Correva l’anno 1964, era esattamente il 14 ottobre 1964, quando il Parlamento Norvegese dichiarò il giovane 35enne Martin Luther King vincitore del Premio Nobel per la Pace. Nato il 15 gennaio 1929 ad Atlanta, morto assassinato il 3 aprile 1968 a Memphis, egli dedicò l’intera vita alla lotta per i diritti civili e per cercare di abbattere, nella realtà americana degli anni 50 e 60, ogni tipo di pregiudizio etnico. Predicatore dell’amore e della resistenza non violente, fondò, assieme a Ralph Abernathy e ad altri attivisti afro-americani, il Southern Christian Leadership Conference di cui, nel 1957, divenne capo. Le campagne iniziali furono incentrate sull’abolizione delle leggi Jim Crow, dove Jim Crow era il personaggio di una nota “coon song” di fine 800, un nero reietto, simbolo della discriminazione razziale e non è un caso che uno dei motti principali della lotta all’emancipazione dei neri fosse “stop Jim Crow”.
Parliamo di un uomo che non ha fatto tutto da solo, fuori dalla logica dell’uomo solo al comando, eppure così capace di incarnare e rendere ogni parola ed ogni azione, un simbolo, una verità, capaci di trascinare con sé e dietro sé quello che una volta veniva chiamato popolo con la lettera maiuscola, impostando la lotta sul dialogo, sulla ricerca di comprensione, in un momento storico particolarmente difficile in cui porgere l’altra guancia non era affatto una passeggiata. Ne sono passati anni da quel 28 agosto 1963 ma “I have a dream” è ancora una pietra miliare della storia dell’umanità. Martin Luther King era consapevole di incidere le sue parole nel marmo vivo senza tempo, quando, al termine di una marcia di protesta per i diritti civili, pronunciò il suo discorso davanti al Lincoln Memorial di Washington, con parole da lasciar il segno e far rabbrividire anche il più scettico.
Egli disse: “Sono felice di unirmi a voi in questa che passerà alla storia come la più grande dimostrazione per la libertà nella storia del nostro Paese”.. un discorso alla presenza di 250.000 persone, sezionato in lungo e in largo, da linguisti, filosofi, teologi ed esperti di comunicazione di ogni angolo del mondo. Quando King venne proclamato il più giovane Premio Nobel per la pace, volle precisare che il premio non era solo per lui, ma soprattutto per tutte le “nobili” persone che avevano lottato al suo fianco. Quando, poi, il 10 dicembre ricevette il premio a Oslo, Martin Luther King espresse la speranza di vedere tutte le genti ottenere, oltre ai pasti per il corpo «istruzione e cultura per la loro mente e dignità, uguaglianza e libertà per il loro spirito».