Salute, Lancet: in Italia si vive di più ma non nascono abbastanza bimbi

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Italia ‘campionessa’ di lunga vita, ma con troppe culle vuote. A farle compagnia quanto a bassa natalità altri 91 Paesi, fra cui spicca comunque il nostro Paese, con Spagna, Portogallo, Norvegia, Cipro, Singapore e Sud Corea, con meno di due figli per donna. Al contrario, 104 Paesi tra cui Niger, Mali, Chad, e Sud Sudan compensano il gap, con una media di 7 figli per donna. L’Italia risulta quindi tra i Paesi in cui il numero di nati non è sufficiente a mantenere l’attuale popolazione. E’ quanto emerge dai dati del Global Burden of Disease (Gbd) 2017, appena pubblicati dalla rivista ‘Lancet‘ e frutto del lavoro di 3.676 collaboratori di 146 Paesi.
L’analisi ha incluso ben 38 miliardi di dati, su 359 malattie e 84 fattori di rischio. Questo sistema di ‘misurazione della salute’ nato nel 1991 su richiesta della Banca Mondiale individua i fattori di rischio per la salute e il loro impatto sugli anni di vita ed è è gestito dall’Institute for Health Metrics and Evaluation (Ihme). “La speranza di vita in Italia è tra le migliori del mondo, con una media di 83,2 anni di vita pro capite. Gli uomini vivono in media 80,8 anni (di più solo in Svizzera, Israele e Giappone), mentre le donne 85,3 anni (siamo settimi dopo Giappone, Kuwait, Islanda, Spagna, Francia e Svizzera)“, spiega Luca Ronfani, pediatra epidemiologo, direttore della Struttura di Epidemiologia clinica e ricerca sui servizi sanitari dell’ospedale Burlo Garofolo di Trieste, che coordinerà la prossima edizione italiana del lavoro: per 20 mesi – da ottobre 2018 a maggio 2020 – essa vedrà coinvolti 14 istituti italiani e oltre 40 ricercatori, nella raccolta di indicatori utili a tracciare un quadro dei principali fattori di rischio che impattano sulla salute degli italiani (fumo, ambiente, abitudini alimentari, incidenti e molto altro).
Quanto alle cause di morte ‘fotografate’ dall’attuale Gdb, si conferma una situazione non molto cambiata dal 1990: i ‘big killer’ rimangono le malattie cardiovascolari, seguite dai tumori nel loro complesso e da disturbi neurologici. Il morbo di Alzheimer non solo è cresciuto fra le cause di morte (da 59 casi x 100.000 abitanti nel 1990, a 121 casi/100.000 nel 2017), ma è tra le poche cause ad essere cresciuta anche in termini di tasso di mortalità: più del 100%, insieme alla cardiopatia ipertensiva, salita dal 13° al 6° posto, e all’ictus.
Per l’edizione 2019 del Global Burden of Disease, visto l’importante lavoro di coordinamento svolto dall’ospedale pediatrico del Friuli Venezia Giulia a livello nazionale, la scelta del Burlo come capofila nazionale è stata fatta in accordo tra i centri italiani coinvolti e l’Ihme, Università di Washington, che gestisce questi studi a livello mondiale. “Il valore dei dati prodotti dall’iniziativa Gbd – afferma Lorenzo Monasta, coordinatore dell’iniziativa Gbd per l’Italia e dirigente statistico presso la struttura di Epidemiologia clinica e ricerca sui servizi sanitari del Burlo – sta nel quantificare anche gli anni che le persone vivono affette da disabilità di vario genere, i cosiddetti Yld (Years Lived with Disability). Dal rapporto emerge che alcune patologie molto diffuse, o molto impattanti, hanno un peso significativo sulla popolazione italiana“.
Per esempio il dolore lombare (lombalgia, o mal di schiena), il mal di testa, il dolore cervicale, la presbiacusia (perdita d’udito nelle età avanzate), il diabete (in particolare di tipo 2): sono patologie diffuse che generano quindi un quadro di disabilità diffusa, e possono in alcuni casi essere molto gravi. “E’ qui – evidenzia l’esperto – che le politiche sanitarie potranno avere maggior impatto, risparmiando sofferenze alle persone e costi al sistema sanitario nazionale“.

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