Continua a far parlare di sé Oumuamua, il misterioso visitatore interstellare scoperto nell’ottobre 2017. Dopo aver sollevato, qualche giorno fa, un polverone di polemiche per uno studio di due ricercatori di Harvard che ne ipotizzavano l’origine aliena, la cometa extrasolare torna alla ribalta con una nuova ricerca del Jet Propulsion Laboratory della Nasa. Questa volta – riporta Global Science – il protagonista è il telescopio spaziale Spitzer – uno dei tanti occhi puntati verso il cielo lo scorso autunno per capire qualcosa di più su Oumuamua, dopo che il telescopio Pan-Starss 1 alle Hawaii aveva per la prima volta individuato il viaggiatore cosmico.
Il tempo a disposizione non era molto: a novembre 2017, meno di due mesi dopo aver raggiunto la distanza minima dalla Terra, Oumuamua era già troppo distante per essere rilevato da qualsiasi strumento di osservazione. Ecco perché i dati di Spitzer, così come quelli di altri telescopi, inizialmente sembravano non dire nulla su questo oggetto proveniente da lontano, che stava abbandonando il nostro Sistema planetario così rapidamente quanto c’era entrato.
Eppure lo studio della Nasa, appena pubblicato su Astronomical Journal, getta ora una nuova luce su queste informazioni apparentemente neutre: il “non-rilevamento” di Spitzer pone infatti un limite più preciso rispetto alla grandezza dell’oggetto.
Le nuove dimensioni suggerite dagli scienziati del Jet Propulsion Laboratory sarebbero compatibili anche con i rapidi cambi di traiettoria e velocità di Oumuamua: un fenomeno dovuto probabilmente a velocissime esplosioni di gas, in grado di spingere la cometa come un razzo naturale a seguito del suo avvicinamento a una fonte di calore.
Inizialmente classificato come asteroide e poi promosso appunto a cometa, Oumuamua ha una densa composizione rocciosa e una forma allungata “a sigaro”, lunga circa 800 metri sul suo lato maggiore. Grazie a Spitzer, che effettua le misure nell’infrarosso analizzando il calore degli oggetti, emergono ora nuovi elementi per costruire l’identikit del visitatore interstellare.
Il fatto che il telescopio Nasa non abbia più rilevato Oumuamua a distanza di due mesi, dicevamo, pone un limite sulle sue dimensioni massime, e in particolare sull’area superficiale complessiva dell’oggetto. Ed è esattamente su questo limite che hanno lavorato gli scienziati statunitensi, utilizzando però alcune necessarie semplificazioni matematiche: i “non-rilevamenti” di Spitzer davano infatti informazioni sulla distanza, ma non sulla forma di Oumuamua.
Applicando tre modelli matematici, basati su assunzioni leggermente diverse sulla composizione dell’oggetto, gli scienziati hanno concluso che il suo diametro debba essere compreso tra 100 e 440 metri. Il che fa pensare che Oumuamua avrebbe una superficie inferiore a quanto si pensasse.
E non solo: secondo il nuovo studio, l’oggetto è più piccolo ma anche più luminoso del previsto: fino a 10 volte più brillante delle comete del sistema solare – un risultato sorprendente, secondo gli scienziati. Nei prossimi mesi i ricercatori continueranno a mettere insieme i dati – e gli apparenti “non-dati”– per trovare nuovi indizi su questo viaggiatore interstellare, che dopo averci brevemente visitato è ormai un puntino minuscolo ai confini del nostro Sistema solare.