Editing genetico: anche l’italiano Luigi Naldini firma la moratoria mondiale sui ‘bebè Ogm’

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C’è anche italiano Luigi Naldini, direttore dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica (Sr-Tiget) di Milano e membro del Comitato nazionale per la biosicurezza, le biotecnologie e le scienze della vita (Cnbbsv), tra i 18 scienziati e bioeticisti di tutto il mondo che su ‘Nature’ firmano la proposta di “una moratoria di almeno 5 anni che per il momento blocchi qualsiasi sperimentazione clinica dell’editing genetico su gameti ed embrioni umani destinati all’impianto nell’uomo”.

I promotori chiamano a “una presa di responsabilità di fronte alle controverse applicazioni di una tecnica di modificazione genica dalle grandi potenzialità, ma su cui c’è ancora tanto da studiare”. L’invito a tutti i Paesi, spiegano dall’Sr-Tiget, è di “aderire normativamente alla sospensiva e avviare un processo di valutazione che, pur rispettandone l’autonomia rispetto alle scelte finali, garantisca cautela, trasparenza e condivisione internazionale anticipata dell’eventuale decisione di aprire questa strada”.

L’appello è “la reazione a una vicenda che negli ultimi mesi ha scosso le coscienze di tutto il mondo, non solo quello della scienza: l’annuncio della nascita, presso lo Home Women’s and Children’s Hospital di Shenzhen (Cina), di due bambine definite ‘su misura’ dai mass media, resistenti all’Hiv grazie a una modifica apportata a livello embrionale con la tecnica dell’editing genetico (Crispr/Cas9) in un particolare gene coinvolto nell’ingresso del virus dell’Aids nelle cellule umane, e che in una piccola percentuale della popolazione rende naturalmente resistenti all’infezione.

Un intervento che ha suscitato moltissime perplessità non solo perché avvenuto contravvenendo a varie norme e disposizioni che regolano una corretta sperimentazione clinica, ma soprattutto perché da molti ritenuto prematuro rispetto a una reale comprensione del rapporto tra rischi e benefici”.

“Quello che chiediamo è una moratoria, non una messa al bando”, precisa Naldini: “Non si tratta cioè di un tentativo di mettere i freni alla ricerca scientifica. Piuttosto una robusta assunzione di responsabilità e forse anche un bagno di umiltà per noi scienziati, e la chiamata in causa degli organi decisori nazionali”, chiarisce il ricercatore, unico italiano invitato nel 2015 a far parte del gruppo di lavoro internazionale che ha scritto le prime linee guida sull’editing genetico.

“L’editing genetico rappresenta indubbiamente una grande promessa della medicina del futuro, l’evoluzione naturale della terapia genica attuale – sottolinea Naldini – ma c’è ancora da studiare per affinarlo in termini di sicurezza ed efficacia. Per quanto poi riguarda l’applicazione in ambito terapeutico, se da una parte non ci sono dubbi nello sperimentarne l’impiego in individui affetti da gravi malattie quali quelle genetiche, certi tumori o lo stessa Aids, diverso è pensare di applicarlo alle cellule germinali prima della nascita, apportando modifiche trasmissibili anche alle generazioni successive.

La riflessione su dove mettere i limiti, su fin dove sia lecito spingersi, è delicata e non può essere appannaggio della sola comunità scientifica, ma della società intera, alla luce di un dibattito aperto e costruttivo”. L’articolo su Nature passa in rassegna molte delle questioni ancora aperte, evidenziano dall’Sr-Tiget.

“Tra le più delicate c’è quella che riguarda l’enhancement, ovvero il potenziamento di una funzione biologica. Se infatti c’è consenso unanime sull’impiego dell’editing genetico per correggere dei difetti genetici associati a specifiche malattie, è molto più controversa la possibilità di aumentare o addirittura di creare ex novo una funzione biologica”.

Puntualizza Naldini: “Pensiamo per esempio alla possibilità di aumentare la forza muscolare modificando uno specifico gene: un conto è farlo per curare la distrofia muscolare in un paziente, un altro per migliorare la performance di un aspirante atleta pur consenziente e un altro ancora farlo su un embrione per pianificare la nascita di un ‘superman’. Per non parlare poi della possibilità di conferire all’uomo delle nuove capacità che non avrebbe naturalmente, come vedere la luce infrarossa o resistere a certe tossine batteriche o a un veleno. Per usare un gergo a effetto, dove sta il confine tra curare una persona e creare improbabili ‘super-uomini’?”, chiede lo scienziato.

“Chi e come decide fin dove è lecito spingersi? Il fatto che si possa fare o che in un futuro prossimo questo diventi tecnicamente possibile – osserva Naldini – non implica automaticamente che sia lecito farlo: secondo me e gli altri firmatari – ribadisce – la decisione non devono prenderla gli scienziati da soli”.

Per questo l’appello invita gli organi decisori delle varie nazioni ad “associarsi normativamente alla moratoria” e “avviare parallelamente un approfondito processo di valutazione delle implicazioni che l’eventuale apertura di questa strada implica. Pur rispettando l’autonomia e le scelte finali che ciascuna nazione effettuerà, anche in base ai diversi retroterra storico-culturali, si suggerisce che, prima di consentire l’avvio di sperimentazioni cliniche di editing sulla linea germinale, ciascun Paese informi per tempo tutti gli altri di questa intenzione, giustificandone il razionale e garantendo che su tale decisione vi sia un ampio consenso da parte della società”. Per favorire il dialogo e la costruzione di un consenso generale, i firmatari auspicano “la creazione di un Osservatorio globale sul tema, che coinvolga i principali stakeholder: scienziati, clinici, bioeticisti, giuristi, associazioni di pazienti”.

In accordo con questa linea, ricordano dall’Sr-Tiget, è anche “un’iniziativa italiana lanciata proprio in questi giorni, l’Osservatorio per le terapie avanzate, del cui Comitato scientifico fa parte anche lo stesso Naldini insieme ad altri esperti italiani del settore”. Ecco i 18 ‘cervelli’ che hanno sottoscritto la proposta di moratoria: oltre a Luigi Naldini, Eric S. Lander, Broad Institute – Mit/Harvard (Usa); Francoise Baylis, Dalhousie University (Halifax, Canada); Feng Zhang, Broad Institute – Mit/Harvard (Usa); Emmanuelle Charpentier, Max Planck Institute (Berlino, Germania); Paul Berg, università di Stanford (Usa); Catherine Bourgain, Institut national de la santé et de la recherche médicale – Inserm (Parigi, Francia); Bärbel Friedrich, Berlin-Brandenburg Academy of Sciences and Humanities (Berlino, Germania); J. Keith Joung, Harvard (Cambridge, Usa); Jinsong Li, Shanghai Institutes for Biological Sciences (Cina); David Liu, Broad Institute – Mit/Harvard (Cambridge, Usa); Jing-Bao Nie, università di Otago (Nuova Zelanda); Renzong Qiu, Istituto cinese di Filosofia (Cina); Bettina Schoene-Seifert, Max Planck Institute for Molecular Biomedicine (Münster, Germania); Feng Shao, Istituto nazionale per le scienze biologiche di Pechino (Cina); Sharon Terry, Genetic Alliance (Usa); Wensheng Wei, università di Pechino (Cina); Ernst-Ludwig Winnacker, Human Frontier Science Program (Strasburgo, Francia).

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