa 1 miliardo di persone in 155 paesi sono esposti a inondazioni e 414 milioni vivono nei pressi di uno dei 220 vulcani più pericolosi” . Ai 6 principali rischi naturali – terremoti, vulcani, tsunami, venti ciclonici tropicali, tempeste cicloniche tropicali e alluvioni – si uniscono negli ultimi anni fenomeni climatici estremi come la siccità, che costituiscono nuove minacce e trasformano aree una volta adatte all’agricoltura in aride distese prive di coltivazioni. La desertificazione progressiva e la conseguente perdita di fonti di sostentamento per le popolazioni rurali, causano spostamenti forzati di persone alla ricerca di nuove forme di sussistenza, ma generano anche conflitti per l’accaparramento delle risorse idriche e naturali, come succede in vaste zone dell’Africa e in Medio Oriente.Anche l’Europa è a rischio. Il 2016, per il terzo anno consecutivo, è stato l’anno più caldo dal 1880, ovvero da quando ci sono dati registrati disponibili. Nella sola Francia ad esempio, tra luglio e agosto del 2015, si sono registrate 3295 morti causate dalle ondate di calore legate al passaggio di el Nino. In Italia in questi giorni è allarme per il livello idrometrico dei principali corsi d’acqua, e del Po’ in particolare, molto inferiore alle medie stagionali, situazione di cui risentono le coltivazioni in quasi tutta la penisola. Ma certo, l’impatto della siccità è più evidente e catastrofico in altre aree del mondo, in particolare in Africa. “La carestia legata all’estrema siccità in Somalia, nel 2011 ha causato 260.000 morti, molti dei quali bambini. Oggi la tragedia si sta ripetendo e rischia di essere anche peggiore poiché coinvolge un’area molto vasta – dice Alessandra Fantuzi, coordinatrice di AGIRE, il network di 9 ong che si uniscono per rispondere insieme alle più gravi emergenze umanitarie – Purtroppo, però, i ripetuti allarmi delle organizzazioni umanitarie non ricevono l’attenzione dovuta.” Simili le parole pronunciate qualche giorno fa da John Aylieff, rappresentante del Programma Alimentare Mondiale (WFP), che ha affermato che alla fine di questo mese in Etiopia gli aiuti alimentari per 7 milioni e 800 mila persone nelle regioni colpite dalla siccità, finiranno per mancanza di fondi, sollecitando governi e società civile ad intervenire quanto prima.Le ong della rete di AGIRE, stanno lavorando nei paesi più colpiti dalla siccità e dalla carestia in Africa e insieme hanno lanciato la campagna #NONSENZADITE, per informare l’opinione pubblica di quanto sta accadendo in quelle aree e chiedere supporto per le azioni salvavita che stanno realizzando, portando cibo, acqua potabile e assistenza sanitaria nelle zone attualmente più colpite da siccità e carestia.