Salgono a 136 le voragini registrate nella sola città di Roma negli ultimi 10 mesi del 2018. I dati, anche se aggiornati ad ottobre 2018, mostrano palesemente un notevole aumento dei fenomeni nella capitale. Già al 31 Marzo del 2018 il numero dei sinkholes nel territorio capitolino era più che raddoppiato passando da 21 sprofondamenti del 2017 ai 43 nello stesso mese dell’anno successivo.
Roma continua a sprofondare, basti pensare che negli ultimi 8 anni il numero medio degli eventi romani è cresciuto in maniera esponenziale: da 128 voragini (16 eventi ogni anno) a più di 720 (oltre 90 all’anno).
La causa principale della formazione delle voragini capitoline è la presenza di numerose cavità sotterranee, che si concentrano per lo più nella porzione orientale della città, di origine antropica scavate dall’uomo a vario titolo, principalmente per l’estrazione dei materiali da costruzione. Questi vuoti costituiscono in molti casi una intricata rete di gallerie. Finora l’Ispra ha censito e mappato 32 kmq di gallerie sotterranee che giacciono sotto il tessuto urbano, ma molte aree sono ancora sconosciute: manca all’appello, ad esempio, la grande Catacomba scomparsa di San Felice, sulla Via Portuense, che costituiva uno dei principali cimiteri della Roma cristiana del IV-V sec.
Complessivamente, voragini e frane minacciano oltre 500 ettari della Capitale e preoccupa seriamente la tenuta di tratti di strade e di porzioni di quartieri. Lo scorso maggio, il ”Rapporto Roma Sicura”, realizzato dal Distretto con il Dipartimento della Protezione Civile, Italiasicura e Ispra, aveva già acceso i riflettori sul rischio idrogeologico di Roma e complessivamente su 1.135 ettari di aree urbane a rischio frane, smottamenti, voragini e alluvioni. Zone dove vivono e lavorano circa 250mila romani, il più alto numero di abitanti sottoposti a tali pericoli tra le città europee. Censite 28 zone interessate da frana e ben 383 siti soggetti a fenomeni franosi nella Capitale. Le aree interessate dalla formazione di grandi voragini si concentrano nella porzione orientale di Roma (Tuscolano, Prenestino, Tiburtino, Centocelle, Appio), in parte del centro storico e di San Giovanni, verso ovest tra Monteverde Vecchio, Gianicolense e Portuense, e in zone dell’Aventino, Palatino ed Esquilino.
Impressionante l’incremento del numero di cedimenti con aperture di oltre un metro di diametro e di profondità: se sono stati oltre 3.000 i casi registrati negli ultimi 100 anni, negli ultimi dieci anni ne sono stati censiti in media ben 90 con il picco di 130 nel 2012, 104 nel 2013 e fino al 2017 la media di 100. E in questi primi 10 mesi del 2018 di voragini a Roma ne abbiamo avute già 136. La causa? Problematiche geologiche a cui si aggiungono attività antropiche e incuria. Chilometri di cavità scavate per estrarre il tufo, usato già dagli antichi romani per l’edilizia, e allungate nei secoli successivi per continuare a fornire materiali all’edilizia e poi fungaie e gallerie di sottoservizi per reti idriche e fognature. Risultato: un dedalo che oggi si estende per centinaia di chilometri sotto la città, in alcuni punti così ampio da contenere un’automobile, in parte ancora sconosciuto.
La mappa delle voragini a Roma. Secondo il rapporto “Il Piano Roma Sicura”, i Municipi più colpiti sono V, VII, II (quartieri Tuscolano, Prenestino, Tiburtino) ma anche il centro storico con le aree dell’Aventino, del Palatino e dell’Esquilino. Nella porzione occidentale di Roma il Municipio che conta più voragini è l’XI, seguito dal Municipio XII (quartieri Portuense e Gianicolense). Per quanto riguarda le frane, Monte Mario, viale Tiziano, Monteverde vecchio e Balduina sono le zone particolarmente a rischio. In totale però, il lavoro svolto dall’Autorità di distretto idrografico dell’Italia centrale ha perimetrato 28 zone a rischio frana e sono ben 383 i siti soggetti a fenomeni franosi nel territorio del Comune.
Non solo voragini e frane. Oggi a Roma il rischio alluvioni ed esondazioni interessa 1135 ettari, per un totale di 250mila cittadini: la più elevata esposizione d’Europa. I motivi? Un sistema fognario non proprio efficiente, la mancata manutenzione dei tombini e la scomparsa, per sversamenti di rifiuti e vegetazione spontanea, di circa 700 km di indispensabili vie d’acqua tributarie del Tevere e dell’Aniene tra canali, fossi e sistemi di scolo. E poi il Tevere che conta 120 ettari di golene su 1150 cementificate da manufatti anche abusivi, 9 km di rive in stato di degrado, 2,7 km di banchine con smottamenti e 59 installazioni con pochi ormeggi adeguati. E 22 relitti di barche affondati e abbandonati nelle sue acque.