“I disturbi dell’apprendimento sono tipicità neurobiologiche. Questo significa che non sono una malattia ma una caratteristica, come gli occhi azzurri. Non solo in Italia ma nel Mondo intero, ieri oggi e domani, il percorso per stabilire la presenza di DSA, o meno, è quello neurobiologico, ma non per altro (e dev’essere chiaro!), perché se le caratteristiche di dislessia, discalculia ecc. dipendessero da differenze riscontrabili nelle nostre articolazioni, il percorso diagnostico che porterebbe a una certificazione verrebbe condotto in ambito ortopedico, ma dal momento che sono caratteristiche riscontrabili in determinate aree del cervello l’abito di ricerca giocoforza è quello e non possono essere altri, non creiamo confusione dove non esiste”.
La dottoressa Miolì Chiung continua citando la legge 170/2010
“Dal 2010 è stata varata una legge e dev’essere chiarissimo il suo scopo: a) aver definito scientificamente determinate caratteristiche; b) aver stabilito che consentono il pieno raggiungimento degli obiettivi scolastici (cosa che prima non era) trattandosi di caratteristiche che non ledono in alcun modo le capacità intellettive ma prevedono semplicemente modalità differenti di apprendimento; c) aver stabilito che queste modalità differenti di apprendimento sono lecite e la Scuola deve prenderne atto e renderle concrete stabilendo modalità di insegnamento e di verifica degli apprendimenti in parte differenti di quelli fino ad ora non vi è nulla né di patologico né di medicalizzato in una certificazione di dislessia. Se sono in aumento le certificazioni è unicamente dovuto al fatto che la legge consente ai casi che rimanevano in gran parte sommersi finalmente di emergere ed essere riconosciuti. Dal punto di vista emotivo la ripercussione di valutare un bambino come svogliato o immaturo non fa altro che penalizzare i ragazzi facendoli sentire stupidi e diversi. Nei confronti dei genitori la frustrazione legata al fatto che la legge 170 ha potuto considerare finalmente questi bambini e i loro bisogni. Aiutandoli con strumenti compensativi e dispensativi. Le emozioni provate sono di delusione rabbia e tristezza legate a un non riconoscimento delle loro vittorie”.
Anche chi lavora sul campo come Maria Luisa Colla, professoressa di Tecnologia della Comunicazione e Tecnologie informatiche con funzione strumentale BES/DSA dell’Istituto Albe Steiner di Milano, rifiuta l’etichetta di malato mentale.
“Dichiarazione gravissima quella di Novara. Il bambino dislessico deve essere portato dal neuropsichiatra non perché affetto da una malattia mentale ma semplicemente perché i disturbi di apprendimento sono determinati da un’alterazione neurobiologica. Il dottor Novara non ha mai avuto a che fare con bambini e ragazzi dislessici altrimenti saprebbe che sono privi di qualsiasi deficit neuorologico, hanno soltanto un diverso modo di apprendere. Se fosse davvero una malattia mentale i ragazzi pur usando i metodi dispensativi e compensativi, quindi strumenti adeguati, non potrebbero raggiungere gli stessi obiettivi dei compagni. Il dottor Novara afferma, anche, che anche il ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività) è un disturbo mentale, in realtà è solo un ragazzo che non riesce a stare fermo e a controllare la sua irrequietezza ma mentalmente è sano”.
Così MoBa in una nota stampa.