In questi giorni il presepe è presente in milioni di case di tutto il mondo, essendo tra i simboli più popolari del Natale, rappresentazione visiva di quanto si legge nel Vangelo di Luca, al capitolo secondo: la nascita di Gesù che “viene adagiato in una mangiatoia perché non vi era posto per loro nell’albergo”. Ma la sua tradizione affonda le radici in uno specifico fatto storico della vita di San Francesco, il poverello d’Assisi che ideò il primo presepe vivente quando era già in fama di grande santità. Dopo tre anni, infatti, sarebbe morto e trascorsero appena due anni dal suo decesso che venne proclamato Santo, caso unico nella storia della Chiesa. Ripercorriamo le origini del primo presepe vivente. Siamo a Greccio, piccolo centro in provincia di Rieti, nel Lazio… luogo in cui egli arrivò nel 1209, andando ad abitare, come d’abitudine, in un logo isolato, da eremita, sul Monte Lacerone, a qualche chilometro dal Castello cittadino. Il castellano di Greccio, Giovanni Velita, ne divenne amico sincero, tanto da chiedergli di avvicinarsi in città per permettere a tutti di andare ad ascoltarlo.
Come narra Tommaso da Celano, il frate che raccontò la vita del Santo, il desiderio di rievocare la nascita di Gesù venne a Francesco nel Natale 1222, quando a Betlemme, rimase colpito dalle funzioni liturgiche della nascita di Cristo tanto che, nell’autunno 1223, a Roma, chiese a papa Onorio III di poterle realizzare per il Natale di quell’anno ma il papa, essendo vietati dalla chiesa i drammi sacri, gli permise di celebrare la Messa solo in una grotta naturale. Ottenuto il permesso, tornato a Greccio che gli ricordava tanto Betlemme, disse a Giovanni Velita: “Voglio celebrare teco la notte di Natale ed ivi condurrai un bove e un asinello, e cercherai di riprodurre, per quanto è possibile, la grotta di Betlemme! Questo è il mio desiderio perché voglio vedere, almeno una volta, con i miei occhi, la nascita del Divino Infante!”.
Centro della celebrazione fu la mangiatoia, appositamente preparata, con un bue e un asino come uniche “comparse”: non c’erano, infatti, “figuranti” che impersonassero la Madonna e San Giuseppe. C’erano, sì, i “pastori”, ma questi erano i veri pastori, abitanti delle zone vicine. Neppure fu posto il “Bambino” nella mangiatoia, a mezzanotte, com’è nostra consuetudine: nel “presepe” preparato da San Francesco, il Bambino apparve come segno della particolare predilezione divina per il Santo e per la sua scelta in favore della povertà. Questo è quanto risulta dal racconto che dell’avvenimento fa Tommaso da Celano, seguace di San Francesco e suo primo biografo. La devozione, tipica della spiritualità francescana, ha sicuramente contribuito a sviluppare l’uso di rappresentare il presepe, pratica che è arrivata fino ai giorni nostri.