Alle 7:48 del 7 dicembre 1941 la base navale di Pearl Harbor a Oahu, una delle otto isole principali delle Hawaii dove era stanziata la Flotta del Pacifico della marina militare statunitense, fu colpita dai proiettili sferrati da decine di aerei da guerra giapponesi. Si trattava di un’azione offensiva nipponica, l’”operazione AI”, che prevedeva l’attacco a sorpresa agli americani e che, come principale conseguenza, portò all’entrata in guerra degli Stati Uniti, che fino a quel momento avevano deciso di non entrare a far parte in qualità di belligeranti degli schieramenti contrapposti nella Seconda Guerra Mondiale. Che tra il Giappone e gli Stati Uniti gli scontri potessero scoppiare in conflagrazione militare, era già scontato per tutti e si attendeva solo la classica goccia che fa traboccare il vaso.
Le due potenze erano nettamente e politicamente contrapposte, e l’aggressiva politica espansionistica del Paese asiatico non poteva proprio essere accettata dagli Usa, che vedevano così ledere i propri interessi. Con l’attacco alla base navale principale della Flotta del Pacifico della marina statunitense, la quale ha ancora oggi sede a Pearl Harbor, il Giappone aveva l’obbiettivo di rendere gli Stati Uniti incapaci di reagire agli altri attacchi previsti nelle colonie in Indocina e nelle Filippine, aree fondamentali e strategiche per il rifornimento nipponico delle materie prime.
L’attacco fu devastante, sebbene sia durato solo novanta minuti nel corso dei quali persero la vita ben 2.331 soldati: molti di essi furono sorpresi mentre ancora si trovavano nel letto o a fare colazione, quindi si trovavano nell’assoluta incapacità di reagire con ogni tipo di difesa. Stessa sorte capitò a 55 civili americani, mentre altri 1.200 perirono nell’esplosione del magazzino degli armamenti della nave Arizona. Si contarono 1.139 feriti, 18 navi e 188 aerei statunitensi distrutti, e più di 150 velivoli danneggiati. Persero la vita anche 55 militari giapponesi. L’attacco fu dunque un triste successo per i giapponesi, ma risvegliò l’ira del colosso statunitense, che entrando in guerra cambiò le sorti del conflitto e il futuro del mondo: sbaragliò il Giappone in quel medesimo oceano Pacifico nel quale aveva subito le dolorose perdite.