Il microbiota intestinale può aiutare a predire il rischio di obesità infantile

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La composizione del microbiota intestinale – l’insieme di microrganismi simbionti che a migliaia di miliardi abitano l’intestino umano – può aiutare a predire il rischio di obesità infantile. A suggerirlo è un gruppo internazionale di ricercatori in uno studio pubblicato su Communications Biology. I risultati della ricerca mostrano come all’interno del complesso mosaico di fattori che portano all’obesità ci siano specifiche configurazioni del microbiota che possono favorirne lo sviluppo. E conoscerle può quindi permettere di definire regimi alimentari utili a combattere l’eccessivo aumento di peso nei bambini.

UN MICROBIOTA PREDITTIVO?
Che il microbiota intestinale abbia un ruolo rilevante per la salute dell’uomo è ormai certificato da numerosissimi studi scientifici. Molte ricerche, in particolare, hanno messo in luce come il complesso sistema di microrganismi che abita il nostro intestino sia un mediatore chiave per regolare l’impatto delle abitudini alimentari sul metabolismo e in generale sul nostro stato immunologico. Per questo, si ritiene che il microbiota sia anche capace di influenzare la nostra predisposizione a sviluppare disordini di diversa natura, inclusi quelli associati ad una cattiva alimentazione.

Molte domande restano però ancora senza risposta, soprattutto quelle legate al possibile ruolo predittivo del microbiota rispetto all’insorgenza e alla progressione delle malattie. Ed è proprio in questa direzione che si sono mossi i ricercatori, concentrandosi in particolare sul tema dell’obesità infantile.

ALIMENTAZIONE, MICROBIOTA, OBESITÀ
Il gruppo di ricerca ha avuto la possibilità – nel contesto del progetto europeo MyNewGut – di analizzare la composizione del microbiota di 70 bambini in due diversi momenti: all’inizio dello studio, quando tutti avevano un peso normale, e a distanza di quattro anni, quando 36 di loro avevano acquisito un peso eccessivo. Confrontando i dati raccolti insieme alle informazioni sulle abitudini alimentari e ad altri parametri antropometrici, biochimici e immunologici, i ricercatori hanno messo a punto un quadro che indica un possibile ruolo del microbiota nel processo di sviluppo dell’obesità.

I nostri risultati – dice Patrizia Brigidi, professoressa dell’Università di Bologna tra gli autori dello studio – mostrano che i bambini che hanno acquisito peso eccessivo mangiando cibo con alto contenuto di grassi e carboidrati possiedono anche un alto grado di infiammazione sistemica e un profilo alterato di microbiota intestinale, con un basso livello di biodiversità”. Specifiche abitudini alimentari possono insomma agire sulla configurazione del microbiota e di conseguenza anche su parametri metabolici e infiammatori. “In alcuni casi però – aggiunge il ricercatore Unibo Simone Rampelli – queste combinazioni di dieta, infiammazione e microbiota erano già presenti prima dello sviluppo dell’obesità, il che suggerisce una sorta di potenziale predittivo dell’asse microbiota-dieta-ospite”.

La specifica configurazione del microbiota, quindi, insieme ai dati sulle abitudini alimentari, può essere utilizzata per fornire indicazioni sul pericolo di sviluppare forme di obesità nei bambini. “In questa visione – conclude Silvia Turroni, altra ricercatrice dell’Università di Bologna coinvolta nello studio – il microbiota altro non è che una singola ma importante tessera di un mosaico complesso di fattori che concorrono allo sviluppo dell’obesità”. Tenere sotto controllo questo sistema intrecciato di elementi diventa allora molto importante per garantire la salute dei bambini. Lo studio del microbiota potrebbe quindi diventare la chiave per mettere a punto raccomandazioni alimentari su misura, evitando così il rischio di eccessivi aumenti di peso.

I PROTAGONISTI DELLO STUDIO
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Communications Biology, del gruppo Nature, con il titolo “Pre-obese children’s dysbiotic gut microbiome and unhealthy diets may predict the development of obesity”. Gli autori sono: Simone Rampelli, Kathrin Guenther, Silvia Turroni, Maike Wolters, Toomas Veidebaum, Kourides Yiannis, Dénes Molnár, Lauren Lissner, Alfonso Benitez-Paez, Yolanda Sanz, Arno Fraterman, Nathalie Michels, Patrizia Brigidi, Marco Candela, Wolfgang Ahrens.

Per l’Università di Bologna, nel contesto del progetto europeo MyNewGut, sono stati coinvolti i ricercatori del Laboratorio di Ecologia Microbica della Salute attivo al Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie.

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