Vulcani e clima, gli effetti dell’eruzione devastante del Laki in Islanda del 1783-84 sull’Europa tra ondate di caldo e inverni rigidi

Dopo la devastante eruzione del vulcano Laki, durata 8 mesi, ci furono un'estate eccezionalmente calda e un inverno molto freddo in Europa: ecco gli effetti dell'evento sul clima del continente
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Un’enorme eruzione vulcanica in Islanda nel 1783-84 non ha causato un’estrema ondata di caldo estiva in Europa, bensì un inverno incredibilmente freddo, secondo uno studio della Rutgers University, pubblicato su Journal of Geophysical Research: Atmospheres. Lo studio contribuirà a migliorare le previsioni delle reazioni climatiche alle future eruzioni vulcaniche alle alte latitudini.

L’eruzione del vulcano Laki, iniziata nel giugno del 1783 e durata 8 mesi, è stata la più grande eruzione alle alte latitudini degli ultimi 1.000 anni. Immise nell’atmosfera 6 volte la quantità di diossido di zolfo rispetto alle eruzioni del Krakatau nel 1883 e del Pinatubo nel 1991, secondo il co-autore dello studio Alan Robock, illustre Professore del Dipartimento di Scienze Ambientali della Rutgers University-New Brunswick. L’eruzione coincise con condizioni meteo insolite in Europa. L’estate fu eccezionalmente calda, creando disagi sociali e scarsi raccolti. L’inverno 1783-84 dell’Europa poi fu molto più freddo della media.

In questo studio, gli autori hanno eseguito 80 simulazioni con un modello climatico all’avanguardia del National Center for Atmospheric Research. Il modello informatico includeva le condizioni meteo durante l’eruzione e confrontava il clima conseguente con e senza gli effetti dell’eruzione. “È emerso con nostra sorpresa che la calda estate non fu causata dall’eruzione. Invece era solo una variabilità naturale del sistema climatico. Sarebbe stata persino più calda senza l’eruzione. È previsto un inverno freddo dopo una simile eruzione”, ha spiegato Robock.

La calda estate del 1783 è derivata dalla pressione eccezionalmente alta sul Nord Europa che ha fatto sì che la fredda aria polare evitasse l’area, riporta lo studio. Dopo l’eruzione, le precipitazioni in Africa e Asia diminuirono sostanzialmente, causando siccità e carestie diffuse. L’eruzione aumentò anche le possibilità di El Niño, che comporta acque insolitamente calde nel Pacifico tropicale, nel successivo inverno. L’eruzione generò una nube di aerosol di acido solforico, divenuta nota come “Laki haze”, che rimase su gran parte dell’emisfero settentrionale nel 1783. In tutta Europa, ci furono scarsa visibilità e odore di zolfo o acido solfidrico. L’inquinamento dell’aria fu collegato a mal di testa, problemi respiratori e attacchi d’asma, insieme alle piogge acide che danneggiarono alberi e coltivazioni, fa notare lo studio. Oltre il 60% del bestiame dell’Islanda morì entro un anno e circa il 20% delle persone morì per le carestie. Notizie dell’aumento dei tassi di mortalità e/o di disturbi respiratori attraversarono l’intero continente.

Comprendere le cause di queste anomalie climatiche è importante non solo a fini storici, ma anche per la comprensione e la previsione di possibili reazioni climatiche alle future eruzioni vulcaniche delle alte latitudini. Il nostro lavoro ci dice che anche con una grande eruzione come quella del Laki, sarà impossibile prevedere gli impatti climatici locali a causa della natura caotica dell’atmosfera”, ha concluso Robock. Gli scienziati continueranno a lavorare sui potenziali effetti delle eruzioni vulcaniche sulle persone attraverso il progetto Volcanic Impacts on Climate and Society e l’eruzione del Laki sarà inclusa nella ricerca. Le eruzioni vulcaniche possono avere impatti sul clima a livello globale che possono durare per diversi anni.

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