Una scena che quasi tutti conosciamo, sia chi c’era, sia chi ancora doveva nascere. Un evento e delle immagini che periodicamente vengono riproposte da libri, giornali e televisioni. E’ stata una delle pagine più nere della storia degli Stati Uniti d’America. John Fitzgerald Kennedy, l’allora presidente Usa, era a bordo di un’auto scoperta a Dallas, in Texas, quando qualcuno gli sparò uccidendolo. Era il 22 novembre 1963. Le circostanze della sua morte, ancora oggi, non sono mai state del tutto chiarite.
John Kennedy è stato il 35° presidente degli Stati Uniti d’America, appartenente ad una storica famiglia che aveva partecipato da sempre, attivamente, alla vita politica della Nazione. Al momento della tragedia, per la precisione erano le 12:30 ora locale, stava viaggiando con la moglie Jacqueline, il governatore John Connally e sua moglie Nellie, a bordo della limousine presidenziale e si trovava nella Dealey Plaza. Telecamere e macchine fotografiche stavano immortalando la sua visita a Dallas, quando l’operaio, attivista ed ex soldato Lee Harvey Oswald lo colpì mortalmente a colpi di fucile.
Sulla dinamica, le motivazioni più nascoste e i mandanti dell’omicidio Kennedy si è parlato e si parla tanto ancora oggi. Venne creata da subito una apposita commissione d’inchiesta, la commissione Warren, che in un anno di indagini arrivò alla conclusione che il Presidente fu colpito da un unico cecchino, sebbene buona parte dell’opinione pubblica fosse convinta del contrario. Dati i molti dubbi, nel 1976 venne creato un nuovo organo, la United States House Select Committee on Assassinations che indagò raccogliendo informazioni per tre anni. Sulla base di prove acustiche questa nuova commissione ipotizzò che vi fossero stati quattro spari concludendo che Lee Harvey Oswald, a cui vennero riconosciuti problemi psichiatrici e che venne ucciso poco dopo dal criminale Jack Ruby, potrebbe avere agito nel contesto di un piano che coinvolse più persone. Quest’ultima è stata vista e additata da più parti come una sorta di teoria complottistica senza alcun fondamento, ma i dubbi che si trattasse proprio di un complotto che coinvolgeva alte personalità statunitensi e non solo, restano ancora oggi.
“Grosse notizie” stanno per esplodere: questo venne riferito, nel corso di una telefonata anonima avvenuta meno di mezz’ora prima dell’assassinio del presidente Kennedy, ad un giornalista inglese. La Cia lo ha rivelato lo scorso anno, rendendo pubblici gli Archivi nazionali di Washington. Come si legge nel documento “Il servizio di sicurezza britannico (MI-5) ha riportato che alle 18,05 GMT del 22 novembre una telefonata anonima venne fatta a Cambridge, Inghilterra, al senior reporter del Cambridge News. La persona al telefono disse solo che il giornalista avrebbe dovuto sentire l’Ambasciata americana a Londra per delle grosse notizie e attendere”. Ma, precisa il documento, solo “dopo che la notizia della morte del presidente venne ricevuta, il reporter informò la polizia di Cambridge della telefonata anonima“.
La Cia, inoltre, era a conoscenza della pericolosità di Oswald e delle sue attività ben due mesi prima della morte di Kennedy. Si sapeva, soprattutto, di un suo viaggio in Messico, nel corso del quale l’uomo aveva incontrato intermediari sovietici e cubani. Oswald aveva persino contatti con il Kgb, e la Cia ne era a conoscenza. La casualità, poi, dell’uccisione dello stesso Oswald solo due giorni dopo l’omicidio di Kennedy, risulta assai improbabile. E quanto pare l’Fbi era stata allertata su minacce di morte contro quello che era considerato l’assassino del presidente, ma il capo della polizia di Dallas ritenne non opportuno non organizzare azioni in merito, sebbene avesse dichiarato il contrario. Oswald fu freddato da Jack Ruby, noto criminale e proprietario di un nightclub.