Oltre 8 pazienti su 10 soffrono di secchezza oculare a causa anche dell’inquinamento ambientale e dell’uso eccessivo di dispositivi tecnologici, quali smartphone e PC: questo uno dei risultati della quarta campagna di prevenzione e diagnosi della sindrome dell’occhio secco, promossa dall’8 maggio al 14 giugno dal Centro Italiano Occhio Secco (CIOS), in collaborazione con la Clinica Oculistica dell’Università dell’Insubria di Varese, sotto l’egida del Ministero della Salute, della Regione Lombardia, del Comune di Milano e della Società Italiana di Oftalmologia (SOI).
Nata con l’obiettivo di informare e sensibilizzare la popolazione su una patologia oculare molto diffusa, ma ancora sottovalutata e poco conosciuta, la campagna ha permesso di eseguire gratuitamente 745 screening nei 15 centri aderenti all’iniziativa, presenti su tutto il territorio nazionale.
Gli esami diagnostici hanno rilevato che l’83% dei pazienti dei centri dell’area della Pianura Padana (Milano, Varese, Torino e Padova), dove l’inquinamento ambientale e l’utilizzo delle tecnologie è più diffuso, presentavano la sindrome dell’occhio secco (nel 29% dei casi in forma moderata), contro il 73% delle persone visitate nelle altre strutture aderenti all’iniziativa (Napoli, Arezzo, Pisa, Bari, Catania, Sassari e Lecce).
Tra le molteplici cause scatenanti (invecchiamento, alterazioni ormonali, malattie sistemiche, fumo, alcool ecc.), rivestono quindi un ruolo importante gli inquinanti atmosferici, che possono attivare segnali pro-infiammatori e influenzare la composizione del film lacrimale. L’Inquinamento spesso supera la soglia massima consentita soprattutto nei grandi centri abitati: nel campione preso in esame, il 33% della popolazione della Pianura Padana vive in città con oltre 500.000 abitanti.
Ma anche lo stile di vita può alterare la funzionalità lacrimale, come soggiornare a lungo in ambienti con l’aria condizionata oppure usare per molte ore il computer, il tablet o il cellulare: di fronte a questi dispositivi tecnologici si tende, infatti, ad ammiccare meno frequentemente, riducendo la produzione del liquido lacrimale. A tale proposito, gli screening hanno evidenziato che l’utilizzo della tecnologia per più di 6 ore al giorno era maggiore tra i pazienti dei centri della Pianura Padana (47%) rispetto al gruppo del centro e sud Italia (33%).